IL VANGELO DEL GIORNO II DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO DI QUARESIMA ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO
Esaudisci, o Padre, le nostre preghiere e trasfigura
anche noi,
perché possiamo essere sempre più conformi al tuo progetto di
salvezza.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 17,1-9)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li
condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il
suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed
ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui!
Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli
stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed
ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui
ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da
grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete».
Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa
visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti». Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
Nelle Scritture, la montagna
è sempre il luogo della rivelazione. Sono gli uomini come Mosè (Es 19) e
Elia (1Re 19) che Dio incontra. Si racconta anche che il volto di Mosè venne
trasfigurato da quell'incontro: "Quando Mosè scese dal monte Sinai - le due
tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva
dal monte - non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante,
poiché aveva conversato con il Signore" (Es 34,29). La magnificenza della
rivelazione divina si comunica anche a coloro che la ricevono e diventano i
mediatori della parola di Dio.
Gesù si mette a brillare come il sole sotto gli occhi di tre discepoli: questo
lo individua come colui che è l'ultimo a rivelare Dio, come colui che
oltrepassa tutti i suoi predecessori. Ciò è sottolineato ancor più dal fatto
che Mosè ed Elia appaiono e si intrattengono con lui.
Essi rappresentano la legge e i profeti, cioè la rivelazione divina prima di
Gesù. Gesù è l'ultima manifestazione di Dio. È quello che dimostra la nube
luminosa - luogo della presenza divina (come in Es 19) - da dove una voce
designa Gesù come il servitore regale di Dio (combinazione del salmo 2, 7 e di
Isaia 42, 1). A ciò si aggiunge, in riferimento a Deuteronomio 18, 15,
l'esortazione ad ascoltare Gesù, ad ascoltare soprattutto il suo insegnamento
morale.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 6,36-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati;
perdonate e sarete perdonati.
Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà
versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a
voi in cambio». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù ci chiama di nuovo ad imitare il Padre celeste con
l'essere misericordiosi. Questa insistenza è dolcissima, poiché noi tutti
abbiamo esperienza della nostra miseria e attraverso questa esperienza possiamo
capire cosa sia la misericordia. Ma è anche rigorosissima, poiché Gesù ci
avverte che vi è una esatta proporzione tra la misericordia che esercitiamo nei
confronti dei nostri fratelli e quella che riceveremo dal Padre. Una frase
sconvolgente, a pensarci bene! Dio ci ama al punto di mettere nelle nostre mani
la "misura" stessa di cui egli si serve per elargire il suo amore. Ma egli
vuole che noi ce ne serviamo come lui, per dare senza misura.
Gesù ci indica quattro modi assai pratici di esercitare la misericordia. Primo:
non giudicare. Durante questa Quaresima prendiamo la decisione di non giudicare
mai. Sforziamoci di fare un digiuno di quei giudizi spontanei che diamo così
spesso, in parole o in pensieri. Anche se siamo responsabili di qualcuno, non
dobbiamo mai giudicare le sue intenzioni; non sappiamo quali siano i suoi
sentimenti profondi, e il segreto del suo cuore non appartiene che a Dio.
Condannare è ancor peggio: è dare un giudizio definitivo. Evitiamo la più
piccola condanna, nelle nostre parole e nei nostri gesti. Al contrario,
sforziamoci sempre di assolvere, di scusare, di rimettere a ciascuno il suo
debito; cerchiamo di perdonare sempre e riceveremo anche il perdono del Padre.
È così che verrà il regno di Dio "come in cielo così in terra".
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23,1-12)
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e
osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché
essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare
e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure
con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro
filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d'onore nei
banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche
di essere chiamati "rabbì" dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro Maestro e voi
siete tutti fratelli. E non chiamate "padre" nessuno di voi sulla terra, perché
uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare "guide",
perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi
tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato
e chi si umilierà sarà esaltato».
Parola del Signore.
