IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO XII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda. Salmo 138
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca, (Lc 1,57-66.80)
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I
vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua
grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con
il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà
Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con
questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli
chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono
meravigliati. All'istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava
benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa
della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano,
le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero
la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte
fino al giorno della sua manifestazione a Israele. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Chiamati per nomeDiede alla luce un figlioIl racconto che Luca ci trasmette dell'annuncio e della nascita del Battista
andrebbero letti in parallelo con gli stessi racconti che riguardano Gesù, non
è il susseguirsi cronologico quanto il loro significato teologico che dovremmo
considerare.
All'annuncio a Zaccaria (Lc 1,5-25) fa eco quello a Maria (Lc 1,26-38), alla
nascita di Giovanni (Lc 1,57-66) corrisponde la nascita e la circoncisione di
Gesù (Lc 2,1-21), col cantico di Zaccaria (Lc 1,67-80) risuona quello di
Simeone (Lc 2,29-32): il sole sorge dall'alto è luce per rivelarti alle genti;
di Giovanni si dice che cresceva e si fortificava nello spirito (Lc 1,80)
mentre di Gesù: cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio
era su di lui (Lc 2,40); meraviglia, stupore, timore sono suscitati nella gente
in entrambi gli avvenimenti (Lc 1,65-66 e 2,18-19).
Giovanni è Precursore dapprima della sua nascita; quanto è avvenuto nel tempio
a Zaccaria è già annuncio della venuta del Signore, Dio ha posto fine alla
nostra sterilità ci ha reso fecondi, ci conduce al battesimo al Giordano (Lc 3,
21-22) in cui è manifestato lo Spirito e ricevuto la conferma del Padre: «Tu
sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Il nostro itinerario di fede ha bisogno di confrontarsi con il Battista,
passare attraverso il deserto in un impegno di conversione per il perdono dei
peccati (Lc 3,3), per scoprire il senso di appartenenza alla famiglia umana e
la necessità della comunione: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi
ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3,11).
Otto giorni dopo
Il racconto della imposizione del nome è molto singolare, e per alcuni aspetti
buffo, tanto da suscitare riflessioni anche al nostro tempo: la dinamica tra
tradizione e novità, la condizione femminile, la relazione con i portatori di
disabilità.
Volevano chiamarlo con il nome di suo padre per seguire la logica del
tradizionalismo, del ?si è fatto sempre così?, per mantenere le cose come sono,
come se la storia non camminasse, come se la Promessa e ogni Benedizione
rimanessero cristallizzate nel passato, come se nella storia Dio non avesse
offerto prospettive e speranze. Il tradizionalismo è la negazione dell'azione
di Dio nel tempo, mentre il fare memoria chiede di ritornare sempre alle radici
con grande rispetto per trovarvi stimoli e indicazioni per camminare avanti,
crescere e rinnovarci. Rinnovarci è accogliere ogni giorno il dono di Dio che
ogni giorno ci accompagna. Volevano portare Elisabetta e Zaccaria a trattare
quella nascita come un evento qualsiasi senza riconoscere in esso la presenza decisiva
del Signore.
Con lo stile deciso e delicato che ci sta trasmettendo Papa Francesco bisogna
resistere a tutto ciò che vuole fare della Chiesa, e del clero in particolare,
una combriccola di gente che, tradendo Cristo ed il Vangelo, sostituisce l'uno
e l'altro con le proprie fisime, ammantandole di sacralità falsa. (Nunzio
Galantino 23.12.14)
Ma sua madre intervenne per dare il nome al bambino che non viene presa in
considerazione, anzi contestata. La tradizione prevedeva che il padre del
bambino desse il nome al figlio seguendo la consuetudine della «discendenza».
Il figlio è proprietà del padre, suo è il seme, la donna ha solo una funzione
strumentale. Anche se la storia e la scienza ci hanno portato a capire altro
ancora c'è molto da fare nel mondo perché il genio femminile sia rispettato e
valorizzato.
Allora domandavano con cenni a suo padre, cosa strana visto che è scritto che
divenne muto e non sordo. Purtroppo, è assai difficile comportarsi normalmente
con chi ha delle disabilità, come se un deficit rendesse tutto il suo essere
incapace, fino a negare la possibilità di intendere e di volere.
«Giovanni è il suo nome».
Il nome indica la persona, il suo unico ed irripetibile valore. Noi non ci
chiamiamo, siamo chiamati dagli altri, siamo il frutto di una relazione, di cui
il nome è espressione. Il figlio di Elisabetta e Zaccaria non porta il nome del
padre nella carne, ma di chi lo ha generato in forza della Promessa:
«Giovanni», che significa «Dio fa grazia» o «Dio fa misericordia». Ogni nome
deriva da Dio: solo in Lui l'uomo comprende il valore della esistenza che ha
ricevuto.
