TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 6,37-40)
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo
caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la
volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di
quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede
in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno». Parola
del Signore.
RIFLESSIONI
Fino a quando il Signore Gesù verrà nella gloria, e distrutta la morte gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri che sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri infine godono della gloria contemplando Dio. Tutti però comunichiamo nella stessa carità di Dio. L'unione quindi di coloro che sono in cammino con i fratelli morti non è minimamente spezzata, anzi è conservata dalla comunione dei beni spirituali (cfr Conc. Vat. II, Costituzione dommatica sulla Chiesa, «Lumen gentium», 49). La Chiesa fin dai primi tempi ha coltivato con grande pietà la memoria dei defunti e ha offerto per loro i suoi suffragi (ibidem, 50). Nei riti funebri la Chiesa celebra con fede il mistero pasquale, nella certezza che quanti sono diventati con il Battesimo membri del Cristo crocifisso e risorto, attraverso la morte, passano con lui alla vita senza fine. (Cfr Rito delle esequie, 1). Si iniziò a celebrare la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, anche a Roma, dal sec. XIV.
AI NOSTRI CARI CHE CI HANNO LASCIATO DONA LORO O SIGNORE L'ETERNO RIPOSO.
PREZIOSA AGLI OCCHI DEL SIGNORE E' LA MORTE DEI SUOI FEDELI.
SI', IO SONO TUO SERVO, SIGNORE, IO SONO TUO SERVO, FIGLIO DELLA TUA ANCELLA HAI SPEZZATO LE MIE CATENE.
DALLA LETTERA DI SAN PAOLO APOSTOLO AI ROMANI
FRATELLI, NESSUNO DI NOI VIVE PER SE STESSO E NESSUNO MUORE PER SE STESSO, PERCHE' SE NOI VIVIAMO, VIVIAMO PER IL SIGNORE; SE NOI MORIAMO, MORIAMO PER IL SIGNORE. SIA CHE VIVIAMO, SIA CHE MORIAMO, SIAMO DUNQUE DEL SIGNORE. PER QUESTO INFATTI CRISTO E' MORTO ED E' TORNATO ALLA VITA: PER ESSERE IL SIGNORE DEI MORTI E DEI VIVI. TUTTI INFATTI CI PRESENTEREMO AL TRIBUNALE DI DIO, POICHE' STA SCRITTO: "COME E' VERO CHE IO VIVO, DICE IL SIGNORE, OGNI GINOCCHIO SI PIEGHERA' DAVANTI A ME E OGNI LINGUA RENDERA' GLORIA A DIO". QUINDI CIASCUNO DI NOI RENDERA' CONTO A DIO DI SE STESSO. PAROLA DI DIO.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 14,12-14)
In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l'aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi
fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti
invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi;
e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua
ricompensa alla risurrezione dei giusti». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Quanto è esigente il Signore e quanto ci spiazza! Ci chiede di essere autentici sempre, senza tentennare, senza eccezioni, soprattutto quando abbiamo a che fare con la manifestazione dell'amore verso i più poveri... Ha ragione: con diverse sfumature secondo il proprio carattere ma tutti, tendenzialmente, facciamo le cose per averne un tornaconto. Amiamo chi ci ama, ci innamoriamo di chi ci fa i complimenti, abbiamo amici fra le persone simpatiche e coltiviamo le conoscenze che ci arricchiscono o che ci possono tornare utili... E questo mi sembra normale, istintivo, da parte della sopravvivenza e della capacità dell'essere umano di adattarsi all'ambiente circostante. Ma quando entra in gioco la fede, però, le cose cambiano inevitabilmente. L'amore di Cristo in noi, quell'amore che scopriamo essere più grande dell'istinto che ci motiva e ci spinge, ci porta ad amare gratuitamente come Dio ci ama. Senza porre condizioni, senza averne un tornaconto, senza calcoli... amare per amare, amare per la gioia di rendere gloria a Dio e di assomigliargli nel suo gesto creatore dell'amore totale.
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO E SETTIMNA I DEFUNTI ANNO C. 2025 IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL AGIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Martedì Della XXXI
Settimana Del Tempo Ordinario Anno C
San
Carlo Borromeo
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 14,15-24)
"Venite, è pronto".
Ma tutti, uno dopo l'altro, cominciarono a scusarsi.
