VANGELO DEL GIORNO IV DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Dio grande e
misericordioso,
concedi a noi di adorarti con tutta l'anima
e di amare i nostri
fratelli
nella carità del Cristo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 5,1-12)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si
avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro
dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni
sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi
ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
Beati i poveri
davanti a Dio... Che messaggio! Lascia che Dio ti colmi! Egli ti ama malgrado
la tua povertà, malgrado i tuoi limiti. Quando sei addolorato dall'effimero
della felicità umana sempre minacciata, quando ti senti povero, quando
l'afflizione ti paralizza, ascolta la grande promessa di Dio: sarete consolati,
sarete sfamati, vedrete Dio... Questa promessa è nel cuore della nostra fede. Tutto il lieto messaggio di Gesù si
riflette nelle beatitudini come uno specchio ardente. Colui che ha accolto
la buona novella nel più profondo di sé stesso e nel quale questa verità
raggiunge le radici dell'esistenza, diventerà naturalmente misericordioso e
indulgente nel giudizio che ha sugli altri. Sarà capace di diffondere la pace,
perché egli stesso la possiederà.
Se solamente fossimo in grado di vivere
seguendo l'atteggiamento fondamentale delle beatitudini! Se solamente potessimo
amare e avere fiducia come Gesù! Forse allora molti uomini che la vita ha
reso amari e chiusi, ai quali le numerose delusioni hanno fatto perdere la fede
in Dio e negli uomini, forse potrebbero ugualmente ricominciare a credere nella
bontà di Dio e nella sua sollecitudine, attraverso la bontà e la sollecitudine
umane. Forse allora molti uomini potrebbero ugualmente contare su Dio per
instaurare su questa terra il bene, e offrirci quello che abbiamo sperato e
atteso durante tutta la nostra vita: la sicurezza e la gioia. Una gioia che
regna.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 5,1-20)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all'altra riva del mare,
nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne
incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato,
neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma
aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo.
Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si
percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce,
disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del
Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva
infatti: «Esci, spirito impuro, da quest'uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è
Legione - gli rispose - perché siamo in molti». E lo scongiurava con
insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C'era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo
scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo
permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la
mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono
nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle
campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù,
videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato
posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono
loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si
misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di
poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va' nella tua casa,
dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha
avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello
che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Nel Vangelo di oggi,
un racconto vivo, pittoresco, secondo lo stile di Marco ci sono molte lezioni per noi.
C'è un uomo in uno stato spaventoso: "Posseduto da uno spirito immondo...
nessuno riusciva a domarlo; continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui
monti, gridava e si percuoteva con pietre". E poi lo vediamo liberato,
tranquillo, sano di mente. E c'è un branco di porci, numeroso (circa duemila,
dice Marco) che affogano uno dopo l'altro nel mare. La gente vede l'una e l'altra
cosa e, in conclusione, "si misero a pregarlo di andarsene dal loro
territorio". Sono accecati dall'egoismo, non vedono che la liberazione di
un uomo è molto più importante di un danno materiale, non capiscono che la
guarigione di questo indemoniato è anche per loro promessa della liberazione,
della salvezza portata da Gesù. Senza la fede è veramente impossibile capire
qualcosa nella vita.
Anche nella lettera agli Ebrei ci parla ancora della fede, in due quadri
opposti, che potremmo intitolare: vittorie e sconfitte della fede. Per la fede
i Giudici, i Profeti, hanno fatto grandi cose: "Conquistarono regni,
esercitarono la giustizia, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza
del fuoco...". Poi viene l'altro quadro: "Torturati, lapidati,
segati, uccisi di spada", sempre per la fede. E queste
"sconfitte" sono più meravigliose ancora, perché sono prova di una
fede più forte, che non si lascia sconcertare dagli avvenimenti, né accetta
l'apostasia per la liberazione. Anche in Gesù vediamo i due quadri: Gesù che
compie miracoli e suscita l'ammirazione delle folle; Gesù nella sua passione;
condannato, deriso, crocifisso, morto.
