TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 7,1-8,14-15,21-23)
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi,
venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure,
cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si
sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e,
tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano
molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di
oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i
tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma
prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta
scritto:
"Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini".
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene!
Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma
sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi
discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i
propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità,
inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste
cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo». Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
"Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me". Nella
discussione tra Gesù e i farisei si percepiscono forti tensioni. Oggetto del
dibattito è la "religione pura" (Gc 1,27). Gesù pone al centro di essa il cuore
dell'uomo e la sua liberazione dal male, mentre i farisei difendono il rituale
esteriore della religione venuta da Dio.
"Il suo cuore è lontano da me". Tutti dobbiamo ammettere questa verità, che noi
non controlliamo il nostro cuore. Quanti vorrebbero smettere di bere troppo e
non lo possono fare? Prendiamo anche il noto esempio del grande santo della
Chiesa dei primi secoli, il cui cuore fu così diviso, per molti anni, da
spingerlo a pregare così: "Signore rendimi casto, ma non subito!"
(Sant'Agostino).
Quanti vorrebbero disfarsi dell'invidia e dell'orgoglio e, invece, si
sorprendono a fare il contrario?
"Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto" (Rm 7,15).
Spesso ci rendiamo conto di questo per la prima volta quando cominciamo a
prendere più seriamente la nostra fede e a seguire più da vicino un modo di
vita cristiano. Ci stupiamo della nostra tendenza a ripetere gli stessi errori
e a ricadere nello stesso peccato. Cominciamo a capire il grido di san Paolo:
"Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?" (Rm
7,24).
"Il suo cuore è lontano da me". Il fine della vita cristiana è l'unione con Dio
e l'unità con il prossimo. Per raggiungere questo scopo, dobbiamo innanzi tutto
essere liberi dalla schiavitù delle cattive intenzioni. Dobbiamo conquistarci
la libertà! Quest'impresa è interamente opera della grazia del Redentore. Così
Gesù promette: "Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero" (Gv 8,36).
La Chiesa cattolica non ha per fine quello di dare spettacolo, ma piuttosto
quello di adempiere ad un dovere semplice e divino: la conversione della nostra
vita grazie ad un cambiamento di cuore, ispirato dalla grazia. La Chiesa
ritiene che, facendo ciò, ha fatto tutto mentre, se non fa ciò, non vale la
pena di fare nient'altro. Essa prega, predica e soffre per un vero battesimo
del cuore, a fine di liberarlo perché accolga Cristo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 4,16-30)
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo
solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il
rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l'anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga,
gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si
è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che
uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma
egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura
te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella
tua patria!"». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene
accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in
Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e
ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato
Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C'erano molti lebbrosi in
Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non
Naamàn, il Siro».
All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si
alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del
monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli,
passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Nel Vangelo di Luca l'episodio della predica di Gesù nella sinagoga di Nazaret
ha valore programmatico, perciò è tanto più importante capire con esattezza il
suo significato. Spesso viene interpretato in modo erroneo, perché si cerca di
imporre al testo di Luca la prospettiva del passo parallelo di Marco e Matteo,
mentre l'orientamento di Luca è diverso.
Luca lo vediamo distingue chiaramente due tempi contrastanti in questa visita
alla sinagoga di Nazaret. In un primo tempo Gesù legge una profezia di Isaia e
la dichiara adempiuta, perché lui stesso sta predicando l'anno di grazia
annunziato dall'oracolo profetico. La reazione della gente di Nazaret è quanto
mai favorevole: "Tutti gli rendevano testimonianza scrive l'evangelista ed
erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca".
In un secondo tempo, però, Gesù riprende a parlare citando l'esempio del
profeta Elia e del profeta Eliseo, entrambi autori di miracoli a profitto non
di connazionali, bensì di stranieri: la vedova di Sarepta e il siro Naaman il
lebbroso. Allora la reazione dei nazaretani si capovolge: "Tutti nella
sinagoga furono pieni di sdegno", al punto di voler perfino uccidere Gesù,
precipitandolo in un precipizio.
Come si spiega questo completo voltafaccia? Per spiegarlo correttamente occorre
capire i sentimenti dei compaesani di Gesù. Quando dicono, dopo il suo primo
intervento: "Non è il figlio di Giuseppe?" Non lo dicono con un senso
di disprezzo, come negli altri sinottici, ma per sottolineare che Gesù, questo
nuovo, ammirevole profeta, è un loro compaesano, quindi appartiene a loro. Il
loro atteggiamento esprime una tendenza possessiva. Se Gesù ci appartiene,
pensano, deve riservare a noi il primo posto nel suo ministero, deve fare per
noi i miracoli! Gesù avverte questi loro pensieri e non li accetta, anzi li
denuncia: "Di certo voi mi direte: Quanto abbiamo udito che accadde a
Cafarnao, fallo anche qui nella tua patria!". Ma Gesù ribatte:
"Nessun profeta è "accoglibile" nella sua patria"
("accoglibile" è la traduzione precisa del termine usato qui da
Luca). E Gesù lo spiega con gli esempi di Elia e di Eliseo. Gesù, cioè, si è
opposto risolutamente alla tendenza possessiva dei suoi concittadini e ha
richiesto loro una grande apertura di cuore, li ha invitati ad accettare che
egli si dedicasse al servizio di altra gente, che andasse altrove a compiere i
suoi miracoli. Contrastato, l'affetto possessivo si muta in odio violento (tanti
drammi passionali si spiegano così; tanto più era forte l'affetto possessivo,
tanto più violenta è la reazione contraria).
Lo stesso atteggiamento si ritrova poi negli Atti degli Apostoli da parte dei
Giudei che contrastano l'apostolato di Paolo. Lo contrastano perché vedono che
ha successo presso i pagani; sono presi da gelosia, e invece di ascoltare il
messaggio evangelico perseguitano l'Apostolo.
Se vogliamo essere con Gesù, dobbiamo aprirci alla lezione molto seria di
questo Vangelo: per essere con lui è necessario aprire il proprio cuore, non
amare neppure Gesù in maniera possessiva, chiedendo per noi stessi le sue
grazie, i suoi favori, chiedendo privilegi...
Se vogliamo essere veramente con lui, lo dobbiamo accompagnare quando va verso
altra gente e quindi accogliere le grandi intenzioni missionarie della Chiesa.
Soltanto così siamo veramente uniti al cuore di Gesù, altrimenti il nostro è un
certo egoismo spirituale, che, per quanto spirituale, rimane egoismo, contrario
alla carità di Cristo.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 4,31-37)
In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di
sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua
parola aveva autorità.
Nella sinagoga c'era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a
gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?
Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a
terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l'un l'altro: «Che parola è mai
questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne
vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
La folla è colpita dalla predicazione di Gesù: egli parla con autorità, la sua
parola è credibile, vera, vissuta, pensata.
La gente è stanca di ascoltare
predicatori ferrati in teologia e poveri in esperienza e in umanità, che citano
solo parole incomprensibili studiate sui libri e non nella vita. Gesù non è uno
scriba né un dottore della legge, eppure le sue parole provocano, accarezzano,
leniscono, scuotono, liberano, allora come oggi. Diverso dai tanti opinionisti
che ci spiegano come e cosa pensare, che ci spingono all'omologazione, Gesù ci
rivolge una parola autentica e autorevole, attuale e profonda perché vissuta.
Parola che accogliamo, oggi come ieri, non come la parola di un saggio del
passato, ma come l'epifania di Dio, la manifestazione del mistero nascosto nei
secoli. E questa parola libera, allontana il male, la parte oscura dell'uomo e
delle cose: l'indemoniato è liberato senza danni, la sua anima ora respira gioia
e serenità. Povero indemoniato! Conosce Gesù, è ferrato in teologia: sa che è
il Santo di Dio, eppure non vuole avere a che fare con lui, si spaventa. Il
demone della superficialità può avvelenare il nostro pensiero e farci dire:
cosa c'entra Dio con la mia vita concreta? Si accontenti delle mie devozioni,
della mia fede, so che Dio esiste, gli debbo onore e rispetto, ma non vada
oltre. Che il Signore ci liberi con la sua Parola autorevole da una fede fatta
solo di ritualità, dalla fragile fede che si lega solo al senso del dovere e
senza passione.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 4,38-44)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La
suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si
chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in
piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie
li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da
molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li
minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo
cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse
via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del
regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Siamo guariti per servire, come la suocera di Pietro. Incontrare Dio ci guarisce nel profondo, a volte anche nel corpo. Ma sappiamo bene che la salute è importante, ma non sufficiente: ci sono persone sanissime insoddisfatte e depresse ed altre, malate, capaci di stupirci per la loro serenità e la loro forza interiore. Chi si è avvicinato al vangelo sa che la frequentazione del Signore nella preghiera e nella meditazione spalanca il cuore e la mente ad una nuova prospettiva e, come nell'innamoramento, questo incontro ci carica come una molla. Ma, ammonisce Luca oggi, se siamo guariti non è per crogiolarci, per sentirci fortunati e staccarci dal mondo, ma per metterci al servizio dei tanti fratelli e sorelle che incontriamo. Come Gesù, troviamo la forza del servizio al Regno nel dialogo intimo col Padre, ritagliato anche nei momenti meno probabili, come la notte. La preghiera e la Parola fanno fuggire la parte oscura di noi, quella demoniaca, quella schizofrenica che ci fa professare la fede senza viverla. Affidiamo al Signore che ci guarisce nel profondo la nostra vita, con immensa fiducia, con perdurante amore...
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 5,1-11)
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola
di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate
alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che
era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava
alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le
vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la
notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero
così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano.
Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli.
Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo:
«Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti
aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano
fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di
Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di
uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
Per san Pietro l'episodio della pesca miracolosa segnò un nuovo inizio, dopo il
suo primo incontro con Gesù. "Gesù gli disse: "Non temere; d'ora in
poi sarai pescatore di uomini"".
Ogni nuovo giorno per un cristiano è un nuovo inizio: dobbiamo sempre essere a
disposizione del Signore e ogni giorno cominciare con la sua parola. Tutti i
giorni sembrano uguali; in realtà, nella ripetitività delle occupazioni c'è
sempre la novità della parola di Dio che ci dà una piccola luce per quella
giornata, che ci dà la forza e la fiducia che, appoggiati ad essa, il nostro
giorno sarà fruttuoso per noi e, misteriosamente, per tutto il mondo. Gli
Apostoli sulla parola di Gesù gettarono di nuovo le reti, "e presero una
quantità enorme di pesci e le reti si rompevano".
Viviamo ogni giorno così, lasciando che il nostro lavoro sia reso spiritualmente
fecondo dalla potenza della parola del Signore. Non sempre ne vedremo i frutti,
è vero, ma la fede ci rende certi che in lui nulla va perduto.
"Portate frutto in ogni opera buona ci esorta san Paolo rafforzandovi con
ogni energia secondo la gloriosa potenza di Dio, per poter essere forti e
pazienti in tutto; ringraziando con gioia il Padre". Nei tratti semplici
della vita quotidiana, sotto le ordinarie apparenze della vita di ogni uomo,
opera sempre "la gloriosa potenza di Dio"; per questo bisogna essere
attenti e vigilanti a non lasciarla operare invano, per esserne testimoni nella
nostra condotta.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo (Lc 5,33-39)
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: "Il vecchio è gradevole!"». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Letto così come viene presentato, dà l'idea di una certa contrarietà di Gesù
verso il digiuno, una pratica di pietà osservata il lunedì e il giovedì.
"I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i
discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!". Un'accusa stolta
e tesa ad accusare quel Dio che essi cercavano altrove e pensavano di adorare
proprio facendo quel digiuno.
Non sapevano che Gesù aveva cominciato la sua missione con quaranta giorni di
digiuno! Non capivano i suoi insegnamenti.
La scelta di Gesù di far mangiare gli Apostoli anche in quei giorni nasce da
una esigenza fisica dovuta allo sfinimento fisico per le lunghe ore di cammino
che facevano ogni giorno. Passavano di città in città per la predicazione di
Gesù e i discepoli dovevano trattenere la gente che voleva toccarlo, Lo
proteggevano tutto il giorno, facevano quasi ogni giorno chilometri di cammino
in ogni condizione climatica, quindi, dovevano essere sempre sfiniti.
Questa la ragione della necessità del cibo per riacquistare le forze fisiche.
La vita condotta da Gesù e dagli Apostoli era completamente diversa da quella
dei loro accusatori, i quali vivevano sicuramente con meno affaticamento. I
farisei disponevano delle loro giornate con un certo ordine: un tempo per il
lavoro, un tempo per il ristoro dalle fatiche quotidiane, ma la fatica di Gesù
e dei suoi non aveva sosta.
I farisei che lavoravano non compivano gli sforzi immani di Gesù e degli
Apostoli, loro sì che facevano fatiche indicibili. Ogni giorno macinavano
chilometri per le contrade delle terre di Israele a predicare l'Amore, il Regno
di Dio arrivato in mezzo al popolo.
Se Gesù avesse imposto loro due giorni di digiuno, li avrebbe messi nella
condizione di non potergli essere di grande aiuto.
Non era quello il momento di praticare un'ascesi che infine non era
costruttiva. Dio era con gli Apostoli e essi in futuro avrebbero fatto anche
prolungati digiuni. I farisei che digiunavano volevano rendersi gradito a Dio,
ma Dio era in mezzo a loro che gradiva immensamente la fedeltà e l'impegno a
seguirlo.
Dinanzi ai farisei ostinati e bugiardi, oltre a Gesù c'erano uomini che avevano
lasciato tutto per seguire la volontà di Dio, molto più impegnativa dei riti
esteriori dei farisei. Gli Apostoli avevano donato tutto a Gesù, molto più del
digiuno indicato rituale.
Non è sufficiente il digiuno rimanendo nella vecchia mentalità, il digiuno
diventa importante se accompagnato dalla fedeltà a Dio.
Ma è sempre utile fare il digiuno in qualsiasi condizione spirituale, qualcosa
di buono si ricaverà sempre.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 6,1-5)
Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e
mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è
lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi
compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta,
ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non
ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell'uomo è signore del sabato». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Un sabato Gesù passava fra campi di grano.
La religione dei farisei è di una tristezza infinita. Manca in essa il cuore
del Padre. La vera religione è il cuore del Padre che vive nel cuore dell'uomo.
Se si toglie il cuore del Padre, si precipita in quell'ateismo religioso o in
quell'idolatria vissuta in nome di Dio che devasta menti e cuori. Dal cuore
senza Dio, privo di esso, i farisei giudicano e condannano il cuore di Dio che
vive tutto in Gesù Signore.
Se manca il cuore di Dio, quello vero, manca anche il cuore dell'uomo. Devono
necessariamente abitare i due cuori: quello di Dio e quello di ogni altro uomo.
Al cuore dell'uomo si deve offrire il cuore di Dio, perché anche in esso possa
abitare il Signore. È nel momento in cui il cuore di Dio vive nel cuore
dell'uomo, che questi diviene persona di vera religione.
I farisei sono privi del cuore di Dio nel loro cuore. Danno quello che hanno:
esteriorità, confusione, assenza di misericordia e di pietà, giudizio e
condanna. Danno una legge priva del suo più autentico contenuto di salvezza. Il
dono della legge è sempre dono di purissima luce. Dare una legge di tenebre è
opera diabolica.
A quanti lo accusano di trasgredire la legge, Gesù risponde con un esempio di
trasgressione della legge operata da Davide mentre fuggiva per porre in salvo
la sua vita minacciata da Saul. Lui entrò nella casa di Dio, prese i pani
dell'offerta, pani santissimi e ne mangiò lui e i suoi compagni. Questi pani
erano riservati solo ai sacerdoti. Perché il sacerdote del tempo permise
questo? Perché in quel sacerdote abitava il cuore del Padre e secondo il cuore
del Padre interpretava la sua legge.
Questa regola vale anche per noi cristiani. O camminiamo con il cuore del Padre
nel nostro cuore ed allora sappiamo sempre interpretare la sua Parola, caso per
caso, persona per persona, momento storico per momento storico, oppure facciamo
della sua Parola uno strumento di esclusione dal regno e dalla vita. Il cuore
del Padre abita solo in Cristo Gesù. Si diventa con Cristo un solo cuore, il
cuore del Padre diviene nostro, lo Spirito Santo ci illumina, sappiamo cosa
dare ogni giorno ai nostri fratelli.
Perché Gesù afferma di se stesso che il Figlio dell'uomo è signore del sabato?
Perché Lui avendo nel suo cuore il cuore del Padre, nello Spirito Santo conosce
la volontà del Padre sul sabato e secondo la divina verità Lui insegna come
osservarlo. I farisei invece non sono signori di esso, perché nel loro cuore
abita la falsità, la menzogna, abita satana e sempre daranno alla legge del
Signore una interpretazione errata. Essi sanno fare della legge del Signore uno
strumento di odio, non di amore verso Dio.
Spesso anche il Vangelo, recitato alla lettera, senza il cuore di Cristo nel
nostro cuore, diviene strumento di condanna, non lieto annunzio, buona notizia,
messaggio di gioia e di pace. Dobbiamo sempre ricordarci che la lettera della
Legge e del Vangelo, la lettera della verità anche di fede sempre uccide. Lo
Spirito invece vivifica. Lo Spirito della Legge e del Vangelo, della verità e
della fede, è lo Spirito del Padre, che abita tutto nel cuore di Cristo
Signore. Si entra in questo cuore, si rimane in esso, si entra in comunione
perfetta con lo Spirito di Dio e sempre noi sapremo dare al Vangelo di Cristo
Gesù, la sua verità. Sempre lo trasformeremo in un messaggio di gioia e di
vita. Questo non significa che lo priveremo della sua verità. Faremo di essa
una gioia.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero cuore di
Gesù.