4 Novembre 2025
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 14,15-24)
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato
chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All'ora della
cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: "Venite, è pronto". Ma tutti,
uno dopo l'altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: "Ho comprato un
campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi". Un altro disse: "Ho
comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi". Un altro
disse: "Mi sono appena sposato e perciò non posso venire".
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone
di casa, adirato, disse al servo: "Esci subito per le piazze e per le vie della
città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi".
Il servo disse: "Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora
posto". Il padrone allora disse al servo: "Esci per le strade e lungo le siepi
e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico:
nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena"». Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
L'ammonimento severo di Gesù, anche oggi viene letto con superficialità da
molti che sono stati chiamati a pascere con il Vangelo il gregge del Signore,
ma si sono rivolti altrove e hanno lasciato digiuno il gregge, tanto che in
molti casi grande parte del gregge è fuggita dall'Ovile. Non c'è più e in quasi
tutti i casi non ritornerà. Di chi è la responsabilità?
«Perché Io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia
cena».
Non è una frase da sottovalutare, quantomeno il cristiano deve preoccuparsi e
chiedersi se in questo momento sta accettando l'invito di Gesù o lo sta
ignorando perché preoccupato in tante altre cose, sicuramente meno importanti.
Gesù desidera la salvezza eterna di tutti, è morto per redimere l'umanità e
dare la gloria eterna, a quanti pentiti dei propri peccati si avvicinano a Lui.
Però oggi nella parabola fa dire all'uomo che diede una grande cena e fece
molti inviti: «Venite, è pronto».
Inviò i suoi servi alla ricerca degli invitati, questo ci indica che all'inizio
un popolo era chiamato a partecipare al grande banchetto. Leggiamo la frase
completa: «All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati:
"Venite, è pronto"».
La parabola simile la troviamo in Matteo 22,1-14, in questa è un re che
organizza un banchetto per le nozze del figlio e alla fine trova uno dei
presenti senza la veste bianca, quella che permette di partecipare degnamente
alla festa e di fare parte del Regno di Dio.
Teniamo presente che le due parabole hanno lo stesso significato, in quella di
oggi è un uomo ricco che organizza un banchetto, in quella di Matteo è un re
che festeggia le nozze del figlio. In tutte e due le parabole gli invitati sono
gli stessi, ma essi si rifiutano di parteciparvi.
Gesù spiega che gli invitati alle nozze erano inizialmente gli ebrei ma essi
trovarono pretesti banali e non vollero partecipare alle nozze o alla grande
cena. Si rifiutarono di gioire insieme all'uomo ricco che nel Vangelo di oggi
vuole festeggiare.
In queste due parabole che si intrecciano, il significato è uno solo: la
condanna di chi non volle accogliere il Messia.
Nella parabola Gesù descrive con amarezza e con determinazione che Dio aprirà
le porte a tutti quelli che Lo riconosceranno come Creatore e saranno felici di
partecipare alla grande festa. Saranno di ogni parte del mondo.
È il padrone a dire al servo di invitare tutti gli altri: «Esci subito per le
piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e
gli zoppi».
Accettano i buoni, quelli che obbediscono all'invito e seguono docilmente Gesù
Cristo, senza porsi domande.
L'invito dell'uomo ricco è esteso a tutti, possono però partecipare al
banchetto del Cielo ed eternamente quelli che accettano il Signore in questa
vita e seguono i suoi insegnamenti. Infine, dobbiamo constatare che dopo
l'ingresso nel luogo della grande festa dei più emarginati della società, «i
poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi», rimanevano ancora posti per altri.
Di chi sono questi posti liberi? Saranno occupati oppure rimarranno vuoti
perché gli invitati nel momento definitivo della scelta si rifiuteranno?
«Il servo disse: "Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora
posto"».
Dio ha preparato un posto meraviglioso nel Paradiso per ognuno di noi, chi
sceglierà diversamente dal progetto divino, lascerà vuoto quel posto riservato,
forse sarà occupato da altri oppure resterà eternamente vuoto perché lassù non
c'è uno spazio limitato, c'è l'infinito.
Un'infinità di posti da occupare nella gloria di Dio, in Paradiso, solo per gli
invitati che metteranno il Vangelo come priorità nella loro vita!
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc,14,25-33)
Una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la
moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può
essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere
mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e
a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le
fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono
comincino a deriderlo, dicendo: "Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato
capace di finire il lavoro".
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a
esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con
ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per
chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio
discepolo». Parola del signore.