Seguendolo nella fede, dobbiamo vivere realmente di fede. Anche nella nostra
vita ci sono successi e insuccessi, cose che ci consolano e altre che ci
desolano ed è solo la fede che ci fa approfittare delle une e delle altre. Le
cose positive ci fanno vedere la fecondità della fede, ma sappiamo che sono
terrestri e che dobbiamo oltrepassarle; le cose negative ci aiutano a
rivolgerci alle cose del cielo, a cercare i veri valori spirituali. Così saremo
uniti al mistero di morte e di risurrezione di Gesù e con lui riporteremo
vittoria sul mondo: "Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo".
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 5,21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli
si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi
della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e
lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le
mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si
stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto
per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio,
anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da
dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare
le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì
nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò
alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero:
«Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"».
Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna,
impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò
davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti
ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a
dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito
quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi
fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e
Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che
piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La
bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori,
prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed
entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità
kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si
alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande
stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse
di darle da mangiare. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Chi ha toccato le mie
vesti?
La fede in Gesù deve essere illimitata. Nessun dubbio mai sulla sua
onnipotenza, grazia, verità, luce, santità, sapienza, esemplarità, amore,
misericordia, pietà, compassione, parola. Un solo dubbio e si cade dalla vera
fede. Una sola incertezza e si affonda. Quando si cammina con Gesù dobbiamo
fidarci di Lui in modo pieno. Lui può sempre dare vita alla nostra morte,
salute alle nostre infermità, liberazione dai nostri peccati, sapienza alla
nostra stoltezza, verità ai nostri infiniti errori.
Giàiro chiede a Gesù che si rechi a casa sua per guarire la sua figlioletta che
sta morendo. Gesù accoglie la preghiera di questo padre afflitto e si incammina
con lui. Nel frattempo sopraggiunge la morte. Gesù può ancora intervenire?
Giàiro non lo sa. Gesù però lo sa e lo invita a continuare ad avere fede. La
fede è un processo che inizia nel finito ma si consuma nell'infinito, non vi è
limite per essa. Porre un limite alla fede è ridurla ad una pura e semplice
verità, è sganciarla dall'Autore che è Dio, al quale nulla è impossibile. Gesù
così ci insegna che la fede va sempre aiutata a consumarsi nel suo infinito,
nella sua eternità, in Dio. Senza aiuto, la fede si riveste di limite ed è
morta. Questo rischio lo si corre ogni giorno. È facile rivestire la fede di
finito e di limite.
La donna dalla malattia inguaribile possiede invece una fede senza alcun
limite. La sua è fede particolarissima. È una fede senza parola. Essa va dal
suo cuore al cuore di Cristo in modo diretto. Lei è attenta conoscitrice di
Gesù Signore. Ha studiato ogni sua azione. Ha meditato su ogni racconto su di
Lui. Ha ragionato, dedotto, concluso: "Se riuscirò anche solo a toccare le
sue vesti, sarò salvata". Toccare le vesti di Gesù è guarire, è ritrovare
la vita dentro di sé. Questa donna ci insegna che non sempre dobbiamo
manifestare pubblicamente ciò che siamo. Vi è in ogni uomo una sfera di
riservatezza che è giusto nascondere gelosamente. La donna non vuole che il
mondo sappia della sua impurità rituale costante. Non vuole neanche mettere in
difficoltà Gesù. Di certo non lo avrebbe reso impuro toccandolo. Gesù è la
santità purissima e nessuno lo potrà mai rendere impuro. Se è giusto nascondere
i nostri segreti, non è però giusto tenere nascoste le cose di Dio. La donna
deve ora confessare la sua fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede vera,
pura, santa.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,1-6)
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli
vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi
come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di
Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue
sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è
disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E
lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e
li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d'intorno,
insegnando. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
La fede è necessaria perché il Signore possa agire
liberamente e donare abbondantemente le sue grazie: per la mancanza di fede dei
suoi compatrioti, dice san Marco, non potè operare fra loro alcun prodigio. Non
riuscivano a credere in lui perché era uno di loro, non aveva niente di
straordinario, l'avevano sempre conosciuto... proprio non si capacitavano come
potesse essere qualcuno diverso da quello che loro vedevano.
