TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 1,21-28)
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava.
Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che
ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e
cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a
rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente:
«Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì
da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai
questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti
impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù inizia il suo ministero annunciando il vangelo del regno di Dio (Mc 1,15). Si ha un regno quando c'è un popolo governato da un'autorità sovrana che esercita il suo potere per mezzo della legge.
Dio è Santo ed esercita il suo dominio per mezzo della potenza dello Spirito
Santo; la sua unica legge è l'amore. Vive nel regno di Dio chi, nella libertà
dell'amore, si sottomette all'azione potente del suo Spirito che "è Signore e
dà la vita". Adamo ed Eva con il peccato si sono ribellati a Dio sottraendosi alla
sua sovranità, ed a causa loro tutti gli uomini sono stati costituiti peccatori
(Rm 5,12) per cui "giacciono sotto il potere del Maligno" (1Gv 5,15), il quale
regna sull'uomo con la forza della menzogna e con la legge del peccato.
Gesù Cristo, nuovo Adamo, inizia la sua missione instaurando il regno di Dio
con autorità. I demoni si sottomettono a lui, manifestando così che il loro
potere sull'uomo ormai volge al termine e che il regno di Dio è entrato nel
mondo. La parola di Gesù, al contrario di quella degli altri maestri del tempo,
non tende a diffondere delle opinioni dottrinali, chiama invece gli uomini
all'obbedienza a lui (1Pt 1,2) per mezzo della fede (cf. Rm. 1,5; 6,16-17), la
pratica dei suoi comandamenti (Gv 14,21) e la guida del suo Santo Spirito. Oggi
è compito della Chiesa, cioè di ogni cristiano, far arrivare il regno di Dio ad
ogni uomo su questa terra.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 5,1-20)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all'altra riva del mare, nel
paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro
un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato,
neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma
aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo.
Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si
percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce,
disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome
di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da
quest'uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione –
gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché
non li cacciasse fuori dal paese.
C'era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo
scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo
permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la
mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono
nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle
campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù,
videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto
dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che
cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a
pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di
poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va' nella tua casa,
dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha
avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello
che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Questo episodio misterioso della liberazione di un posseduto è una parabola
vivente che ci porta a riflettere sul posto che diamo ai beni materiali nella
nostra vita.
In questo passo del Vangelo, per tre volte, incontriamo il verbo "supplicare"
usato nel rivolgersi a Gesù. In primo luogo sono gli spiriti malvagi - essi
sono molte legioni - a supplicare Gesù di non cacciarli via da quella regione.
In effetti, nel paese dei Geraseni, paese pagano, essi regnano padroni.
Supplicano dunque Gesù di mandarli via sotto le sembianze di un branco di
porci. E Cristo li esaudisce, perché per lui la liberazione di una persona
umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, è molto più preziosa
dell'eventuale perdita di un branco. Duemila porci si precipitano nel mare: una
tragedia per i Geraseni.
Essi inviano dunque una delegazione a supplicare Gesù di andarsene dalla loro
regione. Essi non sono disposti a sacrificare i loro beni materiali come
riscatto per la liberazione di un uomo. Gesù, che predica che non si possono
servire due padroni - Dio e il denaro -, è per loro un guastafeste. Essi
preferiscono i loro beni a Gesù: lo supplicano di lasciare il loro paese. È
triste vedere Gesù messo alla porta. Molto educatamente, ma messo alla porta. È
vero che essi hanno una scusa: non sanno ciò che fanno, poiché sono pagani. È
ancora più triste vedere oggi Gesù messo alla porta in un paese "cristiano", da
famiglie "cristiane", da persone che si dicono cristiane, ma che non sono
disposte ad amare Dio più delle ricchezze. Noi siamo tra queste?
Alla fine è il posseduto, una volta guarito, a supplicare: egli chiede a Gesù
di poterlo seguire. Ma il Signore non accetta; lo manda in missione, a casa
sua. Poiché non tutti coloro che hanno incontrato Cristo hanno la stessa
vocazione. Ma tutti devono annunciare la misericordia del Signore.
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO E SETTIMANA ANNO B. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Martedì Della IV Settimana
Del Tempo Ordinario Anno B
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 5,21-43)
La mia figlioletta sta morendo.
Veni perché sia salvata e viva.
Fanciulla, io ti dico: àlzati!
