IL VANGELO DEL GIORNO XIII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
IL VANGELO DEL GIORNO XIII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
XIII DOMENICA DEL
TEMPO ORDINARIO ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,37-42)
Chi ama padre o madre più di me
non è degno di me.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,37-42)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o
figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi
segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la
propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha
mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e
chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi
piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua
ricompensa». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Non si sa quale esigenza irrita di più ascoltando questo
Vangelo: se l'abbandono totale dei legami familiari o il grado di amore chiesto
dal Signore. Le parole di Gesù ci provocano fino allo scandalo. Il Signore non
ci appare sotto un'altra luce agli occhi della nostra anima? Noi sappiamo che
egli è comprensivo, sensibile e dolce. E soprattutto, speriamo che egli
alleggerirà il fardello della nostra vita. Sorpresi, persino spaventati,
indietreggiamo interiormente, e cerchiamo - sentendoci più minacciati che
conquistati da questo Vangelo - di difenderci con la fuga.
Certo, il nostro cammino di fede ci ha fatto scoprire il Signore come il buon
Pastore, che "ad acque tranquille ci conduce" (Sal 24,2). Come un Padre, la cui
"grazia è nel cielo e la cui fedeltà fino alle nubi" (Sal 37,6). Soltanto una
cecità spirituale ci impedirebbe di vedere il minimo segno dell'amore di Dio
nella nostra vita: nella sicurezza familiare, nella salute del corpo e
dell'anima, nella consolazione interiore di fronte ai colpi del destino e negli
inattesi avvenimenti felici di ogni giorno. È per questo che cerchiamo la
presenza del Signore e ci mettiamo al suo seguito.
Ma egli ci fa resistenza quando vogliamo mescolare i nostri interessi personali
con la nostra relazione di amicizia. Quando separiamo i doni ricevuti da Colui
che ce li dona, per costruire un piccolo mondo egoista alle sue spalle. Noi
siamo allora vittime di una illusione, poiché la salvezza e il pieno compimento
si trovano soltanto in lui. Perciò egli si erge contro l'egoismo tinto di
religiosità, e vuole difenderci dagli inganni e dagli errori. Le sue esigenze,
così irritanti, mirano al nostro sommo bene: egli vorrebbe rimanere il
fondamento del nostro essere e delle nostre aspirazioni. Colui la cui vita è
interamente centrata in Cristo manifesta anche la presenza di Cristo in mezzo
ai suoi fratelli. E ciò che vale per il Signore vale anche per l'inviato:
accogliere il forestiero, dissetare colui che ha sete, il rispetto
dell'apostolo verso il messaggero. Costui ha una famiglia tra i fratelli e le
sorelle in Cristo (cf. Mt 12,50).
IL VANGELO DEL GIORNO XIII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Lunedì della XIII
settimana del Tempo Ordinario Anno A
San Tommaso
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 20,24-29)
Se non vedo
io non credo.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 20,24-29)
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.
Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse
loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito
nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche
Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!».
Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua
mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli
rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai
veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Parola
del Signore.
RIFLESSIONI
Vorrei raccontarvi una storia. Parla di un ragazzo. Aveva
una decina di anni e non sapeva ancora cosa volesse dire essere malato. Sulla
strada aveva improvvisamente notato qualcosa che non andava. Sentiva un dolore
acuto, aveva freddo e non sapeva cosa fare. Al dolore si aggiungeva il fatto
che nessuno si occupava di lui, che nessuno lo notava. Le persone passavano
senza prestargli attenzione. Finì col rientrare a casa. Tremava, e sperava che
qualcuno lo sentisse. In quel momento arrivò sua madre e se ne accorse. Gli
disse: "Non stai bene. Sei malato". E nello stesso istante, il peggio passò. Il
ragazzo pensò: "Qualcuno sa e vede come sto". Certamente è avvenuta la stessa
cosa per i discepoli quando improvvisamente è apparso Gesù in mezzo a loro e
hanno detto: "Vedete, sono io". Nell'istante stesso in cui si è mostrato a
loro, la loro paura si è trasformata. Capisco che Tommaso si sia mostrato tanto
riluttante quando gli hanno detto: "Abbiamo visto il Signore". Probabilmente
non era così poco credente come sembra a prima vista. Forse aveva vagato per la
strada senza sapere cosa fare, con una grande tristezza in fondo al cuore a
causa degli avvenimenti recenti. Ed ecco che gli altri gli dicono: "Abbiamo
visto il Signore e mangiato con lui". Sentiamo che Tommaso vorrebbe vedere di
persona cose ancora più grandi. Gesù avvicina Tommaso con molta tenerezza.