Anche noi, e molto facilmente, possiamo fermarci alle apparenze contrarie e non
riconoscere l'intervento di Dio. Questo succede nelle difficoltà, nelle prove.
Le prove giungono per tutti, credenti e non credenti, ma noi abbiamo
l'impressione che per noi credenti non dovrebbero esserci, o almeno dovrebbero
essere solo di un certo tipo... Ci sconcertano e facciamo molta fatica a
riconoscervi la mano di Dio.
La Scrittura ci insegna ad andare al di là delle circostanze, che ci sembrano
sempre strane, penose, per riconoscere in esse la presenza di Dio che vuol
operare e per questo ha bisogno che noi ci apriamo alla sua azione.
"Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere
d'animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli
ama e sferza chiunque riconosce come figlio", diceva già il libro dei
Proverbi. E l'autore della lettera agli Ebrei lo ricorda ai cristiani per
ammonirli: "Tutto ciò che state soffrendo è una correzione; non prendetelo
semplicemente come una difficoltà!". Si tratti di malattie, o di
difficoltà nei rapporti interpersonali, o di fallimenti in ciò che facciamo per
il Signore, prendere le cose semplicemente nel loro aspetto esterno è mancanza
di fede. "E per la vostra correzione che voi soffrite Dio vi tratta come
figli". C'è una relazione con Dio che dobbiamo riconoscere, una intenzione
di Dio alla quale dobbiamo corrispondere nella fede. Allora cambia tutto. La
prova è illuminata dall'interno e invece di essere semplicemente un motivo di
sofferenza diventa una occasione per sentirci in relazione più diretta con Dio:
Dio si interessa di noi. Quando si è provati si ha invece l'impressione
contraria: Dio ci abbandona, non pensa più a noi, ci lascia in una situazione
che non corrisponde al nostro essere figli suoi... E la verità è proprio il
contrario di tutto questo. Invece di lamentarci dovremmo essere contenti,
perché Dio si interessa di noi: "Dio vi tratta come figli; e qual è il
figlio che non è corretto dal padre?".
È difficile, sempre difficile, sempre da ricominciare, il riconoscere in una
prova, in una difficoltà l'intervento positivo di Dio verso di noi. È un atto
di fede, perché non le apparenze ce lo dicono, ma la parola di Dio, ma lo
Spirito Santo in noi, che ci apre gli occhi e ci fa capire che Dio sta
intervenendo nella nostra vita, e in modo più attivo, in modo più affettuoso
quando ci mette alla prova con delle difficoltà.
L'autore è molto realista e constata: "Certo, ogni correzione, sul
momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza". E una esperienza che
non ha bisogno di essere commentata, dovuta all'amor proprio. Qui non la
sofferenza, ma l'umiliazione è messa in rilievo: se qualcuno ci fa notare un
nostro difetto, una nostra mancanza, noi ci rattristiamo al punto da pensare
soltanto all'osservazione che ci è stata fatta, e non al difetto o alla
mancanza! Dovremmo superare la reazione dell'amor proprio e riconoscere che ci
è stato dato un aiuto, di cui dovremmo essere contenti. È una constatazione a cui
erano già arrivati i filosofi antichi. Socrate diceva che il colmo della
felicità è non aver difetti e non fare niente di male, e aggiungeva che subito
dopo viene la felicità di essere corretti quando si sbaglia, perché allora ci
si può emendare.
