IL VANGELO DEL GIORNO: https://www.iosonolalucedelmondo.it/indice-anno-liturgico-2022/
it

                      IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO XXXI DOMENICA                         E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 5,1-12)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già posseggono l'eredità della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione. Sono i fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli perché, peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, e anche le loro tristezze.
Questa beatitudine che dà loro il condividere in questo momento la vita stessa della Santa Trinità è un frutto di sovrabbondanza che il sangue di Cristo ha loro acquistato. Nonostante le notti, attraverso le purificazioni costanti che l'amore esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni speranza umana, tutti hanno voluto lasciarsi bruciare dall'amore e scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro. È Maria, la Regina di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno imparato a ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi vivono attualmente, nascosti nel segreto del Padre.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 6,36-40)
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno». Parola del Signore

RIFLESSIONI
Fino a quando il Signore Gesù verrà nella gloria, e distrutta la morte gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri che sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri infine godono della gloria contemplando Dio. Tutti però comunichiamo nella stessa carità di Dio. L'unione quindi di coloro che sono in cammino con i fratelli morti non è minimamente spezzata, anzi è conservata dalla comunione dei beni spirituali (cfr Conc. Vat. II, Costituzione dommatica sulla Chiesa, «Lumen gentium», 49). La Chiesa fin dai primi tempi ha coltivato con grande pietà la memoria dei defunti e ha offerto per loro i suoi suffragi (ibidem, 50). Nei riti funebri la Chiesa celebra con fede il mistero pasquale, nella certezza che quanti sono diventati con il Battesimo membri del Cristo crocifisso e risorto, attraverso la morte, passano con lui alla vita senza fine. (Cfr Rito delle esequie, 1). Si iniziò a celebrare la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, anche a Roma, dal sec. XIV.
Gesù offrì se stesso sulla Croce, nella Messa sempre Gesù si offre al Padre ed è il Sacerdote principale, mentre è secondario il Sacerdote che celebra e ne fa le veci. L'immolazione Eucaristica rappresenta e rievoca incruentemente l'immolazione cruenta della Croce.
La celebrazione di una sola Messa può far scendere grandi Grazie ai presenti, ai defunti e agli assenti. Dipende tutto dalla nostra Fede.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 14,15-24)
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: "Venite, è pronto". Ma tutti, uno dopo l'altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: "Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi". Un altro disse: "Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi". Un altro disse: "Mi sono appena sposato e perciò non posso venire".
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: "Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi".
Il servo disse: "Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto". Il padrone allora disse al servo: "Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena"». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Gesù ci fa capire la nostra insipienza, la strettezza del nostro cuore che non è disponibile ai suoi doni. Quella del padrone nel Vangelo odierno non è esigenza vera e propria, ma generosità: egli vuol colmarci dei doni della sua munificenza e noi preferiamo le nostre meschine cose.
La "grande cena" è la cena della carità divina per chi ha il cuore largo, non per chi lo abbarbica ai beni della Terra con un amore possessivo, soffocante.
"Ho comprato un campo... Ho comprato cinque paia di buoi... Ho preso moglie...". Sono i nostri affetti limitati, vissuti in modo possessivo, con tutte le preoccupazioni che ne derivano.
Dio invece ci invita al banchetto della carità universale. È il banchetto che viviamo ad ogni Eucaristia, se vi partecipiamo con cuore aperto, preoccupato solo delle preoccupazioni divine e pronto a ricevere con gioia e riconoscenza i suoi doni.
Allora sentiremo non come un dovere pesante, ma come una necessità di amore mettere al servizio degli altri le grazie diverse che abbiamo ricevuto, secondo l'esortazione di san Paolo: "Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento, chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità, chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia".

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca (Lc,14,25-33)
Una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: "Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro".
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». Parola del signore.

