I SANTI MAGGIO
1° MAGGIO
San Giuseppe Lavoratore
Protettore di: carpentieri, economi, falegnami, lavoratori, moribondi, padri, procutarori legali.
Nel Vangelo S. Giuseppe viene chiamato fabbro. Quando i Nazaretani udirono Gesù insegnare nella loro sinagoga, dissero di lui: « Non è Egli il figlio del legnaiuolo? ». E altra volta con stupore e disprezzo: « Non è costui il falegname? ».Nessun dubbio quindi che S. Giuseppe non fosse un operaio vero, un lavoratore, un uomo di fatica. Si ritiene che sia stato falegname, e all'occasione anche fabbro, carpentiere, carradore. Maneggiava la pialla, la scure, la sega, il martello. Così tutti i giorni, dal mattino alla sera, per tutta la vita, faticando, sudando, consumando le forze.Una delle raffigurazioni più frequenti del Santo Patriarca è quella in cui viene ritratto al banco con la pialla in mano e la sega accanto.Uomo giusto, sapeva che il lavoro è legge per tutti. Non si ribellò, non si lamentò del suo mestiere, nè della fatica. Lavorò con assiduità, non di malavoglia, eseguendo bene, disimpegnando onestamente gli obblighi e i contratti.Amò il lavoro. Nella sua umiltà non badò a tutte quelle ragioni che potevano parer buone e che avrebbero potuto indurlo a non occuparsi in cose materiali: l'essere discendente del grande Re Davide, l'essere sposo della Madre di Dio, il Padre putativo del Verbo Incarnato e la di lui guida. L'umiltà gli insegnò a conciliare la sua dignità con l'esercizio di un mestiere molto ordinario e faticoso.Non si rammaricava di lasciare le sante conversazioni e la preghiera assieme a Gesù e Maria, che tanto consolavano ed elevavano il suo cuore, per attendere per lunghe ore ai lavori dell'officina.Non ebbe mai la preoccupazione che gli mancasse il necessario. Non ebbe l'ansia e l'assillo di chi non ha fede in quella Provvidenza che sfama i passeri. Perciò, da uomo giusto, osservava esattamente il riposo settimanale del sabato prescritto da Dio agli Ebrei. Lasciava l'officina quando i doveri delle celebrazioni religiose glielo imponevano, o quando speciali voleri di Dio lo ispiravano a intraprendere dei viaggi.S. Giuseppe non cercò nel lavoro il mezzo di soddisfare la cupidigia di guadagno o di ricchezza. Non fu un operaio incontentabile, pur essendo previdente. Non volle essere ricco, e non invidiò i ricchi. Sapeva essere sempre contento. Da uomo di fede trasformò la fatica quotidiana in un grande mezzo di elevazione, di merito, di esercizio di virtù.Nutrire e crescere il Fanciullo Divino che si preparava a essere la vittima per la redenzione del mondo: questo era il motivo che rendeva sante e sommamente meritorie le fatiche di S. Giuseppe.« Chi lo crederebbe? Un uomo acquista col sudore della sua fronte vestiario, nutrimento e sostentamento per il suo Dio! Mani consacrate, destinate a mantenere una vita così bella, quanto è glorioso il vostro ministero, e quanto mi sembra degna degli angeli la vostra sorte! Sudori veramente preziosi! » (Huguet). Col canto nel cuore é la preghiera sulle labbra, S. Giuseppe fu il più fortunato di tutti i lavoratori.
PRAITICA. Stimiamo il lavoro. Lavoriamo con onestà, con diligenza, con pazienza, di buona voglia. Amiamo il lavoro. Santifichiamolo e rendiamolo meritorio vivendo abitualmente in grazia e offrendolo ogni giorno al Signore.
PREGHIERA. O Dio, Creatore delle cose, che hai stabilito la legge del lavoro al genere umano, concedici propizio che, sull'esempio e col patrocinio di S. Giuseppe, facciamo bene le opere che ci comandi e raggiungiamo il premio che prometti.
Dal 1955 anche la chiesa ricorda l'occupazione,
sottolineandone la dignità ed il valore.