La Scrittura va molto più in profondità: dobbiamo essere felici che il Signore
ci corregga non soltanto perché è una occasione per progredire, ma perché così
la nostra relazione con lui diventa più stretta. È dunque un motivo di fiducia
tanto più grande se pensiamo che la nostra sorte è legata a quella di Cristo.
La lettera agli Ebrei già ci ha detto come Gesù, pur essendo il Figlio
perfetto, ha voluto per noi imparare l'obbedienza dalle cose che patì, ha
voluto conoscere quella educazione dolorosa che a noi è necessaria. Ora, quando
noi viviamo a nostra volta questi momenti di dolorosa educazione, siamo uniti a
lui in modo speciale e possiamo crescere molto nel suo amore.
La prova motivo di speranza, la prova mezzo per amare: sono le prospettive da
tener presenti nelle occasioni grandi e piccole di difficoltà e di disagio, che
dovrebbero nutrire il nostro coraggio e la nostra fede. Il Signore non ci fa
sapere in che modo intende comunicarci i suoi doni e farci crescere nella fede
e nell'amore. Domandiamogli che ci apra gli occhi perché sappiamo vedere in
tutto la sua paterna attenzione verso di noi.
IL VANGELO DEL GIORNO IV DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Giovedì Della IV
Settimana Del Tempo Ordinario Anno A
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22-40)
Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo
la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per
presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio
primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di
tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che
aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo
Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza
prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il
bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo
accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il
tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la
caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e
anche a te una spada trafiggerà l'anima
-, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era
molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo
matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si
allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e
preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e
parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno
in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava,
pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. Parola del Signore.FORMA BREVETESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22-32):
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo
la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per
presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio
primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di
tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che
aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo
Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza
prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il
bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo
accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il
tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Con la festa della Presentazione al Tempio di Gesù si
chiudono idealmente le ricorrenze legate al Natale. Il brano di Vangelo da cui
trae fondamento la festa di oggi fa parte dei vangeli dell'infanzia redatti da
Luca.
Giuseppe e Maria vengono presentati come degli israeliti pienamente osservanti
che portano il bambino al tempio quaranta giorni dopo la sua nascita, per
essere riscattato come ogni primogenito. Questa pratica non era più diffusa tra
i giudei ai tempi di Gesù, e non era più necessario portare il bambino nel
tempio.
Questa presentazione al tempio assume un significato teologico: il Signore
entra nel suo tempio, riprende il suo posto per eccellenza.
Riguardo alla famiglia di Gesù, Luca la presenta in piena consonanza con le
usanze ebraiche. Gesù è venuto a portare qualcosa di nuovo, ma non di
totalmente separato, inaudito, piuttosto la sua novità si inserisce all'interno
delle usanze e delle aspettative del suo popolo.
Lectio
22 Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale,
secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al
Signore
Secondo la legge di Mosè (Lv 12,1-8) la donna che aveva partorito un figlio
veniva considerata impura per 7 giorni e poi doveva attendere confinata in casa
per altri 33 giorni (in caso di una figlia femmina il periodo saliva ad 80
giorni complessivi). Al termine di questo periodo doveva presentarsi al tempio
e offrire un agnello in olocausto o un colombo o una tortora in sacrificio di
espiazione. Se non si poteva permettere l'agnello, erano sufficienti due
colombi o due tortore. La purificazione riguardava solo la madre, ma Luca parla
della "loro purificazione", indicando così anche Giuseppe. Per quale
motivo? Forse Luca seguiva una convinzione di tipo greco secondo la quale
l'impurità riguardasse la madre, il figlio e anche tutti coloro che avevano
assistito al parto. Più probabile che Luca, come si vede anche più sotto non
conoscesse molto bene le usanze ebraiche e si limiti a ricordarle in modo
generale.
Di fatto l'accento viene spostato sulla presentazione del bambino al Signore,
altro rituale che accompagnava la nascita degli israeliti.