RIFLESSIONI
Così inizia il passo evangelico odierno: "Siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: "Se qualcuno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo". E' Luca, l'evangelista della mitezza che esprime con queste parole l'esigenza di Gesù. Dobbiamo "odiare", ed è un comando di Gesù... Sono parole che ci sconcertano. Gesù infatti vuol togliere ogni illusione alla molta gente che gli va dietro. E facilmente comprensibile che quando uno dice: Non c'è altra legge che l'amore, l'amore riassume tutti i comandamenti, suscita entusiasmo, soddisfazione e anche molte illusioni, perché tutti ci riteniamo capaci di amare: se basta amare, siamo a posto! Gesù ci indica una via che non presenta nessuna difficoltà.
Ma "Gesù si voltò e disse: "Se uno viene a me... Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo". E una esigenza fortissima, e Gesù la fa seguire da due esempi di persone che devono ben riflettere prima di impegnarsi. Se uno vuol costruire qualcosa, deve prima fare i conti e vedere se il capitale che possiede basta per arrivare a finire la costruzione; se si vuol fare guerra, bisogna avere truppe ed armamenti sufficienti per combattere fino alla vittoria.
E qual è il capitale necessario per costruire la torre, qual è l'equipaggiamento sufficiente per vincere la guerra? Gesù dice: la condizione è questa: rinunciare a tutto quello che si ha. "Chiunque di voi non rinunzia a tutti i sudi averi, non può essere mio discepolo".
Eccoci dunque presi in una specie di contraddizione fra l'amore e il distacco. Se ci pensiamo bene, Gesù non fa altro che indicarci le condizioni del vero amore. Non dobbiamo illuderci: da soli non saremo mai capaci di amare, perché l'amore è disciplina, l'amore esige un profondo distacco, un distacco completo. Spesso, quando noi crediamo di amare, amiamo il nostro interesse, non amiamo veramente né gli altri né Dio. Cerchiamo la nostra soddisfazione, la nostra gioia, invece di cercare la felicità degli altri nell'adesione alla volontà divina.
San Luca è l'evangelista della misericordia, e tuttavia è proprio lui che dice: "Se qualcuno viene a me senza odiare, non può essere mio discepolo". Perché? Perché Luca è anche l'evangelista che insiste di più sull'impegno del discepolo nei confronti del Maestro.
San Matteo ha espresso diversamente questa parola di Gesù. Egli dice: "Se qualcuno viene a me e ama suo padre o sua madre più di me, non è degno di me". Da un lato si capisce che è la stessa cosa che vuol dire san Luca, però la formulazione lucana ha il vantaggio di presentare la questione molto nettamente.
Non si tratta di rinunciare ad ogni amore, è chiaro; si tratta di rinunciare all'amore possessivo. Gesù infatti non domanda solo di odiare il padre, la madre, i figli, ma anche di odiare la propria vita. Ora, questa aggiunta ci fa capire in che direzione vada la sua esigenza: egli impone il distacco da ogni possesso.
"Chi non rinunzia a tutti i Suoi averi, non può essere mio discepolo".
C'è un modo di amare che in realtà è una ricerca di comfort nella vita: il comfort affettivo, l'appoggio, la soddisfazione del cuore. E a questo modo di amare che Gesù chiede di rinunciare.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 15,1-10)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Costui accoglie i peccatori e mangia con loro.
Nella Scrittura Santa vige una legge che obbliga in eterno: il fratello è il salvatore, colui che deve riscattare il fratello. È un obbligo verso la propria carne, il proprio sangue. Cristo Gesù per questo si è fatto nostro fratello, per poterci redimere, riscattare, liberare, pagando il prezzo del riscatto al posto nostro. Così la Lettera agli Ebrei.
Per questo bisogna che ci dedichiamo con maggiore impegno alle cose che abbiamo ascoltato, per non andare fuori rotta. Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione, come potremo noi scampare se avremo trascurato una salvezza così grande? Essa cominciò a essere annunciata dal Signore, e fu confermata a noi da coloro che l'avevano ascoltata, mentre Dio ne dava testimonianza con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà. Non certo a degli angeli Dio ha sottomesso il mondo futuro, del quale parliamo. Anzi, in un passo della Scrittura qualcuno ha dichiarato: Che cos'è l'uomo perché di lui ti ricordi o il figlio dell'uomo perché te ne curi? Di poco l'hai fatto inferiore agli angeli, di gloria e di onore l'hai coronato e hai messo ogni cosa sotto i suoi piedi.
Avendo sottomesso a lui tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Tuttavia quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio - per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi; e ancora: Io metterò la mia fiducia in lui; e inoltre: Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato.
Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova (Eb 2,1-18).
Farisei e scribi peccano contro la legge della fratellanza. Il Verbo Eterno per salvare l'uomo si è fatto suo fratello. Non lo era. Lo è divenuto, incarnandosi. Essi invece sono fratelli, ma si fanno non fratelli. Si dichiarano estranei. Si rinnegano nella loro natura.
Quello degli scribi e dei farisei è un peccato di vero rinnegamento della loro natura umana. È il peccato contro la verità del loro stesso essere. Cristo ha assunto ciò che non era per amore. loro hanno dismesso ciò che erano per non amare. Dio si fa uomo per redimere. Loro si fanno non uomini per non salvare. Il loro è vero peccato contro l'umanità. Quanta differenza tra Dio e loro! Dio per amore si fa carne, loro si rinnegano!
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri fratelli dei fratelli.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 16,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare".
L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua".
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta".
Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Come vivere questa Parola?
La parabola riferisce il caso di un amministratore incapace che, denunciato, non cerca scusanti e, costretto a pensare al futuro della sua vita, si dà subito da fare per non restare travolto. Per questo, si converte un poco anche all'amore del prossimo, ma perché gli conviene, non per altruismo. E lo mette in atto con mezzi assai discutibili, condonando debiti ingenti, e pure imbrogliando il suo padrone. Il padrone passa sopra alla disonestà del suo dipendente e ne loda invece la scaltrezza. Ed è appunto la scaltrezza o avvedutezza l'insegnamento che Gesù ricava dalla parabola per i discepoli, avvertendo però subito che quella domandata ai figli della luce dovrebbe essere maggiore e soprattutto diversa da quella dei figli di questo mondo, nei rapporti con i loro simili.
Nel momento della crisi, questo amministratore anzitutto dimostra capacità di accettazione della realtà, della nuova situazione prodottasi. Dunque, l'esemplarità di quest'uomo corrotto non sta certo nel suo agire senza scrupoli, ma nel suo discernere realisticamente la situazione critica in cui si viene a trovare e nel saper agire di conseguenza. Anche per Gesù costui è un «figlio di questo mondo» (Lc 16,8). La domanda di Gesù però riguarda i figli della luce: come mai non sanno discernere l'ora, la vicinanza del Regno e mettere in atto prontamente i gesti di conversione che sono essenziali per la salvezza? L'amministratore viene lodato, dunque, per la scaltrezza e l'astuzia. E a questa scaltrezza non applaude soltanto il padrone, ma anche il Signore stesso, quando dice: I figli di questo mondo sono più avveduti dei figli della luce. Quelli sono avveduti nel male più di quanto questi ultimi lo siano nel bene. E chi può dire a quanta scaltrezza e astuzia ricorrano per ingannarsi a vicenda i figli di questo mondo? Ascoltino dunque i figli della luce e arrossiscano di lasciarsi vincere dai figli di questo mondo. Queste cose sono state scritte perché, ascoltandole, diventino più avveduti.
"O Padre, che ci chiami ad amarti e servirti come unico Signore, abbi pietà della nostra condizione umana, salvaci dalla cupidigia delle ricchezze, e fa' che alzando al cielo mani libere e pure, ti rendiamo gloria con tutta la nostra vita. 

