TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,11-18)
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la
propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le
pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e
il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa
delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,
così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le
pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io
devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo
pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di
nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il
potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre
mio». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù è il dono del Padre.
Chi è veramente Gesù?
Niente come l'antitesi tra il Buon Pastore e il mercenario ce lo fa capire.
In cosa si differenziano radicalmente le due figure?
Non certo per il ruolo che, all'apparenza, sembra il medesimo. Li oppone e li
divide la natura intima del rapporto con le pecore: la non appartenenza per il
mercenario e l'appartenenza per il pastore. Se le pecore non ti appartengono te
ne vai quando arriva il lupo e le lasci alla sua mercé.
Se sei un mercenario non t'importa delle pecore e non ti importa perché non le
conosci. Non le conosci "per esperienza", non le conosci per amore: esse non
sono tue.
E da che cosa si vede se sono tue? Che dai la vita per loro. Gesù dà la vita
per noi. È lui che ce la dà, tiene a precisare, nessuno gliela toglie. Lui,
solo lui, ha il potere di offrire la sua vita e di riprenderla di nuovo. In
questo sta la sua autorevolezza, nel potere dell'impotenza, a cui Dio nella
morte si è volontariamente esposto.
Gli uomini possono seguire Gesù solo in forza di questa sua autorevolezza. Per
essa ne conoscono la voce, subiscono il fascino della sua Presenza, si
dispongono alla sequela. Solo nel vivere questa appartenenza il cristiano
diventa a sua volta autorevole, cioè capace di incontrare l'altro, di amarlo e
di dar la sua vita per lui. L'appartenenza fa essere eco fragile e tenace della
sua Presenza e suscita la nostalgia di poterlo incontrare.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,1-10)
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel
recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un
brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue
pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte
le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono
la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui,
perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava
loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la
porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e
briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra
attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto
perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
"Le pecore affamate alzano la testa e
non vengono nutrite". Questa è la critica di Milton ai pastori del suo tempo.
Uno dei salmi più belli, scritto con estrema raffinatezza formale, è quello che
enumera le virtù del Buon Pastore. È una poesia "universale", che parla a
tutti: consola gli afflitti nella loro disperazione, e incoraggia le persone
sole nel loro isolamento.
Il Vangelo suggerisce che il Buon Pastore è raro. La sua vocazione è
pericolosa. La sicurezza delle pecore è la sua sola preoccupazione ed egli darà
la vita per salvarle. Ciò ridefinisce il ruolo di ogni guida: a questa prova
molti risultano incapaci.
Conserviamo ancora le pietre carbonizzate dei campi in cui milioni di uomini
furono asfissiati.
Cristo parla sempre del suo ruolo di pastore: non è venuto per essere servito,
non è venuto per trattare le persone con arroganza; è venuto per salvare le sue
pecorelle e, se è necessario, per morire per loro.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,22-30)
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era
inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei
gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza?
Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel
nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché
non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le
conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in
eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date,
è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il
Padre siamo una cosa sola». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Segno che contraddistingue il pastore è il richiamo. L'impostore può tentare di
imitarlo, ma le pecore non si lasciano ingannare. È il richiamo del vero
Pastore che provoca la loro reazione in risposta. Esse sentono, seguono e hanno
fiducia.
Le parole e le azioni di Cristo non arrivano a farlo conoscere come Messia:
manca un elemento essenziale, cioè la fede. Questa risposta è riservata a chi
appartiene al Buon Pastore. Egli conosce le sue pecore ed esse conoscono lui. I
Giudei possono servirsi della persuasione o della persecuzione, ma non
attireranno a sé i discepoli del Signore. Qual è il fondamento di questa
certezza? È molto semplice: il Padre. Egli è più grande di tutti. L'espressione
di Cristo "io e il Padre" indica un'unica persona. Agli occhi dei Giudei,
un'affermazione del genere è una bestemmia, mentre per i discepoli riassume
tutto l'insegnamento di Gesù.
Tale affermazione è apportatrice di conflitto: i Giudei devono annientare Gesù
e disperderne i discepoli. La questione è grave. Gesù è davvero il Figlio di
Dio? I Giudei l'accusano di proclamarsi Dio. La verità è però un'altra. La
verità è che in Gesù, Dio si fa uomo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 12,44-50)
In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che
mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel
mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché
non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che
ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me
stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare
e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose
dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me». Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
Cominciando il suo ministero, Cristo, tralasciando il nome di "Dio", introduce
quello di "Padre". Il concetto di Dio Padre è dominante nel cristianesimo, ed è
Cristo a chiarire questa realtà di Dio come Padre.
Il nome di "Dio", avendo perso il significato di un nome preciso, è diventato
come un attributo, come nelle espressioni del tipo: "Il denaro è il suo dio".
Così, per alcuni, "Dio" è un nome freddo, che non esprime né genera alcun sentimento
o affetto.
Diverso è il concetto di paternità. Esso implica l'idea di figli e di figlie,
suggerendo amore e tenerezza. Questa verità è la chiave che apre molte porte,
la luce che mette allo scoperto ciò che è santo e nascosto.