23 - come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito
sarà sacro al Signore -
Il primogenito di ogni famiglia umana (e anche degli animali) era consacrato al
Signore per la sua esistenza (Es 13,11ss). In un secondo momento la Legge ne
previde il riscatto, attraverso il pagamento di cinque sicli d'argento (la paga
di 20 giorni; Nm 8,14-16).
Però ai tempi di Gesù la presentazione del primogenito non si faceva più, e nel
suo racconto Luca omette di parlare del riscatto del primogenito. Inoltre per
realizzare questo riscatto non era necessario portare il bambino al tempio: il
padre poteva pagare la somma richiesta a un sacerdote del villaggio. Luca cita
Esodo 13,12 adattandolo all'annuncio che l'angelo Gabriele aveva fatto a Maria:
"il bambino sarà chiamato santo". Gesù quindi appartiene a Dio fin dalla
nascita e non soltanto dal momento della sua presentazione.
24 e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o
due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Con questo versetto Luca ritorna al rito di purificazione della madre,
ricordando il sacrificio che veniva richiesto per questo particolare frangente
(Lv 5,7; 12,8). Tutto considerato, vediamo che Luca nei versetti 22-24 fa una
strana commistione di riti ebraici e di avvenimenti.
O l'evangelista fraintende una tradizione giunta fino a lui, che conosceva poco
bene, o egli modifica volutamente la tradizione per realizzare uno scopo ben
preciso: sottolineare l'appartenenza di Gesù a Dio fin dalla sua nascita. La
purificazione sarebbe dunque solo l'occasione per far venire Gesù al tempio.
Ancora Luca vuole mettere l'accento sul fatto che i genitori di Gesù erano
fedeli alla tradizione giudaica. Per ben tre volte in questi versetti viene
ricordata la Legge del Signore. Giuseppe e Maria appartengono al
"resto" dei poveri di JHWH, disposti ad accogliere la venuta
escatologica di Dio e del suo Inviato. Oppure Luca sottolineando la scrupolosa
osservanza di Giuseppe e di Maria voleva rispondere a quei giudei che si
mettevano in atteggiamento critico verso i cristiani, giudicandoli solo una
setta fondata da un "eretico", che aveva deviato dalle genuine
tradizioni di Israele.
25 Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio,
che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui.
Entra ora in scena Simeone (il suo nome significa "esaudimento") e
poi Anna. Entrambi sono anziani, simbolo di una lunga attesa giunta a termine.
Simeone era un uomo giusto e pio, obbediente alla volontà di Dio, fedele al
culto nel tempio, fiducioso nelle promesse di JHWH. Anch'egli è un povero di
JHWH, che attende "la consolazione di Israele". Egli non è un
sacerdote, si avvicina di più alla categoria dei profeti. E infatti in questi
versetti che lo riguardano viene più volte ricordato lo Spirito Santo. Luca ci
suggerisce così che la Legge e i profeti sono i riferimenti indispensabili per
accogliere Gesù e proclamare la sua messianicità.
26 Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la
morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Simeone non avrebbe visto la morte prima di aver visto il Cristo. Questa frase
sarà portata a compimento con il cantico di Simeone stesso: "i miei occhi
hanno visto la salvezza".
27 Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi
portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo,
Lo Spirito sta conducendo i passi di Simeone e della famiglia di Gesù. Essi si
incontrano nella parte esterna del tempio ( hieron, contrapposta a naos
la parte più interna riservata ai sacerdoti).
28 anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
L'anziano Simeone prende tra le sue braccia Gesù. Questo quadro rappresenta
l'incontro tra il vecchio e il giovane, tra l'antico e il nuovo Testamento: la
novità del Vangelo si trova radicata nell'Antico Testamento.
Simeone rivolge la sua lode a Dio per quando gli viene donato di vivere, ma al
tempo stesso questa lode diventa una rivelazione divina: lo Spirito permette
all'uomo di riconoscere la realtà messianica del bambino.