30 Gennaio 2024
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 5,21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si
radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi
della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e
lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le
mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si
stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto
sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun
vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la
folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo
a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue
e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò
alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli
dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha
toccato?"». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E
la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si
gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua
fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a
dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito
quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi
fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e
Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che
piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La
bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori,
prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed
entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità
kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si
alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.
E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle
da mangiare. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Di fronte alla malattia e alla morte, tutte le differenze si attenuano. Ci
sentiamo tutti uguali: ricchi e poveri, potenti e meschini, ebrei e pagani. È
questa l'esperienza che fanno i due personaggi del vangelo di oggi. Giairo,
capo della sinagoga, vede sua figlia morire senza poter fare nulla. La donna
pagana, che soffre di emorragie, nonostante spenda tutti i suoi beni, non ha
nessun miglioramento. La perdita della salute, la morte di un essere caro ci
mettono di fronte alla nostra impotenza, alla nostra piccolezza, ai nostri
limiti. Fortunati, dunque, coloro che si rendono conto di essere semplicemente
delle "creature" che hanno bisogno del loro Creatore.
Giairo e la donna pagana sanno farlo. Essi si rivolgono a Gesù, lo cercano e,
ognuno a suo modo, compiono un gesto pieno d'umiltà. Il capo della sinagoga
cade ai piedi del Maestro; la donna si accontenta di toccare leggermente il suo
vestito. In entrambi i casi, il Signore commosso dalla loro fiducia vuole
confermare questa fede. "Chi mi ha toccato?", chiede Gesù. E la donna, che
avrebbe ben preferito restare nell'anonimato della folla, si presenta, si getta
ai suoi piedi: "La tua fede ti ha salvata". A Giairo, che apprende
all'improvviso che sua figlia è appena morta, egli dice: "La bambina non è
morta, ma dorme". Il Signore non si accontenta di essere gentile con due
persone disperate; egli vuole molto di più. Egli vuole la loro fede in lui,
salvatore del mondo.
Entrambi devono credere, avere la fede, nel bel mezzo dell'indifferenza e della
incredulità. Essi devono credere controcorrente. Poiché gli stessi discepoli
non comprendono perché Gesù possa essere "toccato" in modo diverso. E la folla
si burla del Signore quando egli dice che la bambina dorme.
I momenti di sofferenza e di dolore possono diventare momenti di grazia. Essi
ci allontanano dalle nostre false certezze, dalla fiducia troppo grande in noi
stessi e nei nostri mezzi umani. Ci ricordano la nostra condizione di creature,
di figli di Dio, di redenti. Possono risvegliare la nostra fede e la nostra
fiducia. Ci aiutano non solo a cercare di strappare una guarigione al Signore,
ma soprattutto a rimetterci alla sua volontà, nelle mani del Padre.
In questo senso l'"alzati" di Cristo alla piccola figlia di Giairo è un invito
a superare il semplice fatto del miracolo che si compie in lei. Questo "alzati"
si indirizza a noi: "Offrite voi stessi a Dio come vivi, tornati dai morti e le
vostre membra come strumenti di giustizia per Dio" (Rm 6,13).
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO E SETTIMANA ANNO B. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Mercoledì Della IV
Settimana Del Tempo Ordinario Anno B
San Giovanni Bosco
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,1-6)
Ma Gesù disse loro. Un profeta è disprezzato nella sua patria,
tra i suoi parenti e in casa sua.
31 Gennaio 2024
***
San Giovanni Bosco
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,1-6)
Ma Gesù disse loro. Un profeta è disprezzato nella sua patria,
tra i suoi parenti e in casa sua.
31 Gennaio 2024
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,1-6)
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando,
rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza
è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?
Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di
Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era
per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra
i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma
solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro
incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
La fede è necessaria perché il Signore possa agire liberamente e donare
abbondantemente le sue grazie: per la mancanza di fede dei suoi compatrioti,
dice san Marco, non potè operare fra loro alcun prodigio. Non riuscivano a
credere in lui perché era uno di loro, non aveva niente di straordinario,
l'avevano sempre conosciuto... proprio non si capacitavano come potesse essere
qualcuno diverso da quello che loro vedevano.
Anche noi, e molto facilmente, possiamo fermarci alle apparenze contrarie e non
riconoscere l'intervento di Dio. Questo succede nelle difficoltà, nelle prove.
Le prove giungono per tutti, credenti e non credenti, ma noi abbiamo
l'impressione che per noi credenti non dovrebbero esserci, o almeno dovrebbero
essere solo di un certo tipo... Ci sconcertano e facciamo molta fatica a
riconoscervi la mano di Dio.
