TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 15,1-32)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i
peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde
una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta,
finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle
spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con
me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico:
così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per
novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada
e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla
trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho
trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli
angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre:
"Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le
sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue
cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in
modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande
carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al
servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a
pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i
porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti
salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi
alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e
davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come
uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse
incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho
peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato
tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più
bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi.
Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché
questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato
ritrovato". E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa,
udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse
tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto
ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si
indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli
rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito
a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei
amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue
sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Gli
rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma
bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è
tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"». Parola del Signore.
Forma breve
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 15, 1-1)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i
peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde
una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta,
finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle
spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con
me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico:
così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per
novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada
e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla
trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho
trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli
angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Parola del Signore
A un uditorio di mormoratori Gesù racconta le tre parabole dei perduti ritrovati. Quale nuova idea di Dio ci rivelano? Tra tutte le parabole sono indubbiamente le più sconvolgenti perché ci insegnano anzitutto che Dio si interessa di ciò che è perduto e che prova grande gioia per il ritrovamento di ciò che è perduto. Inoltre, Dio affronta le critiche per stare dalla parte del perduto: il padre affronta l'ira del figlio maggiore con amore, con pace, senza scusarsi. Gesù affronta le critiche fino a farsi calunniare, critiche che si riproducono continuamente e quasi infallibilmente. Perché tutte le volte che la Chiesa si ripropone l'immagine di Dio che cerca i perduti, nasce il disagio. E ancora, Dio si interessa anche di un solo perduto. Le parabole della pecorella perduta e della donna che fatica tanto per una sola dramma perduta, hanno del paradossale per indicare il mistero di Dio che si interessa anche di uno solo perduto, insignificante, privo di valore, da cui non c'è niente di buono da ricavare. Ciò non significa evidentemente che dobbiamo trascurare i tanti, però è un'immagine iperbolica dell'incomprensibile amore del Signore. Per questo l'etica cristiana arriva a vertici molto esigenti, che non sempre comprendiamo perché non riusciamo a farci un'idea precisa della dignità assoluta dell'uomo in ogni fase e condizione della sua vita.
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO E SETTIMANA ANNO C. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Lunedì della XXIV
settimana del Tempo Ordinario Anno C
Santissimo Nome della B. V. Maria
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 7,1-10)
Di' una parola
e il mio servo sarà guarito.
12 Settembre 2022
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,1-10)
Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che
stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione
l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni
anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro,
giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda
quello che chiede - dicevano -, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a
costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il
centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono
degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono
ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito.
Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di
me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e
al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa».
All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva,
disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E
gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. Parola del
Signore.
La sua prospettiva però non era ristretta, perché sapeva benissimo che Dio aveva promesso, per mezzo della discendenza di Abramo, la benedizione per tutte le nazioni. Questo allargamento universale è stato reso possibile ed effettivo grazie al mistero pasquale di Cristo; tuttavia anche prima alcuni episodi evangelici lo lasciavano prevedere. Oggi ne leggiamo uno molto significativo: un centurione esprime la sua fede nell'intervento di Gesù per la guarigione di un suo servo.
La distanza tra i pagani e il popolo eletto si manifesta nell'atteggiamento di quest'uomo, che umilmente non vuole nemmeno disturbare il Signore: non lo chiama, non lo invita ad andare a casa sua, lo prega di comandare da lontano alla malattia: "Comanda con una parola e il mio servo sarà guarito".
Però, d'altra parte, questa manifestazione di fede dimostra che la grazia lavorava anche nel cuore dei pagani, con risultati meravigliosi, anzi Gesù esclama: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". La Chiesa ha scelto, proprio per il momento prima della comunione, le parole del centurione:
"Non sono degno che tu venga nella mia casa, ma di' soltanto una parola e la mia anima sarà guarita.
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO E SETTIMANA ANNO C. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Martedì Della XXIV
Settimana del Tempo Ordinario Anno C
San Giovanni Crisostomo
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,11-17)
Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto.
Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!
13 Settembre 2022
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,11-17)
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i
suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un
morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era
con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non
piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi
disse: «Ragazzo, dico a te, alzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a
parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è
sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si
diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante. Parola
del Signore.
La vedova di Nain.
Simbolo di ciascuno di noi nel perdere le realtà più care nella propria vita.
Emblema della mancanza e della privazione delle realtà viventi e modello delle realtà ridateci da Gesù come risorte.
Gesù tocca le nostre bare, dentro le quali conserviamo le realtà più intime e nascoste, ma nelle quali c'è solo la morte.
La morte che provoca il pianto della madre del fanciullo è la morte anche delle nostre realtà che si perdono, che muoiono e finiscono nelle bare dei ricordi, delle abitudini, delle indifferenze, della fede non praticata, dei nostri egoismi finiti in nulla.
Gesù tocca le nostre bare, suscita quella vita che pareva definitivamente persa, fa riprendere vita alle nostre realtà di morte, che ci erano tanto care al punto di morire.