29 "Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace,
secondo la tua parola,
Questo cantico di Simeone che la Chiesa ci fa ripetere ogni sera a Compieta è
costruito a partire da passi dell'Antico Testamento, in particolare del Secondo
Isaia (Is 40-55). Si apre con una formula di congedo che ricorda sia la
liberazione ottenuta da parte di uno schiavo, sia l'ultimo saluto del pio
giudeo prima di morire; un andarsene in pace: la serenità di una morte vissuta
alla luce della pace messianica.
30 perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
Il bambino che Simeone tiene in braccio è la salvezza arrivata, salvezza che
anche Zaccaria ha celebrato nel suo cantico (Lc 1,69.71.77) con tutto ciò che
questo termine significa per Luca: liberazione, remissione dei peccati, pace).
31 preparata da te davanti a tutti i popoli:
Questa pace, questa salvezza ha una dimensione universale,
abbraccia tutti i popoli, tutti coloro che sono chiamati a formare il nuovo
Israele, il popolo di Dio.
32 luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele".
La salvezza si manifesta come luce: così era attesa da Zaccaria, stella
d'Oriente, chiamata a illuminare chi sta nelle tenebre (Lc 1,78ss). Ora questa
luce si estende sino ai confini della terra. Si realizza così la profezia
riguardante il servo di JHWH, chiamato ad essere luce delle nazioni.
Luca presenta così Gesù al centro della storia della salvezza, punto di arrivo
delle promesse e punto di partenza di una salvezza destinata ad estendersi a
tutte le nazioni chiamate a formare l'unico popolo di Dio.
33 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di
lui.
Anche Maria e Giuseppe, pur conoscendo la straordinarietà di quel loro bambino,
devono imparare a poco a poco ciò che lo riguarda. Quindi alle parole di
Simeone non possono che rimanere stupiti. Ogni bambino del resto è una novità,
porta in sé una promessa, un progetto che i suoi genitori possono solo conoscere
di giorno in giorno.
34 Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: "Ecco, egli è
qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di
contraddizione
Simeone benedice tutta la famiglia forse sul modello della benedizione di Isacco
a Giacobbe (Gn 27 e 48).
Poi però si rivolge a Maria. Ecco la prima nota negativa nel clima fino ad ora
sereno e gioioso degli oracoli messianici. Gesù sarà motivo di caduta e di
risurrezione per molti in Israele. Viene adombrato il destino di Gesù presso il
suo popolo. Egli sarà segno di contraddizione, la pietra di inciampo che
diverrà testata d'angolo. Il rifiuto di Israele provocherà la morte del Messia
e l'allontanamento di Israele dalla Chiesa.
35- e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i
pensieri di molti cuori".
Questa profezia riguardante Maria viene letta in previsione della presenza di
Maria stessa sotto la croce il giorno della morte di Gesù. Ma questa presenza
di Maria sotto la croce è ricordata solo da Giovanni, non da Luca e quindi va
letta in un'altra prospettiva. Maria viene associata al destino del figlio.
Ella condividerà in quanto madre l'ostilità che Gesù incontrerà nella sua vita.
Questa condivisione va intesa in senso teologico.
Davanti a Gesù e a Maria i pensieri ostili, cattivi (il termine greco dialogismos
ha sempre senso negativo nel NT), di molti (non tutto Israele è stato ostile
a Gesù) verranno a galla.
36 C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di
Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il
suo matrimonio,
Anche Anna, come Simeone appartiene ai poveri di JHWH che attendono con
desiderio la manifestazione del Messia. Anche i nomi che la riguardano sembrano
avere una valenza simbolica. Anna= colei che ha ricevuto grazia. Fanuele= volto
di Dio. Aser= fortunata. Aser era una piccola tribù dispersa nel nord della
Galilea. Sorprende la sua presenza in Gerusalemme. Anna è una profetessa, come
altre dell'Antico Testamento: Miriam, la sorella di Mosé e di Aronne, (Es
15,20), Debora (Gdc 4,4), Hulda (2Re 22,14), ma Anna è già segno dell'era
messianica nella quale il dono dello Spirito scenderà su tutto il popolo (At
2,17s; Gl 3,1). Luca aggiunge l'episodio di Anna per dare valore legale alla
testimonianza su Gesù, o forse per aggiungere una figura femminile accanto a quella
di Simeone.