Tommaso può mettere la mano sulle sue ferite. Potrebbe capitare anche a noi,
che abbiamo tutti un Tommaso in noi. Perché non siamo forse Tommaso quando
diciamo: "Se non vediamo, non crediamo"?
Gesù dice a Tommaso: "Vieni, puoi toccarmi". E poiché Gesù è così vicino a
Tommaso e gli manifesta una tale tenerezza, egli non può che gridare,
sconvolto: "Mio Signore e mio Dio!".
Se capitasse a qualcuno tra noi di sentire il tenero amore e la presenza di
Gesù, allora anche noi potremmo incontrarlo. Georg
Lokay
IL VANGELO DEL GIORNO XIII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Martedì della XIII
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 8,23-27)
Salvaci, Signore,
siamo perduti!
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 8,23-27)
In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco,
avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle
onde; ma egli dormiva.
Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo
perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi
si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia.
Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il
mare gli obbediscono?». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Due lezioni complementari ci vengono offerte dalle letture
bibliche. Da una parte siamo invitati ad ammirare la premura di Dio per salvare
Lot, per preservarlo dalla catastrofe che doveva inghiottire Sodoma e Gomorra;
dall'altro lato sentiamo, nel Vangelo, l'invito di Gesù alla fede quando i
pericoli ci minacciano.
La premura di Dio per salvare Lot è veramente impressionante, e il testo ci
insiste molto: "Gli Angeli fecero premura a Lot dicendo: Su, prendi tua
moglie e le tue figlie che hai qui ed esci per non essere travolto nel castigo
della città". Lot non aveva premura, indugiava, voleva restare nella sua
abitazione, nel suo ambiente abituale, voleva aspettare che il pericolo fosse
veramente imminente; ma gli Angeli lo prendono per mano, lo fanno uscire, lo
conducono fuori della città. E poi insistono ancora: "Fuggi, per la tua
vita. Non guardare indietro, non fermarti dentro la valle, fuggi per non essere
travolto". E Lot indugia di nuovo, chiede di non dover andare troppo
lontano.
Il Signore ha premura di salvarci. E noi siamo spesso reticenti, svogliati, non
ci rendiamo conto dei pericoli; vogliamo rimanere nelle nostre abitudini, siamo
attaccati ai nostri beni, alle circostanze ordinarie della nostra vita. Dio ci
invita a prendere vie sicure, oneste e noi preferiamo sentieri oscuri, ambigui,
non vogliamo rinunciare risolutamente alle situazioni pericolose. Dio è
perseverante e insiste. Siamo fortunati ad avere un Padre così premuroso, che
vede i pericoli molto meglio di noi e che ci invita ad ascoltarlo, ad andare
avanti, per trovare la pienezza della vita.
Nel Vangelo la situazione è diversa. Gli Apostoli sono in mare, sulla barca con
Gesù. "Ed ecco scatenarsi dice il Vangelo una tempesta violenta". Per
chi si trova su una barca quando viene una tempesta non ci sono alternative:
bisogna affrontare il pericolo, non è possibile fuggire. E soltanto possibile
la preghiera; e gli Apostoli ricorrono alla preghiera. Gesù dormiva.
accostatosi a lui, lo svegliarono dicendo: "Salvaci, Signore, siamo
perduti"". E Gesù, "levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece
una grande bonaccia".