La Scrittura ci insegna ad andare al di là delle circostanze, che ci sembrano
sempre strane, penose, per riconoscere in esse la presenza di Dio che vuol
operare e per questo ha bisogno che noi ci apriamo alla sua azione.
"Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere
d'animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli
ama e sferza chiunque riconosce come figlio", diceva già il libro dei
Proverbi. E l'autore della lettera agli Ebrei lo ricorda ai cristiani per
ammonirli: "Tutto ciò che state soffrendo è una correzione; non prendetelo
semplicemente come una difficoltà!". Si tratti di malattie, o di
difficoltà nei rapporti interpersonali, o di fallimenti in ciò che facciamo per
il Signore, prendere le cose semplicemente nel loro aspetto esterno è mancanza
di fede. "E per la vostra correzione che voi soffrite Dio vi tratta come
figli". C'è una relazione con Dio che dobbiamo riconoscere, una intenzione
di Dio alla quale dobbiamo corrispondere nella fede. Allora cambia tutto. La
prova è illuminata dall'interno e invece di essere semplicemente un motivo di
sofferenza diventa una occasione per sentirci in relazione più diretta con Dio:
Dio si interessa di noi. Quando si è provati si ha invece l'impressione
contraria: Dio ci abbandona, non pensa più a noi, ci lascia in una situazione
che non corrisponde al nostro essere figli suoi... E la verità è proprio il
contrario di tutto questo. Invece di lamentarci dovremmo essere contenti,
perché Dio si interessa di noi: "Dio vi tratta come figli; e qual è il
figlio che non è corretto dal padre?".
È difficile, sempre difficile, sempre da ricominciare, il riconoscere in una
prova, in una difficoltà l'intervento positivo di Dio verso di noi. È un atto
di fede, perché non le apparenze ce lo dicono, ma la parola di Dio, ma lo
Spirito Santo in noi, che ci apre gli occhi e ci fa capire che Dio sta
intervenendo nella nostra vita, e in modo più attivo, in modo più affettuoso
quando ci mette alla prova con delle difficoltà.
L'autore è molto realista e constata: "Certo, ogni correzione, sul
momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza". E una esperienza che
non ha bisogno di essere commentata, dovuta all'amor proprio. Qui non la
sofferenza, ma l'umiliazione è messa in rilievo: se qualcuno ci fa notare un
nostro difetto, una nostra mancanza, noi ci rattristiamo al punto da pensare
soltanto all'osservazione che ci è stata fatta, e non al difetto o alla
mancanza! Dovremmo superare la reazione dell'amor proprio e riconoscere che ci
è stato dato un aiuto, di cui dovremmo essere contenti. È una constatazione a
cui erano già arrivati i filosofi antichi. Socrate diceva che il colmo della
felicità è non aver difetti e non fare niente di male, e aggiungeva che subito
dopo viene la felicità di essere corretti quando si sbaglia, perché allora ci
si può emendare.
La Scrittura va molto più in profondità: dobbiamo essere felici che il Signore
ci corregga non soltanto perché è una occasione per progredire, ma perché così
la nostra relazione con lui diventa più stretta. È dunque un motivo di fiducia
tanto più grande se pensiamo che la nostra sorte è legata a quella di Cristo.
La lettera agli Ebrei già ci ha detto come Gesù, pur essendo il Figlio
perfetto, ha voluto per noi imparare l'obbedienza dalle cose che patì, ha
voluto conoscere quella educazione dolorosa che a noi è necessaria. Ora, quando
noi viviamo a nostra volta questi momenti di dolorosa educazione, siamo uniti a
lui in modo speciale e possiamo crescere molto nel suo amore.
La prova motivo di speranza, la prova mezzo per amare: sono le prospettive da
tener presenti nelle occasioni grandi e piccole di difficoltà e di disagio, che
dovrebbero nutrire il nostro coraggio e la nostra fede. Il Signore non ci fa
sapere in che modo intende comunicarci i suoi doni e farci crescere nella fede
e nell'amore. Domandiamogli che ci apra gli occhi perché sappiamo vedere in
tutto la sua paterna attenzione verso di noi.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,7-13)
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Il discorso di Gesù era iniziato con un preciso mandato per i Dodici che Egli
stava per inviare solo alla terra d'Israele, dopo averli edotti di quel che li
aspettava in un tempo più lontano e cioè quando avrebbero ricevuto la potenza
dall'Alto. Gesù allarga sempre più il discorso fino a rivelare che cosa
realmente significa essere suoi discepoli.