La vedova di Nain accompagna al sepolcro il figlioletto.
Anche per noi l'accompagnare all'esito sepolcrale le nostre realtà di vita è occasione di pianto e di solo dolore.
Ma il tocco di Gesù riporta la vita dello Spirito che può rianimare, far risorgere, far riprendere il cammino anche a chi era dichiarato finito.
PER NOI LA GRAZIA DI ESSERE TOCCATI NELLE NOSTRE BARE.
SE ASCOLTATE OGGI LA VOCE DEL SIGNORE NON INDURITE I VOSTRI CUORI
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 3,13,17)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non
colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il
serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma
perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Parola del Signore.
Il linguaggio utilizzato da Gesù non è effettivamente comprensibile, questo è l'atteggiamento di chi vuole indurre un altro ad una riflessione profonda e autentica. Nicodemo che va a trovare Gesù non immagina di dover ascoltare parole enigmatiche, impenetrabili, davvero incomprensibili.
"Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito".
Gesù cerca di scuoterlo perché nonostante la bontà e la sincera ricerca di Nicodemo, c'è sempre in lui la vecchia mentalità.
Non si comprende il linguaggio di Gesù quando si rimane bloccati sulle proprie opinioni, frutto tra l'altro, di nozioni ed immagini misteriosi. La conoscenza del messaggio del Signore necessita di una apertura umile del cuore ai suoi insegnamenti, la disponibilità ad eliminare quei comportamenti sbagliati che poi fanno star male quanti li commettono.
Gesù svela i suoi segreti a quelli che hanno una Fede sincera, che desiderano cambiare vita perché hanno scoperto che solo Lui è importante. Il resto è secondario, non possiede il sacro, e solo la Grazia di Dio ci permette di ottenere miracoli, di rinascere nello Spirito Santo.
"Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del Cielo?".
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO E SETTIMANA ANNO C. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Giovedì della XXIV
settimana del Tempo Ordinario Anno C
Beata Vergine Maria Addolorata
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 19,25-27)
Gesù disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio!
Poi disse al discepolo: Ecco tua madre!
15 Settembre 2022
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 19,25-27)
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua
madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse
alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua
madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé. Parola del Signore.
Oppure
(Anche a te una spada trafiggerà l'anima)
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,33-35)
In quel tempo, il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si
dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli
è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di
contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano
svelati i pensieri di molti cuori». Parola del Signore.
***
Sequenza
Stabat
Mater dolorosa
iuxta Crucem lacrimosa,
dum pendebat Fílius.
Addolorata,
in pianto
la Madre sta presso la Croce
da cui pende il Figlio.
Cuius
animam gementem,
contristátam et dolentem,
pertransívit gládius.
Immersa in
angoscia mortale
geme nell'intimo del cuore
trafitto da spada.
O quam
tristis et afflícta
fuit illa benedícta
Mater Unigeniti!
Quanto
grande è il dolore
della benedetta fra le donne,
Madre dell'Unigenito!
Quae
maerebat, et dolebat,
Pia Mater, dum videbat
Nati poenas íncliti.
Piange la
Madre pietosa
contemplando le piaghe
del divino suo Figlio.
Quis est
homo, qui non fleret,
Matrem Christi si videret
in tanto supplício?
Chi può
trattenersi dal pianto
davanti alla Madre di Cristo
in tanto tormento?
Quis non
posset contristári,
Christi Matrem contemplári
dolentem cum Fílio?
Chi può
non provare dolore
davanti alla Madre che porta
la morte del Figlio?
Pro
peccátis suae gentis
vidit Iesum in tormentis,
et flagellis súbditum
Per i
peccati del popolo suo
ella vede Gesù nei tormenti
del duro supplizio.
Vidit suum
dulcem natum
moriendo desolátum,
dum emísit spíritum.
Per noi
ella vede morire
il dolce suo Figlio,
solo, nell'ultima ora.
Eia Mater,
fons amóris,
me sentíre vim dolóris
fac, ut tecum lúgeam.
O Madre,
sorgente di amore,
fa' ch'io viva il tuo martirio,
fa' ch'io pianga le tue lacrime.
Fac, ut
árdeat cor meum
in amándo Christum Deum,
ut sibi compláceam.
Fa' che
arda il mio cuore
nell'amare il Cristo-Dio,
per essergli gradito.
Sancta
Mater, istud agas,
crucifíxi fige plagas
cordi meo válide.
Ti prego,
Madre santa:
siano impresse nel mio cuore
le piaghe del tuo Figlio.
Tui nati
vulneráti,
Tam dignati pro me pati,
poenas mecum dívide.
Uniscimi
al tuo dolore
per il Figlio tuo divino
che per me ha voluto patire.
Fac me
tecum pie flere,
Crucifíxo condolere,
donec ego víxero.
Con te
lascia ch'io pianga
il Cristo crocifisso
finché avrò vita.
Iuxta
Crucem tecum stare,
et me tibi sociáre
in planctu desídero.
