IL VANGELO DEL GIORNO: https://www.iosonolalucedelmondo.it/indice-anno-liturgico-2022/
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,11-18)

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù è il dono del Padre.
Chi è veramente Gesù?
Niente come l'antitesi tra il Buon Pastore e il mercenario ce lo fa capire.
In cosa si differenziano radicalmente le due figure?
Non certo per il ruolo che, all'apparenza, sembra il medesimo. Li oppone e li divide la natura intima del rapporto con le pecore: la non appartenenza per il mercenario e l'appartenenza per il pastore. Se le pecore non ti appartengono te ne vai quando arriva il lupo e le lasci alla sua mercé.
Se sei un mercenario non t'importa delle pecore e non ti importa perché non le conosci. Non le conosci "per esperienza", non le conosci per amore: esse non sono tue.
E da che cosa si vede se sono tue? Che dai la vita per loro. Gesù dà la vita per noi. È lui che ce la dà, tiene a precisare, nessuno gliela toglie. Lui, solo lui, ha il potere di offrire la sua vita e di riprenderla di nuovo. In questo sta la sua autorevolezza, nel potere dell'impotenza, a cui Dio nella morte si è volontariamente esposto.
Gli uomini possono seguire Gesù solo in forza di questa sua autorevolezza. Per essa ne conoscono la voce, subiscono il fascino della sua Presenza, si dispongono alla sequela. Solo nel vivere questa appartenenza il cristiano diventa a sua volta autorevole, cioè capace di incontrare l'altro, di amarlo e di dar la sua vita per lui. L'appartenenza fa essere eco fragile e tenace della sua Presenza e suscita la nostalgia di poterlo incontrare.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,1-10)

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

"Le pecore affamate alzano la testa e non vengono nutrite". Questa è la critica di Milton ai pastori del suo tempo.
Uno dei salmi più belli, scritto con estrema raffinatezza formale, è quello che enumera le virtù del Buon Pastore. È una poesia "universale", che parla a tutti: consola gli afflitti nella loro disperazione, e incoraggia le persone sole nel loro isolamento.
Il Vangelo suggerisce che il Buon Pastore è raro. La sua vocazione è pericolosa. La sicurezza delle pecore è la sua sola preoccupazione ed egli darà la vita per salvarle. Ciò ridefinisce il ruolo di ogni guida: a questa prova molti risultano incapaci.
Conserviamo ancora le pietre carbonizzate dei campi in cui milioni di uomini furono asfissiati.
Cristo parla sempre del suo ruolo di pastore: non è venuto per essere servito, non è venuto per trattare le persone con arroganza; è venuto per salvare le sue pecorelle e, se è necessario, per morire per loro.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,22-30)

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Segno che contraddistingue il pastore è il richiamo. L'impostore può tentare di imitarlo, ma le pecore non si lasciano ingannare. È il richiamo del vero Pastore che provoca la loro reazione in risposta. Esse sentono, seguono e hanno fiducia.
Le parole e le azioni di Cristo non arrivano a farlo conoscere come Messia: manca un elemento essenziale, cioè la fede. Questa risposta è riservata a chi appartiene al Buon Pastore. Egli conosce le sue pecore ed esse conoscono lui. I Giudei possono servirsi della persuasione o della persecuzione, ma non attireranno a sé i discepoli del Signore. Qual è il fondamento di questa certezza? È molto semplice: il Padre. Egli è più grande di tutti. L'espressione di Cristo "io e il Padre" indica un'unica persona. Agli occhi dei Giudei, un'affermazione del genere è una bestemmia, mentre per i discepoli riassume tutto l'insegnamento di Gesù.
Tale affermazione è apportatrice di conflitto: i Giudei devono annientare Gesù e disperderne i discepoli. La questione è grave. Gesù è davvero il Figlio di Dio? I Giudei l'accusano di proclamarsi Dio. La verità è però un'altra. La verità è che in Gesù, Dio si fa uomo.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 12,44-50)