Forse pochi cristiani riflettono sul loro essere seguaci di Gesù Cristo e
determinano la loro vita di conseguenza. Il cuore riesce ad amare Gesù se è
veramente libero da tanti lacci e catene inutili e pesanti.
Le parole di Gesù dovrebbero scuotere i cristiani e farli ricominciare da dove
si erano fermati. La sosta è comprensibile, anche un periodo di aridità che
"spegne" il fervore e ci si dimentica del Signore che è morto in Croce per amore
nostro.
Considerando che siamo come "pecore in mezzo ai lupi", non deve mai mancare la
quotidiana verifica interiore per riflettere sulle azioni compiute. Ci troviamo
in una società senza valori ed è facilissimo comprenderlo per la mentalità
diffusa priva di morale.
Oggi viene considerato un po' stupido chi non vive come un animale, irrazionale
e fortemente impulsivo. Molti buoni cristiani si ritrovano per varie ragioni a
contatto con persone che appaiono possedute dai diavoli, per il linguaggio che
utilizzano e le scelte immorali che compiono.
Questi cristiani che vogliono conservare la loro Fede sono chiamati a lottare
ogni giorno contro le tentazioni e le istigazioni dei conoscenti.
Non si riconosce più Gesù nella vita quando non si osserva la sua Parola,
quindi, si può essere cardinali, vescovi e sacerdoti, ma se non si vivono gli
insegnamenti del Signore, si mostra di non riconoscerlo. Infatti, è simile al
Maestro chi osserva quanto viene detto da Lui.
Gli avvisi che ci dà Gesù sono incantevoli per la loro precisione e per il
nostro bene.
Quale buona stella ci ha fatto incontrare e adorare il vero Dio dei cristiani?
Noi sappiamo cosa giova nella vita di ogni essere umano da cosa non giova e fa
vivere in una disperazione spesso celata ma attiva interiormente.
Gesù è la vera salvezza di tutti quelli che vogliamo percorrere la Via sicura
per non finire schiacciati dalle pesanti montagne di tentazioni e oppressioni
che ci colpiscono, preghiamo e osserviamo il Vangelo.
Non preoccupiamoci mai delle sofferenze e di ogni altra prova causata da chi
non crede. Noi soffriamo per poco tempo, forse anche per un tempo più lungo, ma
saremo vittoriosi con Gesù e sempre protetti dalla Madre di Dio. Nessun potente
del mondo ha questi privilegi, inoltre la sua potenza inevitabilmente si
sgonfierà e neanche le ricchezze potranno dargli la vera felicità.
Gesù rassicura sempre i suoi seguaci, ai Dodici dice: "Non li temete",
riferendosi ai farisei. Tutto sarà svelato, anche le trame e le calunnie
progettate e mormorate in segreto, ma infine, e queste parole dovettero far
trasalire i discepoli, non sono da temere quelli che possono giungere a
"uccidere il corpo", a togliere la vita terrena. Bisogna temere colui che può
"far perire e l'anima e il corpo nella Geenna".
È dunque solo Dio che bisogna temere!
Bisogna avere timore di non offenderlo, di far cosa contraria alla sua Volontà!
E niente è più contrario alla sua Volontà che il peccato. Il peccato scelto,
attuato con piena avvertenza, in odio alla giustizia e all'amore, fa perdere
l'anima.
La Geenna è l'inferno, è la perdizione, è il regno delle tenebre. Gesù ne parla
come di un luogo dove possono essere mandati l'anima e il corpo. Si giunge alla
perdizione eterna continuando in questa vita a non riconoscere e rinnegare
Gesù.
Gesù è verità, giustizia, amore, santità. Se uno dei tuoi congiunti ti volesse
complice nell'ingiustizia, nella menzogna, nell'odio, ebbene, tu dovresti
acconsentirgli solo perché ti è consanguineo? Andresti in perdizione per non
disgustarlo?
E così, "se il trovare la propria vita" significa avere ricchezze, onori e
piacere, ebbene, tutto ciò può essere causa di perdizione.
Si perderà la propria vita, quella che dura in eterno e che deve essere
conquistata con la rinuncia a tutto ciò che porta lontano da Dio!
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO E SETTIMANA ANNO B. IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO. IL VANGELO NEL 21° SECOLO.