L'umiliazione è una grazia, essa ci "abbassa", ma, se noi l'accettiamo, essa ci immerge nella misericordia del cuore di Gesù, che ci "innalza" con lui sino al Padre.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 20,17-28)
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici
discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il
Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo
condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e
flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si
prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose:
«Di' che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua
sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete.
Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli
disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia
sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha
preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li
chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di
esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare
grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà
vostro schiavo. Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire,
ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
La croce è sempre presente nel cuore di Gesù. È la
meta della sua vita. Sarà un sacrificio liberamente offerto, e non solo un
martirio: Gesù ben lo mostra annunciando con precisione ai suoi apostoli che
cosa gli sarebbe accaduto. Certo, egli aggiunge che "il terzo giorno risusciterà",
ma si sente che ora è tutto rivolto alla passione che si avvicina. I sentimenti
di Giacomo, di Giovanni e della loro madre appaiono molto umani. Questo bisogno
di gloria, questo bisogno di apparire, esiste in ciascuno di noi. Il nostro io
resta sempre più o meno occupato dal desiderio di dominare. Ma Gesù ci avverte
come avverte Giacomo e Giovanni: se vogliamo essere con lui nella sua gloria,
dobbiamo bere per intero il suo calice, cioè dobbiamo anche noi morire, fare la
volontà del Padre, portare la nostra croce seguendo Gesù, senza cercare di
sapere prima quale sia il nostro posto nel suo regno.
La reazione di sdegno degli altri dieci discepoli è anch'essa molto umana. E
Gesù, seriamente, li invita a un rovesciamento totale di valori. Nella nuova
comunità per la quale egli sta per dare la vita, il primo sarà l'ultimo,
"appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per
servire e dare la sua vita in riscatto per molti". Chiediamo la grazia di
divenire servi, e servi davvero umili, pronti a soffrire e a sacrificarsi.
Preghiamo Maria perché interceda per noi: ai piedi della croce, ciò che Maria
chiede per i suoi figli è che abbiano parte, come lei e con lei, al sacrificio
del suo Figlio.
TESTO:-
Dal Vangelo
secondo Luca (Lc 16,19-31)
Gesù disse ai farisei:
«C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e
ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla
sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla
tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì
anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi
e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse:
"Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la
punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa
fiamma".
Ma Abramo rispose: "Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i
tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu
invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un
grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì
possono giungere fino a noi".
E quello replicò: "Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di
mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non
vengano anch'essi in questo luogo di tormento". Ma Abramo rispose:
"Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". E lui replicò: "No,
padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno".
Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi
neanche se uno risorgesse dai morti"». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
"Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze,
entrare nel regno di Dio!" (Lc 18,24). Perciò è necessario, dice Gesù, un
cambiamento radicale del nostro atteggiamento. È necessario liberarci di tutte
le ricchezze che appesantiscono il nostro cuore, è necessario staccarsene,
perché esse ci impediscono di vedere il povero che "giace alla nostra porta".
Chi tra noi oserebbe dire che non tiene a nessuna ricchezza? Siamo tutti assai
preoccupati di noi stessi, del nostro agio, dei nostri interessi... La vera
privazione, la più importante agli occhi di Dio, è quella che libera il nostro
cuore dal suo egoismo e che lo apre agli altri.
Il Vangelo ci dà modo di conquistare veri tesori che nulla può intaccare:
mettendo al servizio dei poveri, con umiltà, tutto ciò che abbiamo in beni
materiali, talento, potere, qualità. Allora, coloro che avremo soccorso
verranno da questa terra in nostro aiuto: non solamente faranno scaturire ciò
che vi è di migliore in noi, la gioia del dare, ma ci faranno ottenere per noi
un posto nel regno di Dio, che non appartiene che ai poveri.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 21,33-43.45)
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo che possedeva un terreno e vi
piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e
costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai
contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo
bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri
servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: "Avranno rispetto per mio
figlio!". Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: "Costui è l'erede.
Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!". Lo presero, lo cacciarono fuori
dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la
vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
"La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d'angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi"?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che
ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di
loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo
considerava un profeta. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Nella Sacra scrittura troviamo dei testi che ci preparano al mistero del Venerdì
Santo, nel quale Gesù viene ucciso per salvare noi.