Però Gesù fa un rimprovero agli Apostoli. La loro preghiera non era animata da
una grande fede, ma piuttosto da una grande paura. "Perché avete paura -
dice Gesù - uomini di poca fede?".
Se ci siamo imbarcati con Gesù, non dobbiamo aver paura: non abbiamo niente da
temere. L'importante è proprio essere imbarcati con Gesù anche se lui sembra
dormire, se è presente siamo sicuri. Questo non vuoi dire che avremo una
esistenza tranquilla, al riparo da ogni sofferenza, da ogni prova; ma vuol dire
che siamo sicuri dell'aiuto del Signore e della vittoria finale.
IL VANGELO DEL GIORNO XIII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Mercoledì della XIII
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 8,28-34)
Che vuoi da noi, Figlio di Dio?
Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 8,28-34)
In quel tempo, giunto Gesù all'altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati,
uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nessuno
poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi da
noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?».
A qualche distanza da loro c'era una numerosa mandria di porci al pascolo; e i
demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei
porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci:
ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle
acque.
I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa e
anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù:
quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio. Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
Siamo vicini al Salvatore e non lo vediamo. Anzi, facciamo sovente come la gente di Gadara dopo la guarigione dei due indemoniati. "Tutta la città uscì allora incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio". Loro lo hanno visto, ma con occhi carnali, resi ciechi dall'egoismo. Non hanno visto in lui il liberatore potente contro il demonio, ma colui che aveva causato la perdita della mandria di porci e non capiscono che stanno allontanando da sé la salvezza.
Lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio
Gesù viene in territorio pagano. Libera un uomo da una legione di spiriti
immondi. Questa guarigione ha un prezzo: costa a quella regione una mandria di
porci, annegati nel lago. Tutta la città viene, vede, prega Gesù che lasci il
loro territorio. Perché un così grande Benefattore viene invitato ad
allontanarsi, a ritornare nel suo paese? La risposta riguarda gli uomini di
quella città, ma anche di ogni città di questo mondo.
Il vero Dio, il vero Cristo obbligano a porre l'uomo al centro della vita.
Tutto deve essere vissuto per il bene dell'uomo, di ogni uomo, tutto deve
essere sacrificato al suo vero bene. Con il vero Dio avviene una mutazione
sostanziale degli interessi. L'economia, ritenuta dall'uomo, unico interesse
vero deve divenire interesse falso. L'uomo, ritenuto interesse falso e
sacrificato all'economia, deve divenire il solo interesse vero dell'uomo.
Sarebbe sufficiente dare verità agli interessi veri e falsità agli interessi
falsi, per capovolgere l'ordine sociale, politico, economico della nostra
terra.
Distruggere una piantagione di papaveri da oppio o di coca per dare vita ad un
solo uomo, sovverte l'economia del mondo. Poiché è il guadagno il fine
dell'uomo, ad esso si sacrifica l'intera umanità. Distruggere intere
generazioni di uomini o distruggere una piantagione destinata alla fabbrica
della droga si sceglie la morte dell'uomo. Poiché tutto il mondo sotto il
peccato funziona così, per Cristo non c'è posto sulla nostra terra. Lui per la
salvezza di un solo uomo "distrugge lo stesso Dio". Lui, Dio, vero
Dio, si lascia distruggere sulla croce, annientare, calpestare per dare vita
all'uomo. Lui veramente sa come si invertono i valori. I valori veri vengono
innalzati, i valori falsi vengono annullati, cancellati. Poiché l'uomo vive di
valori falsi, per Cristo il solo portatore di valori veri, non c'è posto nel
nostro territorio.