RIFLESSIONI
Voler essere discepoli del Cristo significa avere scelto e deciso di seguirlo,
significa avere scelto Cristo come unico punto di riferimento della e nella
nostra vita.
Lo seguiamo perché lo amiamo e perché abbiamo fondato su di lui, e solo su di
lui, il nostro progetto di vita.
Vivremo, nonostante tutto, infedeltà ed errori quotidiani, ma non saranno
questi a troncare la nostra sequela se sapremo accettarli e viverli come limite
e quindi come parte della croce che ogni giorno ci è chiesto di portare. Una
croce fatta di grandi e piccole sofferenze e miserie, ma è proprio l'adesione
alla "nostra" croce la via per divenire e rimanere suoi discepoli.
La Chiesa, oggi e sempre, è costruita da chi ha il coraggio di affidarsi
soltanto a Dio e seguire Gesù con totale abbandono e senza nessun compromesso.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 15,1-10)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i
peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde
una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta,
finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle
spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con
me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico:
così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per
novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada
e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla
trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho
trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli
angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
"In quel tempo dice il passo evangelico di oggi si avvicinavano a Gesù
tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi
mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro"". Manca ai
farisei l'atteggiamento interiore della povertà spirituale, indispensabile per
essere all'unisono con Gesù, per condividere i suoi sentimenti. La loro è
invece l'attitudine contraria: questo è mio e non appartiene che a me, non può
essere condiviso con altri. Scribi e farisei sono convinti che Dio è proprietà
loro e di nessun altro: gli altri sono peccatori. Sono loro i padroni di Dio, i
padroni della salvezza, i padroni della vita spirituale e mormorano contro Gesù
che "riceve i peccatori e mangia con loro", perché hanno
l'impressione che venga ingiustamente dato ad altri qualche cosa che è di loro
esclusiva proprietà. Gesù vuole invece far loro capire che per essere uniti a
Dio non devono rinchiudersi nel loro egoismo, ma aprirsi agli altri, accogliere
gli altri, anche quelli che sembrano i più indegni, perché questo è
l'atteggiamento di Dio. Dio è la generosità senza limiti, colui che si prende
cura di tutti, si rallegra con tutti, si preoccupa in modo speciale dei più
bisognosi, cioè di chi si trova in una condizione di miseria spirituale che
deve essere sostenuta, confortata.
Chi è povero in spirito desidera il bene degli altri, condivide con gli altri i
doni che ha ricevuto, sapendo che sono doni che si moltiplicano distribuendoli;
così è nella condizione privilegiata per essere unito al Signore.
Le ricchezze spirituali sono state paragonate alla fiamma. Una fiamma non perde
nulla comunicandosi, anzi è accresciuta e diffonde più luce, diffonde più
fuoco. Chi vuol metterla al sicuro in un luogo chiuso, la fa morire per
mancanza di ossigeno. Così è per le ricchezze spirituali.
Domandiamo al Signore di comprendere profondamente questa attitudine di
spirito, che ci impedisce di inorgoglire, di appoggiarci su noi stessi, e ci fa
abbandonare nelle mani del Signore tutto ciò che siamo, tutto ciò che facciamo,
sapendo che tutto ci viene da lui e che, se li condividiamo, egli moltiplica in
noi i suoi doni.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 16,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di
sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te?
Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare".
L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie
l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io
che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci
sia qualcuno che mi accolga in casa sua".
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi
al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la
tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu
quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua
ricevuta e scrivi ottanta".
Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con
scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più
scaltri dei figli della luce». Parola
del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù, a conclusione di questa parabola che alla prima lettura può lasciarci
abbastanza disorientati, commenta: "I figli di questo mondo, infatti, sono
verso i loro pari più scaltri dei figli della luce". Egli quindi non loda
l'amministratore per la sua disonestà, ma per la scaltrezza con cui ha saputo
trovare, in una situazione difficile, una soluzione che gli permettesse di
continuare la sua vita comoda, egoistica.
I figli della luce, noi, siamo altrettanto inventivi nel lavorare per il
servizio di Dio? Non troviamo difficoltà per un progetto nostro, e se
difficoltà ci sono riusciamo sempre a superarle, perché vi troviamo
soddisfazione; quando si tratta di Dio e degli altri ogni difficoltà ci sembra
subito insormontabile, ce ne lamentiamo, magari ci sentiamo perseguitati e ci
blocchiamo: "Non è proprio possibile... con questa gente! nella società di
oggi! ". E così via.