Cristo trasmette la luce ad un mondo avvolto nelle tenebre. Certo, Cristo
rispetta la legge, ma la ritiene incompleta. Suo compito è di renderla
completa, non solo tramite ciò che dice, ma anche tramite ciò che fa.
Egli realizza la verità. In generale si concepisce la verità come una formula
astratta; con Cristo, invece, la verità si fa persona. Egli non porta la
verità: è la verità. La verità, dunque, è una persona, non una proposizione.
Rivelando la verità, Cristo rivela il Padre. Vedere Cristo significa vedere il
Padre, rifiutarlo significa condannare se stessi.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 16,15-20)
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il
mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato
sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che
accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno
lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non
recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla
destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva
insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Il passo di Marco appartiene a quello che si chiama "il luogo finale di Marco"
che contiene il racconto delle apparizioni e l'ordine missionario dato ai
Dodici (Mc 16,14) e con loro alla Chiesa intera (Mt 28,18-20). Il nostro testo
comincia con il testamento del Signore. Le prime parole sono un comandamento ed
un invio: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura".
La Chiesa deve predicare, cioè la sua missione evangelizzatrice è un
comandamento del Signore risorto. I destinatari sono tutti gli uomini che
esistono al mondo: "ogni creatura". Ciò indica che tutti gli uomini hanno il
bisogno e il compito di ascoltare il vangelo della salvezza. Il contenuto,
l'oggetto della predica, è il Vangelo, il lieto messaggio della salvezza
attraverso Gesù Cristo, la sua persona e la sua opera. Questo annuncio è
chiamato predica, cioè essa è solenne e pubblica, fatta con coraggio e fiducia
nel nome di Dio salvatore. Il testo continua insistendo sulla trascendenza
dell'annuncio e della sua accoglienza: "Chi crederà e sarà battezzato sarà
salvo, ma chi non crederà sarà condannato" (Mc 16,16). Ci troviamo così davanti
alle parole più importanti nella vita dell'uomo: salvezza e condanna. La fede e
il battesimo sono le parole della vita; l'incredulità è la porta della condanna
(cf. Gv 3,14-21).
Vengono poi enumerati una serie di segni miracolosi che daranno credito agli
inviati: scacciare gli spiriti maligni, dono delle lingue, immunità contro i
morsi dei serpenti e contro i veleni, e infine il dono della guarigione. Tutti
questi sono fenomeni carismatici che accompagnano il cammino della Chiesa lungo
la storia.
Il testo termina con la proclamazione dell'Ascensione di Gesù e il suo
stabilirsi alla destra di Dio (Mc 16,19) e con una breve indicazione sulla
realizzazione del comando della missione degli apostoli, che portano il vangelo
dappertutto con l'aiuto del Signore (cf. Mt 28,20). Molti segni li accompagnano
(Mc 16,20). La Chiesa missionaria è in cammino, il comandamento è indirizzato a
tutti.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,1-6)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi
sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"?
Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò
con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado,
conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Parola del Signore.)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi
sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"?
Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò
con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado,
conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la
via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al
Padre se non per mezzo di me». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Sorprende la domanda di Tommaso dopo avere ascoltato per tre anni gli
insegnamenti di Gesù: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere
la via?". Una domanda che trova sicuramente comprensione per la sua mancata
assimilazione della nuova dottrina rivelata dal Signore.
Anche Tommaso, o forse soprattutto Tommaso, non poteva in così poco tempo
comprendere la rivelazione del Messia, già era tanto averlo accolto, seguito, e
avere obbedito alle sue parole. Di più non riusciva a fare, anche per la poca
disponibilità a mettersi in discussione e a lasciarsi prendere dalla Parola
rivelata dal Figlio di Dio.
Lui aveva bisogno di tempo per elaborare tutto quello che era avvenuto in quei
tre anni più intensi della sua e della vita degli Apostoli.
Però ognuno di noi è aiutato da duemila anni di storia del Cristianesimo e può
conoscere le meraviglie compiute da Gesù, raccontate da milioni di scrittori e
di omelie che i grandi Santi predicavano nelle piazze affollate e nelle Chiese.
Omelie raccolte e negli ultimi secoli pubblicate per la nostra formazione e
anche gioia.
Solo Tommaso pone questa domanda che lascia Gesù amareggiato, forse anche nei
cuori degli altri dieci c'era l'incertezza del luogo e di come ricongiungersi
dopo avere ascoltato queste parole: "Quando sarò andato e vi avrò preparato un
posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono Io siate anche
voi. E del luogo dove Io vado, conoscete la via".
Se escludiamo Giuda a cui non importava più nulla del Figlio di Dio perché
aveva preparato un suo piano solitario che lo porterà all'impiccagione, gli
altri undici sono più o meno sorpresi, però tutti tranne Tommaso si fidano del
Signore e la sua Parola è già sufficiente.
Il dubbio manifestato da Tommaso è grave ma Gesù lo perdona, però nella prima
apparizione agli Apostoli mancherà proprio Tommaso, considerato da Gesù ancora
non degno di vederlo insieme agli altri. Dovrà compiere sforzi personali, dovrà
riflettere sulle parole degli altri, pieni di gioia per la conferma arrivata
dalla visione del Maestro.