Restarti
sempre vicino
piangendo sotto la croce:
questo desidero.
Virgo
vírginum præclára,
mihi iam non sis amára:
fac me tecum plángere.
O Vergine
santa tra le vergini,
non respingere la mia preghiera,
e accogli il mio pianto di figlio.
Fac, ut
portem Christi mortem,
passiónis fac consórtem,
et plagas recólere.
Fammi
portare la morte di Cristo,
partecipare ai suoi patimenti,
adorare le sue piaghe sante.
Fac me
plagis vulnerári,
fac me Cruce inebriáriet
cruóre Fílii.
Ferisci il
mio cuore con le sue ferite,
stringimi alla sua croce,
inebriami del suo sangue.
Flammis ne
urar succensus,
per te, Virgo,
sim defensus in die iudícii.
Nel suo
ritorno glorioso
rimani, o Madre, al mio fianco,
salvami dall'eterno abbandono.
Christe,
cum sit hinc exíre,
da per Matrem me veníre
ad palmam victóriæ.
O Cristo,
nell'ora del mio passaggio
fa' che, per mano a tua Madre,
io giunga alla meta gloriosa.
Quando
corpus morietur,
fac ut animæ donetur
paradísi glória.
Quando la
morte dissolve il mio corpo aprimi,
Signore, le porte del cielo,
accoglimi nel tuo regno di gloria.
Leggiamo nella lettera agli Ebrei i sentimenti del Signore nella sua passione: "Egli nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte". La passione di Gesù si è impressa nel cuore della madre, queste forti grida e lacrime l'hanno fatta soffrire, il desiderio che egli fosse salvato da morte doveva essere in lei ancora più forte che non in Gesù, perché una madre desidera più del figlio che egli sia salvo. Ma nello stesso tempo Maria si è unita alla pietà di Gesù, è stata come lui sottomessa alla volontà del Padre.
Per questo la compassione di Maria è vera: perché ha veramente preso su di sé il dolore del Figlio ed ha accettato con lui la volontà del Padre, in una obbedienza che dà la vera vittoria sulla sofferenza.
La nostra compassione molto spesso è superficiale, non è piena di fede come quella di Maria. Noi facilmente vediamo, nella sofferenza altrui, la volontà di Dio, ed è giusto, ma non soffriamo davvero con quelli che soffrono.
Chiediamo alla Madonna che unisca in noi questi due sentimenti che formano la compassione vera: il desiderio che coloro che soffrono riportino vittoria sulla loro sofferenza e ne siano liberati e insieme una sottomissione profonda alla volontà di Dio, che è sempre volontà di amore.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,1-3)
Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona
notizia del regno di Dio.
C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti
cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti
sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e
molte altre, che li servivano con i loro beni. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
C'erano con lui i Dodici e alcune donne che li servivano con i loro beni.La Maddalena era una pubblica peccatrice appartenente ad una delle migliori famiglie di Betania, ma esercitava la sua corruzione a Magdala. Questo spiega il motivo del riferimento a questa città, quando viene citata lei. È sempre la sorella di Lazzaro e Marta.
Tutti e tre sono Santi, sorprende ovviamente la rapida conversione di Maria, una eventualità che proprio i fratelli escludevano e quando incontravano Gesù ripetevano sempre la richiesta della salvezza della ribelle. Il Signore li tranquillizzava e li invitava a pregare, ad avere fiducia in Lui.
L'intervento di Gesù non è stato immediato o irruento nella vita di Maria Maddalena, Dio non agisce così perché si tratterebbe di una violenza mentale. È una violazione del libero arbitrio, della libertà diventata in tantissimi vita libertina, sinonimo di immorale, dissoluta, viziosa, licenziosa.
Questo spiega la necessità di pregare anche per lunghi anni per la conversione di un familiare o un conoscente. Oltre la preghiera occorrono anche le buone opere. Non si possono chiedere le Grazie e vivere in modo opposto alla Parola di Dio
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,4-15)
Poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù
disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre
seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del
cielo la mangiarono. Un'altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata,
seccò per mancanza di umidità. Un'altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi,
cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un'altra parte cadde sul terreno
buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha
orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli
disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo
con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi
caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il
diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo,
siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono
la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel
tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che,
dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni,
ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno
buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono,
la custodiscono e producono frutto con perseveranza. Parola del Signore.
E la sua generosità arriva ancora più in là. Dio è il solo a poter preparare il campo del nostro cuore perché sia pronto ad accogliere la sua parola. Certo, dobbiamo essere vigili per evitare le trappole del tentatore, per eliminare le pietre e le spine, ma solo la nostra fiducia, il nostro rivolgerci fiduciosi a Dio dal quale deriva ogni bene, ce lo permetterà.
Dio vuole fecondare la nostra vita. Possa egli preparare anche il nostro cuore. Noi siamo poveri di fronte a lui e solo l'invocazione rivolta a lui dal profondo della nostra miseria può far sì che diveniamo "terra buona".