IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO IV DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Della bontà del Signore è piena la terra; la sua parola ha creato i cieli. Alleluia. (Sal 33,5-6)
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,1-10)
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel
recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un
brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue
pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte
le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono
la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui,
perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava
loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la
porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e
briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra
attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto
perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza». Parola del Signore.
Non ci è dato di incontrare Dio in modo immediato. Non possiamo stabilire noi il modo in cui comunicare con lui.
Dio si rivela e si dona a noi attraverso il Cristo che vive nella Chiesa. Raggiungiamo la comunione con lui mediante la strumentalità della Chiesa in cui è presente e opera Cristo.
Gesù non è soltanto il Mediatore del disvelarsi e dell'offrirsi di Dio a noi. È la realtà stessa del Verbo divino che ci raggiunge, ci illumina con la fede, ci trasforma con la grazia, ci guida con la sua parola, i suoi sacramenti e la sua autorità.
Egli è la "porta" e il "Pastore" che "cammina innanzi" alle pecore.
Gesù, come Buon Pastore, ci conosce per nome, ci ama e per noi offre la propria vita in una dilezione che si spinge sino alla fine.
Noi credenti siamo chiamati ad "ascoltare la sua voce" e a "seguirlo" senza porre condizioni.
Egli ci reca al "pascolo". È la croce, dopo la quale, però, giunge la gioia senza limiti e senza fine: una gioia che ha le sue anticipazioni anche nell'esistenza terrena.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,11-18)
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la
propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le
pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e
il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa
delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,
così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le
pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io
devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo
pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di
nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il
potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre
mio». Parola del Signore.
Uno dei salmi più belli, scritto con estrema raffinatezza formale, è quello che enumera le virtù del Buon Pastore. È una poesia "universale", che parla a tutti: consola gli afflitti nella loro disperazione, e incoraggia le persone sole nel loro isolamento.
Il Vangelo suggerisce che il Buon Pastore è raro. La sua vocazione è pericolosa. La sicurezza delle pecore è la sua sola preoccupazione ed egli darà la vita per salvarle. Ciò ridefinisce il ruolo di ogni guida: a questa prova molti risultano incapaci.
Il nostro secolo è il secolo del "cattivo pastore": conserviamo ancora le pietre carbonizzate dei campi in cui milioni di uomini furono asfissiati.
Cristo parla sempre del suo ruolo di pastore: non è venuto per essere servito, non è venuto per trattare le persone con arroganza; è venuto per salvare le sue pecorelle e, se è necessario, per morire per loro.
Io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,22-30)
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era
inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei
gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza?
Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel
nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché
non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le
conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in
eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date,
è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il
Padre siamo una cosa sola». Parola del Signore.
Le parole e le azioni di Cristo non arrivano a farlo conoscere come Messia: manca un elemento essenziale, cioè la fede. Questa risposta è riservata a chi appartiene al Buon Pastore. Egli conosce le sue pecore ed esse conoscono lui. I Giudei possono servirsi della persuasione o della persecuzione, ma non attireranno a sé i discepoli del Signore. Qual è il fondamento di questa certezza? È molto semplice: il Padre. Egli è più grande di tutti. L'espressione di Cristo "io e il Padre" indica un'unica persona. Agli occhi dei Giudei, un'affermazione del genere è una bestemmia, mentre per i discepoli riassume tutto l'insegnamento di Gesù.
Tale affermazione è apportatrice di conflitto: i Giudei devono annientare Gesù e disperderne i discepoli. La questione è grave. Gesù è davvero il Figlio di Dio? I Giudei l'accusano di proclamarsi Dio. La verità è però un'altra. La verità è che in Gesù, Dio si fa uomo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 12,44-50)
In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che
mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel
mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché
non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che
ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me
stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare
e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose
dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me». Parola del
Signore.
Il nome di "Dio", avendo perso il significato di un nome preciso, è diventato come un attributo, come nelle espressioni del tipo: "Il denaro è il suo dio". Così, per alcuni, "Dio" è un nome freddo, che non esprime né genera alcun sentimento o affetto.
Diverso è il concetto di paternità. Esso implica l'idea di figli e di figlie, suggerendo amore e tenerezza. Questa verità è la chiave che apre molte porte, la luce che mette allo scoperto ciò che è santo e nascosto.
Cristo trasmette la luce ad un mondo avvolto nelle tenebre. Certo, Cristo rispetta la legge, ma la ritiene incompleta. Suo compito è di renderla completa, non solo tramite ciò che dice, ma anche tramite ciò che fa.
Egli realizza la verità. In generale si concepisce la verità come una formula astratta; con Cristo, invece, la verità si fa persona. Egli non porta la verità: è la verità. La verità, dunque, è una persona, non una proposizione. Rivelando la verità, Cristo rivela il Padre. Vedere Cristo significa vedere il Padre, rifiutarlo significa condannare se stessi.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 13,16-20)
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né
un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati
se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la
Scrittura: "Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo
calcagno". Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà
avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie
me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». Parola del Signore.
"Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica". Lavare i piedi ai poveri è una metafora cristiana che va contro tutte le regole del buon senso. La saggezza del mondo fa suo un altro discorso. Per lui il potere risiede nella dominazione. Esso disprezza i deboli, i vulnerabili, gli esclusi. La felicità risiede nella triade empia del potere, del prestigio e del possesso.
È un'idolatria seducente. Forse anche Giuda fu attirato da questa dottrina quando decise di vendere il proprio Signore per denaro, negando così la sua formula per raggiungere la felicità. Questo è il peccato, il peccato più brutale. Esso avrebbe spaventato i discepoli! Per questo Cristo l'aveva predetto, per mitigare lo choc e, insieme, per dare prova di essere colui che era stato mandato. Perché questa è la sua prima preoccupazione.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,1-6)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi
sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"?
Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò
con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado,
conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la
via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al
Padre se non per mezzo di me». Parola del Signore.
Tommaso chiede: "Come possiamo conoscere la via?". Cristo risponde: "Io sono la via". Cristo definisce così il suo ruolo, e noi apprendiamo che Cristo non viene per se stesso, ma per noi. La sua casa è la nostra casa, suo Padre è nostro Padre. Come è semplice e quasi infantile la dottrina del cristianesimo! Noi non camminiamo da soli, non camminiamo senza guida. Cristo ha due mani: l'una per indicarci la via, l'altra per sostenerci lungo la via. È tutto ciò di cui ha bisogno il pellegrino: la Via, la Verità e la Vita.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,7-14)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me,
conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto,
Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il
Padre"? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi
dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue
opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro,
credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere
che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E
qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia
glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
Parola del Signore.
La verità è una persona, non una proposizione. Tutto il mondo cerca la verità, ma nei posti sbagliati, accontentandosi di qualche "ismo" o di qualche ideologia. Tutti gli "ismi", però, passano presto di moda, come un temporale d'estate.
Cercando la verità, noi cerchiamo la persona vera, cerchiamo il Padre e il Cristo che ne è la manifestazione concreta. Non si tratta di verità del Padre che il Figlio deve imparare per poi trasmettere. Cristo è la verità in se stesso.
Ciò andava al di là dell'intelligenza degli apostoli. Filippo esprime la loro inquietudine con una richiesta precisa: "Signore, mostraci il Padre e basta". Gli apostoli non riescono ad afferrare l'identità del Figlio e del Padre. Hanno appena saputo che stanno per lasciare Cristo e non sanno che andare presso il Padre significa restare con Gesù e rimanere sempre presso di lui nella terra promessa.