In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Cominciando il suo ministero, Cristo, tralasciando il nome di "Dio", introduce quello di "Padre". Il concetto di Dio Padre è dominante nel cristianesimo, ed è Cristo a chiarire questa realtà di Dio come Padre.
Il nome di "Dio", avendo perso il significato di un nome preciso, è diventato come un attributo, come nelle espressioni del tipo: "Il denaro è il suo dio". Così, per alcuni, "Dio" è un nome freddo, che non esprime né genera alcun sentimento o affetto.
Diverso è il concetto di paternità. Esso implica l'idea di figli e di figlie, suggerendo amore e tenerezza. Questa verità è la chiave che apre molte porte, la luce che mette allo scoperto ciò che è santo e nascosto.
Cristo trasmette la luce ad un mondo avvolto nelle tenebre. Certo, Cristo rispetta la legge, ma la ritiene incompleta. Suo compito è di renderla completa, non solo tramite ciò che dice, ma anche tramite ciò che fa.
Egli realizza la verità. In generale si concepisce la verità come una formula astratta; con Cristo, invece, la verità si fa persona. Egli non porta la verità: è la verità. La verità, dunque, è una persona, non una proposizione. Rivelando la verità, Cristo rivela il Padre. Vedere Cristo significa vedere il Padre, rifiutarlo significa condannare se stessi.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 16,15-20)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il passo di Marco appartiene a quello che si chiama "il luogo finale di Marco" che contiene il racconto delle apparizioni e l'ordine missionario dato ai Dodici (Mc 16,14) e con loro alla Chiesa intera (Mt 28,18-20). Il nostro testo comincia con il testamento del Signore. Le prime parole sono un comandamento ed un invio: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura". La Chiesa deve predicare, cioè la sua missione evangelizzatrice è un comandamento del Signore risorto. I destinatari sono tutti gli uomini che esistono al mondo: "ogni creatura". Ciò indica che tutti gli uomini hanno il bisogno e il compito di ascoltare il vangelo della salvezza. Il contenuto, l'oggetto della predica, è il Vangelo, il lieto messaggio della salvezza attraverso Gesù Cristo, la sua persona e la sua opera. Questo annuncio è chiamato predica, cioè essa è solenne e pubblica, fatta con coraggio e fiducia nel nome di Dio salvatore. Il testo continua insistendo sulla trascendenza dell'annuncio e della sua accoglienza: "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato" (Mc 16,16). Ci troviamo così davanti alle parole più importanti nella vita dell'uomo: salvezza e condanna. La fede e il battesimo sono le parole della vita; l'incredulità è la porta della condanna (cf. Gv 3,14-21).
Vengono poi enumerati una serie di segni miracolosi che daranno credito agli inviati: scacciare gli spiriti maligni, dono delle lingue, immunità contro i morsi dei serpenti e contro i veleni, e infine il dono della guarigione. Tutti questi sono fenomeni carismatici che accompagnano il cammino della Chiesa lungo la storia.
Il testo termina con la proclamazione dell'Ascensione di Gesù e il suo stabilirsi alla destra di Dio (Mc 16,19) e con una breve indicazione sulla realizzazione del comando della missione degli apostoli, che portano il vangelo dappertutto con l'aiuto del Signore (cf. Mt 28,20). Molti segni li accompagnano (Mc 16,20). La Chiesa missionaria è in cammino, il comandamento è indirizzato a tutti.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (
TESTO:-

Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,1-6)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».

Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Parola del Signore.)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Sorprende la domanda di Tommaso dopo avere ascoltato per tre anni gli insegnamenti di Gesù: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?". Una domanda che trova sicuramente comprensione per la sua mancata assimilazione della nuova dottrina rivelata dal Signore.
Anche Tommaso, o forse soprattutto Tommaso, non poteva in così poco tempo comprendere la rivelazione del Messia, già era tanto averlo accolto, seguito, e avere obbedito alle sue parole. Di più non riusciva a fare, anche per la poca disponibilità a mettersi in discussione e a lasciarsi prendere dalla Parola rivelata dal Figlio di Dio.
Lui aveva bisogno di tempo per elaborare tutto quello che era avvenuto in quei tre anni più intensi della sua e della vita degli Apostoli.
Però ognuno di noi è aiutato da duemila anni di storia del Cristianesimo e può conoscere le meraviglie compiute da Gesù, raccontate da milioni di scrittori e di omelie che i grandi Santi predicavano nelle piazze affollate e nelle Chiese. Omelie raccolte e negli ultimi secoli pubblicate per la nostra formazione e anche gioia.
Solo Tommaso pone questa domanda che lascia Gesù amareggiato, forse anche nei cuori degli altri dieci c'era l'incertezza del luogo e di come ricongiungersi dopo avere ascoltato queste parole: "Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono Io siate anche voi. E del luogo dove Io vado, conoscete la via".
Se escludiamo Giuda a cui non importava più nulla del Figlio di Dio perché aveva preparato un suo piano solitario che lo porterà all'impiccagione, gli altri undici sono più o meno sorpresi, però tutti tranne Tommaso si fidano del Signore e la sua Parola è già sufficiente.
Il dubbio manifestato da Tommaso è grave ma Gesù lo perdona, però nella prima apparizione agli Apostoli mancherà proprio Tommaso, considerato da Gesù ancora non degno di vederlo insieme agli altri. Dovrà compiere sforzi personali, dovrà riflettere sulle parole degli altri, pieni di gioia per la conferma arrivata dalla visione del Maestro.
Non è grave se un dubbio sulla Parola di Dio arriva alla mente, lo è quando lo accogliamo e dubitiamo con lucida convinzione. La mancanza di Fede è rivolta in ultima analisi al Signore, ogni dubbio su qualcosa presente nel Vangelo è indirizzato a Colui che lo ha rivelato.
Chi rimane nel dubbio non solo non crescerà mai interiormente, ma cadrà di continuo e arriverà a non pregare più o a farfugliare le preghiere. Quindi, qui trionfa la mancanza di fiducia in Gesù, anche se non espressa o non ravvisata lucidamente. Ma l'anima che ha assorbito anche un solo dubbio, è spiritualmente come atrofizzata.
I Dodici dovevano rimanere tranquilli e pieni di gioia ascoltando le parole di Gesù, non solo per milioni di prove che Egli aveva dato nei tre anni di vita comune, anche per le parole introduttive che dice prima di affermare che andava e ritornava e che loro conoscevano la via.
All'inizio afferma: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate Fede in Dio e abbiate Fede anche in me". Già queste parole sono straordinariamente sufficienti per abbandonarsi e credere che nulla è impossibile a Gesù e che Lui mantiene sempre le sue promesse.
Invece Tommaso non comprese perché si era applicato poco agli insegnamenti di Gesù.