Questi abitanti invitano Gesù a ritornare nel suo paese. Ma neanche nel suo
paese c'è posto per Lui. Qui la sua condizione è ancora più grave, perché i
suoi compaesani decidono di toglierlo di mezzo. Tra la sua vita che porta
verità e ogni altra vita creatrice di sola falsità, si sceglie di uccidere la
vita vera per dare vita falsa ad ogni falsa vita.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che
cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così,
tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e
la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno,
disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per
voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione
intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote
quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto
per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.
Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo (Gv 11,47-53).
La stessa violenza è fatta oggi a Cristo Signore. Il mondo è avvolto da una
grande, universale falsità. Ad esso basta solo la visione di Cristo Crocifisso
per metterlo in crisi. Poiché ama rimanere nella falsità, sta decretando anche
per legge, la non esposizione di Gesù in ogni luogo dove vi è un uomo falso. Si
decreta l'oscuramento della divina verità dell'uomo, perché la falsità neanche
venga messa in crisi. È la nostra civiltà!
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci ad amare Cristo
Gesù.
IL VANGELO DEL GIORNO XIII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Giovedì della XIII
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,1-8)
Àlzati - disse allora al paralitico
prendi il tuo letto e va' a casa tua.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,1-8)
In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all'altra riva e giunse nella
sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù,
vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati
i peccati».
Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i
loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa
infatti è più facile: dire "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati e
cammina"? Ma, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra
di perdonare i peccati: Àlzati - disse allora al paralitico -, prendi il tuo
letto e va' a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.
Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che
aveva dato un tale potere agli uomini. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa
infatti è più facile: dire "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire
"Àlzati e cammina"?Mt 9, 5
Come vivere questa Parola?I segni apparenti del benessere (salute, soldi, considerazione sociale)
potrebbero essere niente, di nessun valore se paragonati allo stato di grazia,
alla condizione di effettiva sintonia con Dio. Le parole e i gesti di Gesù
riportati qui da Matteo sono eloquenti. Più facile restituire benessere,
guarire il corpo o l'anima? E chi può farlo?Tante opere belle hanno come finalità quella di riscattare le persone dalla
miseria, dalla malattia, dalla scarsa dignità e dalla mancanza di diritti. Sono
azioni che vanno sostenute, vanno costruite quando mancano, ma potrebbero non
essere tutto. Alle persone va data la possibilità di ricostruirsi "dentro".
Senza falsità, in sincerità di cuore. Le persone hanno diritto di riconoscere
il loro peccato, la loro mancanza e poi sentire la proprio umanità redenta,
trasformata, sanata. Anche le mancanze, le ingiustizie subite, non solo quelle
agite, si curano allo stesso modo. La grazia di Dio è il suo amore, la sua
presenza attiva nella vita, nei pensieri, nel corpo delle persone. La presenza
di Dio si trasmette con i sacramenti, con la sua parola annunciata, con la
condivisione amorevole con chi presta occhi, orecchi, mani, piedi a Cristo
stesso.
Signore, che la nostra persona non sia mai giudizio per gli altri, ma
misericordia, in nome Tuo.
Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi.
Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi
sentieri.
Cristo non ha labbra, ha soltanto le nostre labbra per narrare di sé agli
uomini di oggi.
Cristo non ha mezzi, ha soltanto il nostro aiuto per condurre a sé gli uomini.
Noi siamo l'unica Bibbia che i popoli leggono ancora,
siamo l'ultimo messaggio
di Dio scritto in opere e parole.
E se il testo risultasse falsificato e non
potesse essere letto?
Se le nostre mani fossero occupate con altre cose e non le sue?
Se i nostri piedi andassero altrove là dove li attira il peccato?
Se le nostre labbra dicessero parole che egli rifiuterebbe?
Pensiamo forse di poterlo servire senza seguirlo?
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Venerdì della XIII
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,9-13)
Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti,
ma i peccatori.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,9-13)
In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle
imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori
e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i
farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme
ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i
malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: "Misericordia io voglio e non
sacrifici". Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». Parola
del Signore.