I santi non agiscono così: le difficoltà li spronano a trovare soluzioni, e le
trovano, perché il loro unico interesse è il regno di Dio e il loro amore è
disinteressato, generoso, inventivo. "Le grandi acque non possono spegnere
l'amore, né i fiumi travolgerlo".
Chiediamo al Signore di essere aperti alla lezione di amore che egli ci dà
oggi: soltanto così avremo la vita e saremo davvero "figli della
luce": vivremo nella luce, perché vivremo nell'amore.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 16,9-15)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza
disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle
dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è
disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se
dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella
vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la
vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà
l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete
servire Dio e la ricchezza».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si
facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono
giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli
uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Le prime parole del Vangelo di oggi ricavano una morale dalla parabola
dell'amministratore infedele. Gesù ci chiede di usare bene il denaro e la
ricchezza. Il termine stesso "mammona", un calco greco di origine ebraica, è
legato all'idea di "fedele", "contare su". Il Signore guarda al nostro fine
ultimo. Le ricchezze devono essere usate per "le dimore eterne". Soltanto
allora, come Gesù insegna ai discepoli, la speranza che affidiamo all'iniqua
ricchezza produrrà come frutti l'eternità e la fedeltà.
Nei versetti che seguono, vediamo Gesù esigere da noi, nel nostro rapporto con
le ricchezze nostre e altrui, che ci prepariamo ai beni eterni e che ne diamo
una prima prova nel campo propriamente socio-economico. Una dichiarazione
davvero stupefacente sulle labbra del Signore, dato che le cose di questo mondo
abitualmente non lo interessano. Qui non predica in alcun modo indifferenza
verso il creato: esorta piuttosto a essere integri in ogni occasione.
Così, quando il Signore parla delle vere ricchezze, non vuole cancellare la
differenza fra quanto appartiene a me e quanto, invece, appartiene a te. I beni
altrui non devono in alcun caso essere loro sottratti. La prospettiva
escatologica è ricordata non perché nei nostri rapporti con le ricchezze
terrene regni in certo qual modo l'arbitrario, ma perché il denaro può avere
sull'uomo un potere fascinatorio. E il Vangelo in questo senso si rivela
estremamente attuale. Il fascino che esercita il possesso materiale ha al
giorno d'oggi una forza raramente raggiunta in passato.
Ciò è probabilmente una conseguenza del nostro sistema economico, in cui alla
mano d'opera corrisponde un costo preciso in denaro, e in cui si finisce per
dare un valore maggiore alle cose materiali che all'attività e al sapere umano.
Soltanto la prudenza ci potrà preservare dal pericolo di una nuova schiavitù.
Senza contare che tutte le reti televisive, tutti gli altoparlanti spingono gli
uomini a cedere a bisogni sempre nuovi e a cercarne soddisfazione con
l'acquisto di beni materiali. Tale mercato stimola costantemente le nostre
attitudini materialistiche. Una tendenza che, del resto, è confermata da teorie
filosofiche tipo il "Sono ciò che possiedo" di Jean-Paul Sartre.
I beni non vengono più subordinati alla persona. L'uomo che li possiede non è
più totalmente libero, ma gli oggetti che egli possiede costituiscono il suo
essere stesso.
Non ci si deve allora stupire se anche i "grandi" comincino a vacillare. Fino
ai governi occidentali, eletti democraticamente, che sono scossi da scandali e
corruzione. Il mondo politico conosce sempre arricchimenti disonesti e
repentini. E quando il privato perpetra una frode al fisco, ciò viene da molti
considerato al massimo un delitto di gente onesta.
"Non potete servire a Dio e a mammona". I continui errori dell'uomo moderno,
che si ripercuotono su scala mondiale, giustificano pienamente l'avvertimento
che il Signore ci dà, senza usare mezzi termini, riguardo il denaro. Perché il
denaro è così pericoloso? Perché colui che se lo procaccia con successo si
ritrova solo, con se stesso e con tutte le preoccupazioni che il suo denaro gli
dà. È preoccupato delle porte che il denaro sembra aprirgli; pensa ad
assicurazioni e conti in banca; il suo domani gli si presenta al sicuro da ogni
problema. Gli piacerebbe poter dire a se stesso: "Hai a disposizione molti
beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia" (Lc 12,19). Ma
Dio è ormai per lui un'idea priva di ogni importanza. Tutte le preoccupazioni e
le gioie della sua esistenza non tengono più conto di Dio.