Dio chiama ciascuno per nome, amandoci singolarmente, nella concretezza della
nostra storia.... E implica una risposta personale, non presa a prestito, con
un copia e incolla. La vita cristiana infatti è intessuta di una serie di
chiamate e di risposte: Dio continua a pronunciare il nostro nome nel corso
degli anni, facendo risuonare in mille modi la sua chiamata a diventare
conformi al suo Figlio Gesù.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 7,1-5)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale
giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà
misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi
della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: "Lascia che
tolga la pagliuzza dal tuo occhio", mentre nel tuo occhio c'è la trave?
Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per
togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
La calunnia... La maldicenza... Chi non ne ha sofferto? Ma
chi, in tutta coscienza, può affermare di non averne mai fatto uso?
Il re Davide temeva talmente di peccare per mezzo della sua lingua, che chiese
a Dio "di mettere una guardia alla sua bocca, e una sentinella alla sua
lingua". E, nella sua sapienza, Dio ha messo la nostra lingua in quella specie
di recinto che è la nostra bocca.
Ma essa è così pronta a scappare per sputare il suo veleno, che il salmista,
per poterla dominare, deve chiedere l'aiuto di Dio.
In nome di quale giustizia, di quale carità, ci crediamo autorizzati a
giudicare, a calunniare o a sparlare? Supponendo che siamo perfetti (cosa poco
probabile, su questa terra), dovremmo sapere che la perfezione comprende
l'umiltà, cioè l'indulgenza, il perdono, la preghiera per sostenere i peccatori
(di cui facciamo parte), l'aiuto spirituale, e i consigli caritatevoli.
San Giacomo non ha avuto paura di affermare che un uomo che non ha peccato con
la lingua è un santo. E san Paolo di gridare: "Chi sei tu, per giudicare tuo
fratello? Noi compariremo tutti davanti al tribunale di Cristo".
Un proverbio libanese dice: "Chi ha una casa di vetro deve evitare di lapidare
gli altri". Un poeta arabo dice: "La tua lingua non dica niente
sull'imperfezione di un altro. Tu sei pieno di imperfezioni, e anche gli altri
hanno la lingua". È forse perché essa ha operato soltanto per "tutto ciò che è
elevato" che la lingua di sant'Antonio di Padova è stata conservata? Mi piace
pensarlo.
Il solo giudizio severo che siamo abilitati, o piuttosto che abbiamo il dovere
di formulare, non deve vertere che su noi stessi.
Oh, se potessimo giudicare gli altri con la stessa clemenza che concediamo a
noi stessi, il paradiso sarebbe già di questo mondo!
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 7,6.12-14)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci,
perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro:
questa infatti è la Legge e i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che
conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è
la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la
trovano!». Parola del Signore.
La nostra fede non deve essere sulle difensive. Noi abbiamo troppa tendenza a focalizzare i nostri esami di coscienza sui divieti. Non ho fatto né questo né quello, dunque non ho nulla da rimproverarmi. Molti sono convinti e affermano "Forse non vado in chiesa, ma ciò non mi impedisce di essere un credente migliore di molti altri. Non uccido, non rubo, non tradisco nessuno, non faccio del male a nessuno...".
Molto edificante, non è vero? Ma bisogn capire che la fede in Gesù Cristo non consiste unicamente nell'evitare il male, ma nel fare il bene.
Che ciò gli stia bene o meno, un cristiano sarà giudicato in base all'amore, cioè la messa in atto della sua fede.
I comandamenti di Dio dovrebbero servire come carta di tutte le religioni, di tutte le ideologie, di tutte le politiche, poiché rispondono a ciò che ognuno desidera nel più profondo di se stesso: vita, amore, rispetto, libertà, felicità...
Non dovremmo prendere che una sola risoluzione nella nostra vita e applicarci a viverla nei confronti di tutto e contro tutto: "Metterci al posto di ciascuno dei nostri fratelli e agire come ameremmo che essi agissero nei nostri confronti".
Il mondo andrebbe a meraviglia.
TESTTOO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 7,15-20)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dai falsi profeti,
che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro
frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono
produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero
buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti
buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco.
Dai loro frutti dunque li riconoscerete». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Si contano tremila sette negli Stati Uniti e
duemilacinquencento in Europa. Ognuna di queste sette si attribuisce il
monopolio della verità, e, di conseguenza, si adopera a convincervi che, fuori
della loro dottrina, marcireste nell'errore.
Da qualche tempo gli evangelisti televisivi degli Stati Uniti lamentano un calo
di ascolto, dovuto ad alcune delle loro prediche, o al loro agire scandaloso.