RIFLESSIONI
Oggi in modo particolare risplende nel Vangelo l'amore di
Gesù per i peccatori. Egli chiama a seguirlo un uomo che proviene dalla cerchia
dei pubblicani, odiati e disprezzati come asserviti ai pagani dominatori. E già
uno scandalo per i farisei, che considerano inderogabile, se si vuol essere
"giusti", la separazione dei peccatori. Ma lo scandalo giunge al
colmo quando Gesù non lo allontana dai compagni della sua risma, anzi si mette
a tavola a casa sua, in un banchetto che vede riuniti, con Gesù e i suoi
discepoli, "molti pubblicani e peccatori". "Perché domandano ai
suoi discepoli il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai
peccatori?". Ma la risposta di Gesù è decisa: "Non sono i sani che
hanno bisogno del medico, ma i malati... Non sono venuto a chiamare i giusti ma
i peccatori".
Bisogna mettersi tra i peccatori, per ottenere misericordia. Su questo punto ci
può essere una deviazione nella devozione al sacro cuore, cioè la possibilità
di una riparazione che diventa farisaica: "Noi santi, noi giusti ripariamo
per i peccatori!". No. Riparare vuol dire mettersi tra i peccatori, in
mezzo a loro da peccatori quali siamo, e pregare per noi e per gli altri per ottenere
perdono e salvezza, che è sempre un dono gratuito. Chi si fa forte della
propria presunta giutizia, si chiude alla misericordia di Dio.
IL VANGELO DEL GIORNO XIII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Sabato della XIII
settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,14-17)
vino nuovo
in otri nuovi.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 9,14-17)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
I discepoli di Giovanni narra il brano evangelico si
scandalizzano perché i discepoli di Gesù non digiunano; dobbiamo abbandonare il
nostro modo di pensare e capire che il dono di Dio è una cosa veramente nuova,
gratuita, sconcertante. E una lezione che Gesù ha ripetuto parecchie volte. Non
ci sono diritti umani, non ci sono regole per la grazia divina. Dio è libero, è
generoso, e noi dobbiamo accettare questa generosità stupenda e sconcertante,
che si diverte, per così dire, a fare ciò che nessuno si aspetta. Veramente
"ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili, ha ricolmato
di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote": chi pensava di
aver diritto alla grazia divina non l'ha ricevuta, mentre essa si è riversata
su chi non accampava diritto alcuno. Dobbiamo proprio abbandonare le nostre
categorie mentali di meriti, di diritti, per aprirci in semplicità e umiltà
alla novità della grazia. E un lavoro sempre da ricominciare, perché sempre
ricadiamo nella piccola logica della nostra mente: siamo fedeli, quindi
meritiamo la grazia, Dio deve darci qualche cosa. Dio invece non si lascia
imprigionare nella logica umana. Gli operai dell'ultima ora, nella parabola
narrata da Gesù, sono pagati per primi e ricevono quanto gli altri, che hanno
sopportato la fatica e il caldo di tutta la giornata. E uno scandalo. Ma il
padrone della vigna non si scompone: "Forse non posso fare del mio quello
che voglio?". Abituiamoci a questo modo di agire di Dio e siamo contenti
della fantasia divina, che dà molto a quelli che non lo meritano, ai peccatori,
che preferisce i piccoli. I grandi devono umiliarsi: allora anche loro
riceveranno molto, non per i loro meriti, ma perché si sono messi al livello
dei piccoli. E una lezione importante, che viene sottolineata anche da san
Paolo quando scrive che Dio è libero nei suoi doni: ha scelto ciò che non è,
cioè gli umili, i poveri, i deboli e a loro ha dato la sua forza, la sua
grazia, il suo amore.
La nostra anima deve essere libera, gioiosa, quasi danzare nella libertà, e non
rinchiudersi nella grettezza dei calcoli umani. Così testimoniamo la gioia dei
figli di Dio, per l'inedita generosità del Padre celeste.