Sensibile e attento ai problemi dell'umanità, il papa Pio XII univa nel 1955 alla celebrazione mondiale del lavoro che da anni si teneva il 1 maggio, il ricordo di san Giuseppe di Nazareth, lavoratore, perché il lavoro appartiene a tutti gli uomini e non è appannaggio di nessun partito o di nessuno Stato.
L'insegnamento biblico
E' interessante notare come Dio stesso, nel libro della Genesi, abbia affidato all'uomo il lavoro come primo comandamento: "prendete la terra, dominatela e assoggettatela con il vostro lavoro", (1,28). Pertanto nell'ottica biblica il lavoro è stupenda collaborazione umana all'opera di Dio, che continua la creazione e la porta a perfezione con la cooperazione degli uomini.
L'identificazione col lavoro
Anche se segnato dal peccato, che porta sudore e fatica al lavoro, Gesù, nella pienezza dei tempi ha condiviso tutte le espressioni della vita umana iniziando al banco artigianale di Nazareth la fatica quotidiana per provvedere a sè e alla sua famiglia, rispondendo ai bisogni e alle richieste della sua gente. Si è talmente identificato con il lavoro da perdere perfino i suoi connotati personali: non era più chiamato Gesù, ma il figlio del fabbro o del falegname.
La costruzione di una nuova città
Giuseppe infatti aveva sempre lavorato con intensità e intelligenza, lasciando perfino la sua casa natale a Betlemme per recarsi a Nazareth e collaborare alla costruzione d'una nuova città dedicata a Cesare Augusto, chiamata Diocesarea, oggi per gli arabi Sefforis. Giuseppe con tanti suoi amici aveva collaborato con la sua tecnica e le sue capacità alla realizzazione di questa nuova città del centro della Galilea. Col suo lavoro ha certamente provveduto ad una tranquillità economica per la famiglia, che ha potuto godere una determinata serenità anche con l'attività del padre di famiglia.
La prima occupazione
I ragazzi a Nazareth conoscono bene questo episodio simpatico tratto dai Vangeli Apocrifi, il protovangelo di Giacomo, nel quale si narra che Gesù a 8 anni abbia chiesto a Giuseppe di insegnargli un lavoro, perché anche lui voleva dare un suo contributo al benessere della casa. Giuseppe come primo lavoro semplice ha insegnato a Gesù a mettere in squadra due pezzi di legno piallati, così da risultare quasi una croce.
La redenzione
Scoppiato a piangere e quasi scusandosi col figlio per avergli proposto la croce, è stato consolato da Gesù che lo assicurava sul fatto che anche lui, nel suo silenzio operoso, nel suo lavoro sudato, dava un grande contributo alla redenzione del mondo.
La missione educativa
E' bello pertanto chiedere a san Giuseppe, in quest'anno ancora molto difficile per i problemi del lavoro, che propizi una giusta attività a tutti i giovani in vista anche del loro futuro e garantisca alle famiglie una dignitosa occupazione con la quale provvedere alla missione educativa di vita e di pace assegnata ad ogni casa.
I SANTI MAGGIO
2 Maggio Sant'
Atanasio
Vescovo e dottore della Chiesa
***
Si era alla fine del II secolo: ormai anche la decima ed
ultima persecuzione volgeva al termine, quando un nuovo uragano stava per
scatenarsi contro la Chiesa.
Ma Dio, sempre vigile e provvido, già preparava il vincitore di questa
battaglia nella persona del grande dottore S. Atanasio. Nacque egli nel 296 da
nobili e cristiani genitori. Giovane ancora, ebbe sotto i suoi occhi l'austero
e grande esempio dei monaci d'Egitto; strinse pure relazione coll'eremita S.
Antonio, alla cui scuola apprese l'esercizio della virtù e una magnanima
fortezza d'animo, che sarà il suo baluardo contro le molteplici persecuzioni
dei suoi nemici ariani.