37 era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si
allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e
preghiere.
Il numero 84, se riferito alla sua vedovanza, porterebbe la sua età a 104, gli
anni di Giuditta, il modello di tutte le vedove nell'AT. Se riferito alla sua
età potrebbe significare 12 x 7, cioè il numero delle tribù inteso nella loro
perfezione, cioè Israele nella sua pienezza. La sua vita tutta dedicata a Dio
ha il suo modello in Giuditta, ma raffigura anche l'ideale della vedova
cristiana (1Tm 5,3-16).
38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava
del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Illuminata dallo Spirito, anche Anna riconosce il Messia in quel bambino e
subito rivolge la buona notizia al gruppo ristretto di coloro che aspettano la
liberazione di Gerusalemme, cioè di Israele, gruppo al quale essa stessa, come
Simeone, appartiene.
39 Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero
ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Questa prima conclusione ricorda ancora come Maria e Giuseppe seguano la legge
di Mosè, una legge che attende il Messia. La famiglia ritorna nella regine
della Galilea, nella città di Nazaret.
Questa indicazione offre il quadro della futura attività di Gesù: egli inoltre
verrà conosciuto dalla tradizione come nazareno.
40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia
di Dio era su di lui.
Questa seconda conclusione pone Gesù in parallelo a Giovanni (del quale però è
detto che "cresceva nello Spirito", per Gesù questa indicazione è
forse superflua, perché concepito dallo Spirito?).
Luca introduce poi due elementi che caratterizzeranno il futuro comportamento
di Gesù in mezzo agli uomini:
- la sapienza, cioè l'intelligenza spirituale che mostrerà già dal brano
seguente. Era una delle caratteristiche del Messia atteso (cf. Is 11,2)
- la grazia di Dio, di cui anche Maria è stata ricolmata, e che susciterà lo
stupore della folla (cf. Lc 4,22).
Luca descrive così non tanto la crescita psicologica e fisica del bambino,
quanto la sua crescita interiore, sotto la benevolenza divina.
Meditatio
- Cosa significa per me, per la mia vita, seguire "la legge di Dio"?
- C'è una promessa che io ho sentito vera per la mia vita, di cui attendo la
realizzazione?
- Posso dire anche io di aver visto la "salvezza di Israele"?
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,14-29)
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era
diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per
questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri
ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne
parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in
prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva
sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la
moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere,
ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e
vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo
ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un
banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali
dell'esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa
Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla:
«Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi
cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e
disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di
Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta,
dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il
Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei
commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di
Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un
vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I
discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo
posero in un sepolcro. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Che cosa devo
chiedere?
Una parola ti salva, una parola ti uccide. Per una sola parola può cambiare
il corso della storia. Si fa un domanda, si dona una risposta di odio: viene
tagliata la testa a Giovanni il Battista. Questo evento deve insegnarci che
ognuno, prima di proferire una sola parola, deve pesarne tutti gli effetti
positivi e negativi e anche che dobbiamo essere capaci di ogni discernimento
prima di accogliere una parola dell'altro nel nostro cuore. Come la salvezza è
dalla parola, così anche la perdizione. Solo Dio potrà difenderci dalla lingua
malvagia. Questa è la verità rivelata nella Scrittura Santa.
Ecco, recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa, e sulla tua bocca fa'
porta e catenaccio. Metti sotto chiave l'argento e l'oro, ma per le tue parole
fa' bilancia e peso. Sta' attento a non scivolare a causa della lingua, per non
cadere di fronte a chi ti insidia (Sir 28,13-26).