Tutti si ricordano di James Jones, in Guyana, che impose il suicidio a
novecento dei suoi adepti. Il lavaggio del cervello (attentato supremo alla
libertà) non fallisce mai i suoi obiettivi.
I capi delle sette si impongono come investiti da Dio di una missione
particolare e salvifica. Essi si considerano eletti, puri, e perciò dicono di
essere incompresi e perseguitati. Essi posseggono la capacità di suscitare
turbamento, paura e insicurezza nei loro adepti, di farli regredire in qualche
modo, rendendoli incapaci di "essere" al di fuori del giro della setta. Alcuni
capi giungono fino al punto di minacciare di morte coloro che osassero
rinnegare "la loro fede".
Il pericolo viene dal fatto che questi illuminati (o questi profittatori)
recitano la persuasione come dei virtuosi, alternando dolcezza e fermezza con
un'arte consumata. Essi "seducono" i loro "fans", che finiscono con
l'inghiottire tutto con delizia. Ogni volta che la convinzione o la pratica
religiosa indietreggiano, le sette prendono piede.
L'intolleranza dei loro fondatori verso quelli che non pensano come loro giunge
spesso fino all'aggressività. Purtroppo, non sembra che la carità abiti i loro
cuori. E, senza carità, non si può essere che falsi profeti.
Fu chiesto un giorno al pastore di una setta come andasse la sua chiesa: "Non molto
bene - disse -, ma grazie a Dio le altre non se la cavano meglio".
Grazie, Signore, della serenità che mi dà la tua Chiesa.
IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO XII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B IL VANGELO NEL 21° SECOLO
28 Giugno 2018 Giovedì
della XII settimana del Tempo Ordinario Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 7,21-29)
«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli,
ma colui che fa la volontà del Padre mio.
***
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 7,21-29)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma
colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi
diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo
nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse
compiuto molti prodigi?". Ma allora io dichiarerò loro: "Non vi ho mai
conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!".
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a
un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia,
strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma
essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie
parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha
costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi,
soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua
rovina fu grande».
Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo
insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come
i loro scribi. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
No, non ci bastano le parole. Abbiamo bisogno di parole credibili, pronunciate da persone che vivono ciò che dicono. La folla è ammirata da Gesù perché, diversamente dagli uomini religiosi del suo tempo, fa ciò che dice. Perciò la sua parola è autorevole, ascoltata e accolta. Così per noi: non basta professarsi cristiani per esserlo davvero, non basta dirsi credenti per vivere da discepoli. Anche le nostre parole, anche le mie, possono diventare sterili e teoriche manifestazioni di cultura teologica. La Parola che Dio pronuncia diventa il fondamento di ogni nostra scelta, di ogni nostra decisione. Poiché abbiamo scoperto che la volontà di Dio è tutto ciò che ci può costruire perché ci conduce all'essenziale di noi stessi, su tale volontà, espressa anzitutto attraverso la Scrittura, fondiamo la casa della nostra vita. Allora né tempeste, né affanni, né preoccupazioni, e nemmeno il nostro peccato possono far crollare ciò che è costruito a partire dalla Parola di Dio. Interroghiamoci, oggi, su quanto il Vangelo che meditiamo quotidianamente abbia scavato in noi stessi, colmando i nostri abissi di solitudine e aprendoci alla speranza.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 16,13-20)
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai
suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero:
«Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei
profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il
Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né
sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico:
tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli
inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli:
tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che
scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Parola
del Signore.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 8,5-17)
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione
che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto,
paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il
centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio
tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo
anch'io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli
va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed
egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità
io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io
vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa
con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno
saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E
Gesù disse al centurione: «Va', avvenga per te come hai creduto». In quell'istante
il suo servo fu guarito.
Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con
la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo
serviva.
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con
la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto
per mezzo del profeta Isaìa: "Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato
delle malattie". Parola del Signore.
Pascal scriverà, facendo parlare Gesù: "I medici non ti guariranno! Sono io che guarisco e rendo il corpo immortale!".
Gesù si prende carico di tutte le nostre infermità, di tutte le nostre malattie, sia fisiche che morali. Non dobbiamo avere paura di parlargliene! Sappiamo parlargliene con la fede del centurione, con quella della suocera di Pietro, dei parenti degli indemoniati, con quella dei malati.
Egli potrà dirci, come al centurione: "Va', e sia fatto secondo la tua fede". Egli potrà, come la suocera di Pietro, toccare la nostra mano. Potrà cacciare i nostri demoni per mezzo della sua parola.
"Signore Gesù, i medici non mi guariranno, ma sei tu che guarisci! Infondi in me la fede del centurione, quella della suocera di Pietro. Guariscimi, caccia i miei demoni. Toccami. Di' una parola ed io sarò guarito!".