Intanto S. Alessandro, patriarca di Alessandria, ammirato della santità e della
scienza del giovane Atanasio, lo volle con sè; e dopo non molto tempo, vedendo
i di lui mirabili progressi nell'interpretazione delle Sacre Scritture, lo
ordinò sacerdote. Fu allora che il grande Dottore, conscio della sua grave
responsabilità, si diede con maggior slancio agli studi sacri, divenendo, in
breve, celebre per i suoi scritti. Intanto l'uragano che minacciava la Chiesa
era scoppiato. Ario, uomo turbolento, negava pubblicamente l'unione con
sostanziale di Gesù Cristo col Padre; per lui il mistero adorabile di un Dio
fatto uomo e morto per noi non era che un sogno vano!
Certo, nulla di più deleterio poteva esservi di queste empie dottrine, che ben
presto si estesero tra fedeli. A scongiurare un sì grave pericolo si convocò il
Concilio di Nicea. Atanasio vi andò col vescovo Alessandro. Egli aveva pregato
e studiato a lungo, e quando, giunto a Nicea, per invito del suo vescovo salì
la cattedra, cominciò con tale ardore la confutazione dell'empia eresia, e fu
Così limpido e così efficace il suo discorso, che appena ebbe finito, tutti i
vescovi che presiedevano al concilio, in numero di 300, si alzarono e unanimi proclamarono
Gesù Cristo consostanziale al Padre cioè figlio di Dio, perciò Dio anche Lui.
La vittoria era completa, ma questa per il grande Atanasio fu l'inizio di lotte
continue, che non avrebbero avuto fine che con la sua morte.
Le persecuzioni di ogni sorta non smossero il grande Dottore dall'opera
intrapresa, che divenne anzi più attiva quando alla morte di S. Alessandro
dovette, per volontà di tutto il popolo, occuparne la sede episcopale.
Da quel giorno tutte le forze del nuovo Vescovo furono dirette contro
l'Arianesimo. Cinque volte fu esiliato dalla sua sede, ma nulla mai potè
vincerlo; troppo forte era il suo amore a Gesù Cristo per il quale avrebbe dato
volentieri tutto il suo sangue.
Oltre che con la parola, difese la fede anche con gli scritti che sono
numerosi. Morì pieno di meriti nel 373 a 76 anni di età, 46 dei quali trascorsi
nella sede episcopale.PRATICA. Da S. Atanasio dobbiamo imparare la fermezza nella fede anche in mezzo
alle avversità della vita.PREGHIERA. Deh! Signore, esaudisci le nostre preghiere che ti indirizziamo
nella solennità del, tuo beato confessore e vescovo Atanasio; e per
intercessione dei meriti di lui che seppe degnamente servirti, assolvici da
tutti i peccati.
22 Maggio Santa Rita da Cascia Vedova e religiosa
***
Santa Rita nacque a Roccaporena (Cascia) verso il 1380.
Secondo la
tradizione era figlia unica e fin dall'adolescenza desiderò consacrarsi a Dio
ma, per le insistenze dei genitori, fu data in sposa ad un giovane di buona
volontà ma di carattere violento. Dopo l'assassinio del marito e la morte dei
due figli, ebbe molto a soffrire per l'odio dei parenti che, con fortezza
cristiana, riuscì a riappacificare. Vedova e sola, in pace con tutti, fu
accolta nel monastero agostiniano di santa Maria Maddalena in Cascia. Visse per
quarant'anni anni nell'umiltà e nella carità, nella preghiera e nella
penitenza. Negli ultimi quindici anni della sua vita, portò sulla fronte il
segno della sua profonda unione con Gesù crocifisso. Morì il 22 maggio 1457.
Invocata come taumaturga di grazie, il suo corpo si venera nel santuario di
Cascia, meta di continui pellegrinaggi. Beatificata da Urbano VIII nel 1627,
venne canonizzata il 24 maggio 1900 da Leone XIII. E' invocata come santa del
perdono e paciera di
Martirologio Romano: Santa Rita, religiosa, che, sposata con un uomo violento, sopportò con pazienza i suoi maltrattamenti, riconciliandolo infine con Dio; in seguito, rimasta priva del marito e dei figli, entrò nel monastero dell'Ordine di Sant'Agostino a Cascia in Umbria, offrendo a tutti un sublime esempio di pazienza e di compunzione.