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 16,9-15)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Le prime parole del Vangelo di oggi ricavano una morale dalla parabola dell'amministratore infedele. Gesù ci chiede di usare bene il denaro e la ricchezza. Il termine stesso "mammona", un calco greco di origine ebraica, è legato all'idea di "fedele", "contare su". Il Signore guarda al nostro fine ultimo. Le ricchezze devono essere usate per "le dimore eterne". Soltanto allora, come Gesù insegna ai discepoli, la speranza che affidiamo all'iniqua ricchezza produrrà come frutti l'eternità e la fedeltà.
Nei versetti che seguono, vediamo Gesù esigere da noi, nel nostro rapporto con le ricchezze nostre e altrui, che ci prepariamo ai beni eterni e che ne diamo una prima prova nel campo propriamente socio-economico. Una dichiarazione davvero stupefacente sulle labbra del Signore, dato che le cose di questo mondo abitualmente non lo interessano. Qui non predica in alcun modo indifferenza verso il creato: esorta piuttosto a essere integri in ogni occasione.
Così, quando il Signore parla delle vere ricchezze, non vuole cancellare la differenza fra quanto appartiene a me e quanto, invece, appartiene a te. I beni altrui non devono in alcun caso essere loro sottratti. La prospettiva escatologica è ricordata non perché nei nostri rapporti con le ricchezze terrene regni in certo qual modo l'arbitrario, ma perché il denaro può avere sull'uomo un potere fascinatorio. E il Vangelo in questo senso si rivela estremamente attuale. Il fascino che esercita il possesso materiale ha al giorno d'oggi una forza raramente raggiunta in passato.
Ciò è probabilmente una conseguenza del nostro sistema economico, in cui alla mano d'opera corrisponde un costo preciso in denaro, e in cui si finisce per dare un valore maggiore alle cose materiali che all'attività e al sapere umano. Soltanto la prudenza ci potrà preservare dal pericolo di una nuova schiavitù. Senza contare che tutte le reti televisive, tutti gli altoparlanti spingono gli uomini a cedere a bisogni sempre nuovi e a cercarne soddisfazione con l'acquisto di beni materiali. Tale mercato stimola costantemente le nostre attitudini materialistiche. Una tendenza che, del resto, è confermata da teorie filosofiche tipo il "Sono ciò che possiedo" di Jean-Paul Sartre.
I beni non vengono più subordinati alla persona. L'uomo che li possiede non è più totalmente libero, ma gli oggetti che egli possiede costituiscono il suo essere stesso.
Non ci si deve allora stupire se anche i "grandi" comincino a vacillare. Fino ai governi occidentali, eletti democraticamente, che sono scossi da scandali e corruzione. Il mondo politico conosce sempre arricchimenti disonesti e repentini. E quando il privato perpetra una frode al fisco, ciò viene da molti considerato al massimo un delitto di gente onesta.
"Non potete servire a Dio e a mammona". I continui errori dell'uomo moderno, che si ripercuotono su scala mondiale, giustificano pienamente l'avvertimento che il Signore ci dà, senza usare mezzi termini, riguardo il denaro. Perché il denaro è così pericoloso? Perché colui che se lo procaccia con successo si ritrova solo, con se stesso e con tutte le preoccupazioni che il suo denaro gli dà. È preoccupato delle porte che il denaro sembra aprirgli; pensa ad assicurazioni e conti in banca; il suo domani gli si presenta al sicuro da ogni problema. Gli piacerebbe poter dire a se stesso: "Hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia" (Lc 12,19). Ma Dio è ormai per lui un'idea priva di ogni importanza. Tutte le preoccupazioni e le gioie della sua esistenza non tengono più conto di Dio.