Se noi ci fidiamo poco di Gesù, ci comportiamo da perfetti estranei e Lui non ascolta le nostre biascicate preghiere. Non le può ascoltare perché la condizione è la Fede in Lui, credere che Lui è veramente Dio e tutto quello che ha rivelato nel Vangelo è autenticamente Divino!
Quindi dobbiamo conoscere bene la Santissima Umanità di Cristo, meditando con attenzione il Vangelo. Dobbiamo riprodurre la Vita di Cristo nella nostra vita. Ma ciò non è possibile se non attraverso la conoscenza di Cristo, che si acquista leggendo e rileggendo la Sacra Scrittura e meditandola assiduamente nella preghiera.
Non è sufficiente avere un'idea generica dello Spirito di Gesù; bisogna imparare da Lui dettagli e atteggiamenti. E, soprattutto, bisogna contemplare il suo passaggio sulla terra, le sue orme, per trarne forza, luce, serenità, pace.
Quando si ama una persona si desidera sapere anche i minimi particolari della sua esistenza, del suo carattere, per avvicinarsi il più possibile a lei. Per questo dobbiamo meditare la storia di Gesù, dalla nascita nel Presepe fino alla Morte e alla Risurrezione.
Per leggere e meditare il Santo Vangelo con profitto dobbiamo farlo con Fede, sapendo che contiene la Verità salvifica, senza alcun errore.
Vogliamo identificarci con il Signore, perché la nostra vita, che si svolge tra varie attività, sia un riflesso della sua!

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,7-14)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù considera se stesso la Via per conoscere il Padre.

Sono parole chiarissime, indicano che solo attraverso Lui si rimane in comunione con Dio.
"Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora Lo conoscete e Lo avete veduto". Gesù desidera donare tutte le Grazie che chiediamo ma spesso chiediamo continuando a peccare… oppure si chiede senza Fede, cioè senza sentirlo vicino. Così viene meno la fiducia e si blocca la preghiera stessa.
La promessa che ha fatto Gesù è esplicita: "Se mi chiederete qualche cosa nel mio Nome, Io la farò".
Chiedere è un atto di umiltà, ognuno di noi chiede qualcosa di lecito agli altri, come un aiuto, una cortesia, un consiglio. Noi ci soffermiamo sempre su qualcosa di lecito, non guardiamo gli altri che chiedono e ottengono molto di illecito.
Chiedere a Gesù quello che ci necessità è una grande dimostrazione di fiducia in Lui, un segno di speranza.
C'è la speranza umana del contadino che semina, del marinaio che compie una traversata, del commerciante che intraprende un affare. Si vuole conseguire un bene, un fine umano; ottenere un buon raccolto, approdare nel porto per il quale si è salpati, realizzare ricchi guadagni…
Ed esiste la speranza cristiana. Essa è essenzialmente soprannaturale, e, pertanto, supera di gran lunga il desiderio umano di essere felici e la fiducia naturale in Dio. Con la speranza aspiriamo alla vita eterna, a una felicità soprannaturale che è possesso eterno di Dio, a vedere Dio come Egli stesso si vede, ad amarlo come Egli si ama.
In questo modo ogni nostra richiesta viene accolta da Gesù, è Lui a volerci riempire della sua gioia, la quale è concreta quando è condivisa con gli altri. Chiedete a Lui la gioia anche per i vostri familiari, la pace nei cuori e nella famiglia.
"E qualunque cosa chiederete nel mio Nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio".