IL VANGELO DEL GIORNO V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Il tuo amore, Signore, sia su di noi: in te speriamo. Salmo 32
IL VANGELO DEL GIORNO V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
V DOMENICA DI PASQUA
ANNO A
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,1-12)
Vado a prepararvi un posto verrò di nuovo e vi prenderò con me.
***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,1-12)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi
sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"?
Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò
con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado,
conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la
via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al
Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il
Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù:
«Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto
me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? Non credi che io
sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me
stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per
le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere
che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre». Parola
del Signore.

RIFLESSIONI
Le ultime parole che si pronunciano alla fine della vita
hanno un carattere particolare. Riassumono il mistero di un essere. Platone fa
parlare il suo maestro Socrate di immortalità prima di morire. Il condannato a
morte consola quelli che restano.
Le ultime parole possono essere molto pragmatiche. La madre di Goethe diede
istruzioni di non mettere troppa uva passa nel dolce preparato per la sua
sepoltura. Alcuni esortano i loro figli a sostenersi a vicenda. I patriarchi
della Bibbia muoiono benedicendo la loro discendenza.
Anche nel nostro Vangelo si tratta di ultime parole. Parla uno che è
consapevole di stare per morire. E colui che ne ha preso nota è convinto che
quel morto è ancora in vita.
Non leggete queste parole come un discorso ben costruito e coerente. Immaginate
delle pause. Prendetele piuttosto come parole pronunciate in un profondo
silenzio, come parole indirizzate a uomini prigionieri, "tutt'orecchi", in
qualche modo. Noi potremmo ascoltarle anche come si ascolta una goccia d'acqua
cadere in una grotta. Bisogna che chi ascolta sia assolutamente silenzioso per
lasciar entrare in sé queste parole. Se noi ascoltiamo veramente, sentiamo
parole di consolazione: "Non sia turbato il vostro cuore". Parole di speranza:
"Nella casa del Padre mio vi sono molti posti". Parole di maestà: "Io sono la
via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me".
Parole di vocazione esigente: "Chi crede in me compirà le opere che io compio".
Non è facile per noi capire immediatamente queste parole. I discepoli che
interrompono il Signore fanno delle domande smarrite. Non hanno ancora capito,
eppure è già l'ora dell'addio. Sapremo noi capire meglio?

IL VANGELO DEL GIORNO V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Lunedì della V
settimana di Pasqua Anno A
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,21-26)
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva,
questi è colui che mi ama.
***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,21-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti
e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e
anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l'Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi
manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo
amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama,
non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del
Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo
Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e
vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Nel Vangelo di oggi, nostro Signore ripete questo concetto
almeno tre volte: se uno lo ama, osserverà la sua parola, le sue parole e i
suoi comandamenti. Osservare i suoi comandamenti (riassunti in quello
dell'amore), osservare le sue parole (cioè il suo insegnamento trasmesso dalla
Chiesa), è possibile solo se osserviamo la sua parola, in particolare quando la
Parola del Padre si è impossessata dei nostri cuori (sant'Agostino).
È l'opera dello Spirito Santo, l'amore fra il Padre e il Figlio, che è stato
riversato nei nostri cuori per mezzo dei sacramenti. Come la missione del
Figlio ha avuto per effetto di condurci presso il Padre, così la missione dello
Spirito Santo ha per effetto di condurci al Figlio (san Tommaso d'Aquino). È
proprio lo Spirito Santo che ci rende capaci di affrontare ogni cosa per
Cristo. Vieni, Spirito Santo!

IL VANGELO DEL GIORNO V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Martedì della V
settimana di Pasqua Anno A
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,27-31)
Vi lascio la pace,
vi do la mia pace.
***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,27-31)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia
pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho
detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al
Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che
avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di
me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il
Padre mi ha comandato, così io agisco». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Ad Auschwitz, nel campo di concentramento, c'era un carcere:
il famigerato Blocco II. Là, in una cella sotterranea san Massi-miliano Kolbe è
morto d'inanizione dopo una lunga e penosa agonia, attorniato da ogni tortura e
miseria umana. Fuori c'era il cortile in cui circa ventimila uomini furono
assassinati; di fianco, l'"ospedale" in cui si praticava la vivisezione su
esseri umani, mentre, in fondo alla strada, si trovava il forno crematorio.
Eppure, nel cuore di padre Kolbe regnava quella pace che Cristo aveva promesso
di dare ai discepoli che, seguendo il suo esempio, sarebbero morti per la vita
di altri.
In circostanze simili, san Tommaso More pregava nella torre di Londra: "La
perdita dei beni temporali, degli amici, della libertà, della vita e di tutto
il resto non è nulla se si guadagna Cristo".
Il potente di questo mondo regna per mezzo della paura e dell'intimidazione. Ma
Cristo dice: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore".
Ci dà in dono la pace, non la pace del mondo, cioè la pace della sazietà e
della noia, la pace nata dal compromesso, la pace dei morti viventi, ma la pace
dell'unione con Dio, nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Una tale pace, nata nel perdono dei peccati e nutrita dall'amore, l'amore di
Dio per noi, aumenta in proporzione a ciò che soffriamo per Cristo.

IL VANGELO DEL GIORNO V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Mercoledì della V
settimana di Pasqua Anno A
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,1-8)
Chi rimane in me, e io in lui,
porta molto frutto.
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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,1-8)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre
mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni
tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri,
a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso
se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la
vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché
senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come
il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete
e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto
frutto e diventiate miei discepoli». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
In molte regioni, nel mondo attuale, il cristiano è ormai
una figura d'eccezione. Anche nei paesi tradizionalmente cattolici il credente
si trova immerso nel materialismo e nel laicismo che minacciano l'annientamento
della vita dello Spirito.
Abbandonati a noi stessi, ci perdiamo, intimoriti da forze che sembrano sempre
più grandi e imperiose.
La situazione della Chiesa delle origini non era però diversa. Eppure i primi
cristiani, al seguito di un gruppo di pescatori della Galilea, privi di potere
in quanto alle cose del mondo, ma riempiti della forza dello Spirito, "vennero,
videro e vinsero" l'Impero Romano. Contando solo sui propri mezzi, non potevano
far nulla, ma uniti a Cristo, come i tralci alla vite, produssero frutti in
abbondanza.
Ogni credente è chiamato a fare lo stesso: a sentirsi pronto ad essere
sfrondato dal vignaiolo, cioè dal Padre. In altre parole, per dare frutti
dobbiamo essere disposti a soffrire, per esempio andando contro le mode
imperanti, rispettando i nostri principi cristiani negli affari, restando
fedeli nel matrimonio, sopportando ogni tipo di discriminazione derivante dal
professare pubblicamente la nostra fede.
Una tale sofferenza purifica il cuore del credente e rafforza la vita di Cristo
in noi.

IL VANGELO DEL GIORNO V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Giovedì della V
settimana di Pasqua Anno A
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,9-11)
Vi ho detto queste cose
perché la mia gioia sia in voi.
***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,9-11)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche
io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia
piena». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
"Se un uomo e una donna sono davvero marito e moglie - dice
un proverbio cinese - allora è dolce anche essere mendicanti. In altre parole,
se ci si ama, si può essere felici anche nelle circostanze più difficili.
La gioia è il segno del vero credente, che ama Dio e che resta nell'amore di
Cristo. Chiuso e diffidente, il cuore dell'uomo fa fatica ad accettare di
essere infinitamente amato da Dio, nonostante i suoi peccati e i suoi rifiuti.
Accettare l'amore non meritato di Cristo, accettare il fatto che egli ci ama di
un amore eterno, significa provare una gioia senza limiti, quella gioia che si
esprime nelle lacrime del pentimento e negli inni di lode e di ringraziamento.
Perché questa gioia raggiunga la pienezza, l'anima deve restare nel suo amore,
deve sforzarsi di fare sempre la sua volontà, essere pronta a portare la
propria croce quotidiana, sopportare l'assenza di ogni altra gioia, anche se
legittima e persino l'esperienza orrenda del non riconoscere la presenza di
Dio, quella notte dell'anima che precede l'alba della gioia eterna, ora e nel
mondo futuro.

IL VANGELO DEL GIORNO V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Venerdì della V
settimana di Pasqua Anno A
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,12-17)
Voi siete miei amici,
se fate ciò che io vi comando.
***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,12-17)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che
vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più
grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate
e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che
chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi
amiate gli uni gli altri». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Nell'antichità, l'amicizia era stimata al di sopra di ogni
cosa. Era considerata qualcosa di raro, di cui poteva godere solo l'uomo
virtuoso ed educato, in quanto era vista come il più spirituale di ogni tipo di
amore.
A differenza dell'amore erotico, in cui gli amanti si amano ponendosi l'uno di
fronte all'altro, gli amici si tengono l'uno di fianco all'altro, mirando alla
stessa meta o avendo un interesse comune: il vero, il bene, il bello (C. S.
Lewis). Ciò che unisce i veri amici è la verità espressa in una vita virtuosa.
Cristo ha chiamato "amici" i suoi discepoli a lui più vicini solo alla fine
della sua vita, dopo aver fatto loro conoscere tutto ciò che aveva sentito dal
Padre, dopo aver rivelato la verità a coloro che egli aveva scelto. Per provare
che non esiste amore più grande del suo, egli ha offerto la propria vita per i
suoi amici. Di conseguenza, ciò che era raro nell'antichità, è comune nella
Chiesa, in cui uomini e donne conoscono e vivono la verità.
Tale verità distrugge ogni barriera sociale, culturale o razziale; unisce i
cuori e gli spiriti che cercano di conoscere e di vivere quella verità, che è
la nostra fede.
Così la Chiesa è cattolica, come lo è la vera amicizia, ed è per questo che
uomini e donne provenienti dagli ambienti più diversi possono amarsi davvero,
come ci ha amati Cristo. Ciò è evidente soprattutto nella vita religiosa.

IL VANGELO DEL GIORNO V DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Sabato della V
settimana di Pasqua Anno A
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,18-21)
Se il mondo vi odia,
sappiate che prima di voi ha odiato me.
***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,18-21)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se il mondo vi odia, sappiate che
prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo;
poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il
mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: "Un servo non è più grande del suo
padrone". Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno
osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto
questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato». Parola
del Signore.

RIFLESSIONI
Una fede da proteggere e diffondere con la spada è ben
debole. La storia è del resto consapevole del paradosso che fa sì che la fede
cristiana diventi più forte quando è perseguitata. Il sangue dei martiri,
scriveva Tertulliano, è seme di cristiani. Ai giorni nostri, il termine
"martire" è usato per definire chiunque soffra e muoia per una "causa", che può
essere l'idea di nazione, la rivoluzione sociale, persino la "guerra santa"
caldeggiata dai fanatici. Ma simili martiri sono causa di sofferenze maggiori
di quelle inflitte a loro stessi. Il vero martire (dal greco, che significa
testimone) soffre semplicemente perché è cristiano: testimone di Cristo.
Il nostro secolo è stato davvero il secolo del martirio, con innumerevoli
martiri, come i cristiani armeni in Turchia, i cattolici in Messico, nella
Germania nazista, nell'ex Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est, in Cina, in
Corea, in Vietnam, in Sudan... L'elenco potrebbe continuare. E, per restare
vicino a noi, molti sono coloro che affrontano un martirio "bianco", cioè senza
spargimento di sangue, tentando semplicemente di vivere la fede in un mondo
sempre più ateo o predicando le esigenze integrali dell'insegnamento della
Chiesa nel campo della morale, avendo per fondamento la rivelazione di Cristo.
Non dobbiamo essere sorpresi, ma piuttosto rallegrarci ed essere felici: è
questo che egli ci ha promesso.