Nella casa di Erode Dio non regna. Né regna nel cuore dei presenti. Stolto è il
re, stolti i commensali, stolta la figlia con la madre. L'unico in cui regna il
Signore è Giovanni il Battista. Non lo libera dalla lingua malvagia perché
vuole fare di lui un grande martire.
Oggi le parole vengono moltiplicate all'infinito attraverso una miriade di
casse di risonanza. Ognuno è responsabile non solo di ogni parola da lui
direttamente proferita, ma anche di ogni altra riferita, interpretata,
commentata, alterata, trasformata. Ognuno è obbligato a non dare spazio ad
interpretazioni errate della sua parola. Deve essere sempre puntuale nel dire,
nell'insegnare, nel dialogare. Tutti però siamo obbligati a operare un serio
discernimento in modo che ad ogni parola non vera detta dall'altro non venga
dato alcuno spazio perché possa entrare in altri cuori.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci persone dalla
parola vera.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,30-34)
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto
quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro:
«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano
infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di
mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li
videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li
precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché
erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
La Scrittura ci rivela che il riposo è vita per l'uomo. Il
Signore non ha creato una macchina a ciclo continuo, senza alcuna interruzione.
Ha fatto il giorno per il lavoro, la notte per il riposo. In più ha stabilito
che l'uomo lavori sei giorni, ma il settimo sia dedicato al riposo, con
l'obbligo di astenersi da ogni lavoro manuale che di solito viene effettuato
nei giorni di fatica. Al riposo sono anche obbligati gli animali di cui l'uomo
si serve come aiuto. Dio stesso creò l'universo distinguendo notte e giorno e
Lui stesso si riposò il settimo giorno.
Nella creazione l'uomo non è signore di nessuna cosa. Non è signore del suo
corpo, del suo spirito, della sua anima, dell'intera sua vita, del suo respiro.
Signore dell'uomo è Dio. Non è signore della terra, delle acque, dell'aria,
degli alberi, degli animali, di tutto ciò che è animato o inanimato. Signore è Dio.
Non è signore degli altri uomini, creati da Dio uguale a lui in dignità.
Signore, unico e solo Signore di tutto è Dio. Se l'uomo si appropria di se
stesso, del tempo, delle cose, degli animali, della terra, delle acque, lui
commette un furto contro il suo Dio. Facendosi signore diviene idolatra di sé.
Gesù è venuto per ricordare anche questa purissima verità. Solo Lui è Signore
del tempo, del sabato. Solo Lui può indicare modalità vere per vivere con
infinita saggezza la legge del Signore sul riposo. Oggi vede i suoi discepoli
stanchi, affaticati, perché la missione è stata per loro dura e li invita a
recarsi con Lui in un luogo segreto e lì riposare un po'. Le forze vanno
ricuperate, altrimenti il corpo crolla e non è in grado di fare bene ciò che è
suo obbligo fare. Quando non si dona al corpo ciò che è suo, il corpo mai dona
all'uomo ciò che l'uomo si attende da esso.
Oggi l'uomo ha sovvertito la legge divina sul riposo. Ha trasformato la notte
in giorno e il giorno in notte. Non riposa di notte e non lavora di giorno. Vi
è un disordine nella sua vita che va portato nella sua verità. Il corpo ha le
sue leggi. Non possono essere infrante impunemente. Tutto ciò che viene tolto
al corpo, esso se lo prende. Gli si toglie la notte, lui non lavora di giorno. Non
può lavorare. È stato privato di ciò che è suo. La Chiesa non può stare passiva
dinanzi ai disordini che l'uomo continuamente crea nella legge del Signore.
Come oggi è anche grande disordine usare il sabato per se stessi e non invece
consacrarlo al Signore, secondo quanto è stabilito dalla legge santa. Ogni
disordine nella creazione è il frutto dell'idolatria dilagante che sta
fagocitando la fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti a Dio
in tutto.