Abele, ucciso dal suo fratello geloso, è la prima immagine di Gesù nell'Antico
Testamento. Viene poi la figura di Giuseppe, venduto dai suoi fratelli. Questi
passi della Genesi mettono in piena luce la ferita che colpisce il cuore di
tutti gli uomini dopo il peccato originale e che ostacola il sorgere dei
sentimenti fraterni. La gelosia può assumere molte forme, vi sono modi più o
meno eleganti di sbarazzarci di qualcuno che ci infastidisce e bisogna
riconoscere che si tratta di una tentazione molto frequente, anche in una
comunità cristiana. Abbiamo bisogno di chiedere continuamente a Dio una
purificazione più profonda, per non accettare mai volontariamente nei nostri
cuori il più piccolo sentimento di ostilità nei confronti di un fratello.
L'ostilità diventa così facilmente odio...
La parabola dei vignaioli assassini è indirizzata ai capi dei sacerdoti e agli
anziani del popolo. Ci fa comprendere una particolare sofferenza del cuore di
Gesù, e al tempo stesso ci fa penetrare nel mistero della sua Chiesa. Gesù ha
sofferto per tutti i nostri peccati, ma in particolar modo ha sofferto per
essere stato ripudiato e infine ucciso dai pastori del popolo eletto.
Quando consideriamo la storia della Chiesa e del mondo, vediamo che spesso gli
uomini hanno veramente voglia di conservare l'eredità del cristianesimo: una
nuova visione dell'uomo e della sua dignità personale, un senso della
giustizia, della condivisione... Ma essi vogliono sopprimere l'Erede. Si
accontentano di una spiritualità senza Dio! Durante questa Quaresima, chiediamo
la grazia di attaccarci con fermezza non solo al messaggio, ma anche alla
persona di Gesù, e che la nostra unione con lui sia il centro della nostra
vita.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i
peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi
la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze.
Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per
un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli
cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno
degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i
porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma
nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio
padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio
padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più
degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si
alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse
incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho
peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato
tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più
bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi.
Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché
questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".
E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa,
udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse
tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto
ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si
indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli
rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito
a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei
amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue
sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Gli
rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma
bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è
tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Oggi Gesù dice una parabola per ciascuno di noi: noi tutti
siamo quel figlio che il peccato ha allontanato dal Padre, e che deve
ritrovare, ogni giorno più direttamente, il cammino della sua casa, il cammino
del suo cuore. La conversione è esattamente questo: questo viaggio, questo
percorso che consiste nell'abbandonare il nostro peccato e la miseria nella
quale esso ci ha gettati per andare verso il Padre.
Ciò che ci sconvolge in questa parabola, e la realtà la sorpassa di molto, è il
vedere che di fatto il nostro Padre ci attende da sempre. Siamo noi ad averlo
lasciato, ma lui, lui non ci lascia mai. Egli è "commosso" non appena ci vede
tornare a lui. Talvolta saremmo tentati di dubitare del suo perdono, pensando
che la nostra colpa sia troppo grande. Ma il padre continua sempre ad amarci.
Egli è infinitamente fedele. Non sono i nostri peccati ad impedirgli di darci
il suo amore, ma il nostro orgoglio. Non appena ci riconosciamo peccatori,
subito egli si dona di nuovo a noi, con un amore ancora più grande, un amore
che può riparare a tutto, un amore in grado in ogni momento di trarre dal male
un bene più grande. Il suo perdono non è una semplice amnistia, è un'effusione
di misericordia, nella quale la tenerezza è più forte del peccato.
Gesù vuole che noi abbiamo la stessa fiducia anche nei confronti degli altri.
Nel cuore di ogni uomo vi è sempre una possibilità di ritorno al Padre, e noi
dobbiamo sperarlo senza sosta. Quando vediamo fratelli e sorelle convertiti di
recente che ricevono grazie di intimità con Dio, spesso davvero straordinarie,
esultiamo senza ripensamenti, e partecipiamo alla gioia del Padre.