Non è grave se un dubbio sulla Parola di Dio arriva alla mente, lo è quando lo
accogliamo e dubitiamo con lucida convinzione. La mancanza di Fede è rivolta in
ultima analisi al Signore, ogni dubbio su qualcosa presente nel Vangelo è
indirizzato a Colui che lo ha rivelato.
Chi rimane nel dubbio non solo non crescerà mai interiormente, ma cadrà di
continuo e arriverà a non pregare più o a farfugliare le preghiere. Quindi, qui
trionfa la mancanza di fiducia in Gesù, anche se non espressa o non ravvisata
lucidamente. Ma l'anima che ha assorbito anche un solo dubbio, è spiritualmente
come atrofizzata.
I Dodici dovevano rimanere tranquilli e pieni di gioia ascoltando le parole di
Gesù, non solo per milioni di prove che Egli aveva dato nei tre anni di vita
comune, anche per le parole introduttive che dice prima di affermare che andava
e ritornava e che loro conoscevano la via.
All'inizio afferma: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate Fede in Dio e
abbiate Fede anche in me". Già queste parole sono straordinariamente
sufficienti per abbandonarsi e credere che nulla è impossibile a Gesù e che Lui
mantiene sempre le sue promesse.
Invece Tommaso non comprese perché si era applicato poco agli insegnamenti di
Gesù.
Se noi ci fidiamo
poco di Gesù, ci comportiamo da perfetti estranei e Lui non ascolta le nostre
biascicate preghiere. Non le può ascoltare perché la condizione è la Fede in
Lui, credere che Lui è veramente Dio e tutto quello che ha rivelato nel Vangelo
è autenticamente Divino!
Quindi dobbiamo conoscere bene la Santissima Umanità di Cristo, meditando con
attenzione il Vangelo. Dobbiamo riprodurre la Vita di Cristo nella nostra vita.
Ma ciò non è possibile se non attraverso la conoscenza di Cristo, che si
acquista leggendo e rileggendo la Sacra Scrittura e meditandola assiduamente
nella preghiera.
Non è sufficiente avere un'idea generica dello Spirito di Gesù; bisogna
imparare da Lui dettagli e atteggiamenti. E, soprattutto, bisogna contemplare
il suo passaggio sulla terra, le sue orme, per trarne forza, luce, serenità,
pace.
Quando si ama una persona si desidera sapere anche i minimi particolari della
sua esistenza, del suo carattere, per avvicinarsi il più possibile a lei. Per
questo dobbiamo meditare la storia di Gesù, dalla nascita nel Presepe fino alla
Morte e alla Risurrezione.
Per leggere e meditare il Santo Vangelo con profitto dobbiamo farlo con Fede,
sapendo che contiene la Verità salvifica, senza alcun errore.
Vogliamo identificarci con il Signore, perché la nostra vita, che si svolge tra
varie attività, sia un riflesso della sua!
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,7-14)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me,
conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto,
Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il
Padre"? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi
dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue
opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro,
credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere
che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E
qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia
glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù considera se
stesso la Via per conoscere il Padre.
Sono parole chiarissime, indicano che solo attraverso Lui si rimane in
comunione con Dio.
"Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora Lo
conoscete e Lo avete veduto". Gesù desidera donare tutte le Grazie che
chiediamo ma spesso chiediamo continuando a peccare… oppure si chiede senza
Fede, cioè senza sentirlo vicino. Così viene meno la fiducia e si blocca la
preghiera stessa.
La promessa che ha fatto Gesù è esplicita: "Se mi chiederete qualche cosa nel
mio Nome, Io la farò".
Chiedere è un atto di umiltà, ognuno di noi chiede qualcosa di lecito agli
altri, come un aiuto, una cortesia, un consiglio. Noi ci soffermiamo sempre su
qualcosa di lecito, non guardiamo gli altri che chiedono e ottengono molto di
illecito.
Chiedere a Gesù quello che ci necessità è una grande dimostrazione di fiducia
in Lui, un segno di speranza.
C'è la speranza umana del contadino che semina, del marinaio che compie una
traversata, del commerciante che intraprende un affare. Si vuole conseguire un
bene, un fine umano; ottenere un buon raccolto, approdare nel porto per il
quale si è salpati, realizzare ricchi guadagni…
Ed esiste la speranza cristiana. Essa è essenzialmente soprannaturale, e,
pertanto, supera di gran lunga il desiderio umano di essere felici e la fiducia
naturale in Dio. Con la speranza aspiriamo alla vita eterna, a una felicità
soprannaturale che è possesso eterno di Dio, a vedere Dio come Egli stesso si
vede, ad amarlo come Egli si ama.
In questo modo ogni nostra richiesta viene accolta da Gesù, è Lui a volerci
riempire della sua gioia, la quale è concreta quando è condivisa con gli altri.
Chiedete a Lui la gioia anche per i vostri familiari, la pace nei cuori e nella
famiglia.
"E qualunque cosa chiederete nel mio Nome, la farò, perché il Padre sia
glorificato nel Figlio".