Venerdì Della IV
Settimana Del Tempo Ordinario Anno B
Presentazione Del Signore (Candelora)
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22-35)
Ora puoi lasciare, o Signore.
Che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola.
2 Febbraio 2024
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la
legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per
presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio
primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di
tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che
aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo
Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza
prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino
Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse
tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la
caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e
anche a te una spada trafiggerà l'anima –, affinché siano svelati i pensieri di
molti cuori».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era
molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo
matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si
allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e
preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e
parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno
in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava,
pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Il vecchio Simeone,
certo della promessa ricevuta, riconosce Gesù e la salvezza di cui il Cristo è
portatore e accetta il compiersi della sua esistenza.
Anche Anna, questa profetessa ormai avanti negli anni, che aveva però passato
quasi tutta la sua vita in preghiera e penitenza riconosce Gesù e sa parlare di
lui a quanti lo attendono. Anna e Simeone, a differenza di molti altri,
capiscono che quel bimbo è il Messia perché i loro occhi sono puri, la loro
fede è semplice e perché, vivendo nella preghiera e nell'adesione alla volontà
del Padre, hanno conquistato la capacità di riconoscere la ricchezza dei tempi
nuovi.
Prima ancora di Simeone e Anna è la fede di Maria che permette all'amore di Dio
per noi di tramutarsi nel dono offertoci in Cristo Gesù.
Giovanni Paolo II nella "Redemptoris Mater" ci ricorda che "quello di Simeone
appare come un secondo annuncio a Maria, poiché le indica la concreta
dimensione storica nella quale il Figlio compirà la sua missione, cioè
nell'incomprensione e nel dolore" (n. 16).
Con la festa della
Presentazione al Tempio di Gesù si chiudono idealmente le ricorrenze legate al
Natale. Il brano di Vangelo da cui trae fondamento la festa di oggi fa parte
dei vangeli dell'infanzia redatti da Luca.
Giuseppe e Maria vengono presentati come degli israeliti pienamente osservanti
che portano il bambino al tempio quaranta giorni dopo la sua nascita, per
essere riscattato come ogni primogenito. Questa pratica non era più diffusa tra
i giudei ai tempi di Gesù, e non era più necessario portare il bambino nel
tempio.
Questa presentazione al tempio assume un significato teologico: il Signore
entra nel suo tempio, riprende il suo posto per eccellenza.
Riguardo alla famiglia di Gesù, Luca la presenta in piena consonanza con le
usanze ebraiche. Gesù è venuto a portare qualcosa di nuovo, ma non di
totalmente separato, inaudito, piuttosto la sua novità si inserisce all'interno
delle usanze e delle aspettative del suo popolo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 6,30-34)
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto
quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro:
«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano
infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di
mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li
videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li
precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché
erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
"Per mezzo di Gesù Cristo offriamo continuamente un sacrificio di lode a
Dio". La nostra anima deve essere sempre in attitudine di lode e di
ringraziamento, e per questo dobbiamo aver coscienza dei grandi doni che
continuamente Dio ci fa per mezzo di Gesù.
Una volta convinti di questo, la riconoscenza ci spinge a compiere con gioia
gli altri sacrifici che l'autore della lettera ci consiglia. Eccoli: "Non
scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché
di tali sacrifici il Signore si compiace". È il sacrificio della carità
fraterna, nella continua apertura agli altri per fare del bene, aiutare, per
dividere con loro quello che abbiamo. In questo modo noi continuiamo l'offerta
di Cristo nella realtà della nostra vita, anzi è lui che continua in noi la sua
offerta.
"Obbedite ai vostri capi, perché essi vegliano su di voi come chi ha da
renderne conto". Qualche volta è difficile obbedire, essere sottomessi, ma
la strada della vera carità e dell'unità è questa, non ce ne sono altre.
L'attitudine di fondo in questa obbedienza è la sottomissione a Dio, attraverso
i capi che egli ha scelto.
Se viviamo così, il Dio della pace potrà renderci perfetti in ogni bene per
mezzo di Gesù, nostro Signore, operando in noi la sua volontà. Come lui ha
compiuto in sé la volontà del Padre, noi possiamo compierla per mezzo di lui
trovando la pace, la gioia, la carità piena.
In tutto ciò Maria è la nostra guida, lei che ha sempre offerto a Dio un
sacrificio di lode, che ama maternamente tutti gli uomini, che è sempre l'umile
serva del Signore, completamente sottomessa alla sua volontà.