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        IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO IV DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO B                 IL VANGELO NEL 21° SECOLO

Io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie:
io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,11-18)

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù è il dono del Padre.
Chi è veramente Gesù?

Niente come l'antitesi tra il Buon Pastore e il mercenario ce lo fa capire.
In cosa si differenziano radicalmente le due figure?
Non certo per il ruolo che, all'apparenza, sembra il medesimo. Li oppone e li divide la natura intima del rapporto con le pecore: la non appartenenza per il mercenario e l'appartenenza per il pastore. Se le pecore non ti appartengono te ne vai quando arriva il lupo e le lasci alla sua mercé.
Se sei un mercenario non t'importa delle pecore e non ti importa perché non le conosci. Non le conosci "per esperienza", non le conosci per amore: esse non sono tue.
E da che cosa si vede se sono tue? Che dai la vita per loro. Gesù dà la vita per noi. È lui che ce la dà, tiene a precisare, nessuno gliela toglie. Lui, solo lui, ha il potere di offrire la sua vita e di riprenderla di nuovo. In questo sta la sua autorevolezza, nel potere dell'impotenza, a cui Dio nella morte si è volontariamente esposto.
Gli uomini possono seguire Gesù solo in forza di questa sua autorevolezza. Per essa ne conoscono la voce, subiscono il fascino della sua Presenza, si dispongono alla sequela. Solo nel vivere questa appartenenza il cristiano diventa a sua volta autorevole, cioè capace di incontrare l'altro, di amarlo e di dar la sua vita per lui. L'appartenenza fa essere eco fragile e tenace della sua Presenza e suscita la nostalgia di poterlo incontrare.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,1-10)

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

"Le pecore affamate alzano la testa e non vengono nutrite". Questa è la critica di Milton ai pastori del suo tempo.
Uno dei salmi più belli, scritto con estrema raffinatezza formale, è quello che enumera le virtù del Buon Pastore. È una poesia "universale", che parla a tutti: consola gli afflitti nella loro disperazione, e incoraggia le persone sole nel loro isolamento.
Il Vangelo suggerisce che il Buon Pastore è raro. La sua vocazione è pericolosa. La sicurezza delle pecore è la sua sola preoccupazione ed egli darà la vita per salvarle. Ciò ridefinisce il ruolo di ogni guida: a questa prova molti risultano incapaci.
Il nostro secolo è il secolo del "cattivo pastore": conserviamo ancora le pietre carbonizzate dei campi in cui milioni di uomini furono asfissiati.
Cristo parla sempre del suo ruolo di pastore: non è venuto per essere servito, non è venuto per trattare le persone con arroganza; è venuto per salvare le sue pecorelle e, se è necessario, per morire per loro.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 10,22-30)
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù fa una netta distinzione tra coloro che fanno parte della sua schiera da quanti invece non Lo seguono, anche se partecipano ai riti che vengono compiuti nel suo Nome. "Non fate parte delle mie pecore". Questo Gesù lo dice a tutti coloro che strumentalizzano la sua Persona e parlano nel suo Nome ma nel cuore c'è solo tanta ipocrisia.
"Non fate parte delle mie pecore". È un'affermazione diretta, non c'è diplomazia che tenga, Gesù conosce
È semplice distinguere chi Lo segue da chi Lo strumentalizza, sono le opere a testimoniarlo, perché nessuno può nascondersi dalla vista di Dio. Allora, come si spiegano gli scandali e la corruzione che compiono anche molti cristiani che occupano posti autorevoli.
Per la dimenticanza di Dio e delle sue Leggi, così finiscono per sperperare i doni ricevuti nel Battesimo e la loro fede è solo di facciata.
Non possono fare parte delle sue pecore per la lontananza dal suo Vangelo, è il cuore che si è rivolto ad altro e lo adora, dimenticando l'esistenza di Dio. Questo spiega il comportamento ambiguo di cristiani che un tempo adoravano Gesù e successivamente hanno fatto scelte opposte.
Si cade in questa situazione drammatica volontariamente, per la volontà di seguire dottrine nuove e contrarie alla sana dottrina. Questo può succedere anche durante un ritiro o l'ascolto di una omelia che presenta aperture moderniste e si insinuano eresie come la non esistenza del peccato o addirittura il valore del peccato.
Tanti cristiani sono colpiti da questi nuovi insegnamenti, ammaestramenti subdoli che diventano un richiamo indefinibile, ma cadono nella trappola e crollano di seguito le loro sante devozioni. Lentamente perdono la fiducia e anche la stima verso Gesù, fino a ritrovarsi spogliati di ogni minimo sentimento spirituale e allora sono in grado di commettere ogni abominio.
Questo scivolamento è diverso dal peccato che commette il cristiano che non accetta nuove teorie e con amore segue Gesù. È un'altra cosa rispetto a quelli che rifiutano anche la Confessione perché loro stessi si creano una nuova dottrina personale e la innalzano a verità assoluta.
Il cristiano che cade nel peccato e rinnova la sua fedeltà al Signore, non teme di perdere la Fede, anche se bisogna vigilare sempre.
"Le mie pecore ascoltano la mia voce e Io le conosco ed esse mi seguono". Noi ascoltiamo la voce di Gesù ogni volta che compiamo opere virtuose, resistiamo alle tentazioni, Lo adoriamo con convinzione.
L'ascolto che prestiamo alla voce di Dio è conosciuto da Gesù, perché conosce perfettamente i nostri pensieri e vede le nostre buone opere.
Gesù ci dice: "Io e il Padre siamo una cosa sola".
Solo Dio può dire questo, solo Dio può compiere miracoli che i suoi nemici non hanno mai compiuto e mai riusciranno a compiere.
A Gesù pongono questa domanda: "Se Tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente". Gesù era il Cristo e continuava a dimostrarlo con le sue opere, ma i ciechi non potevano vedere. Si sono aggiunti molti altri anticlericali lungo i secoli che si rifiutano di considerare i suoi miracoli e quanto hanno compiuto di grandioso i Santi nel Nome di Cristo. 

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 16,15-20)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

La liturgia oggi ci presenta gli ultimi versetti del Vangelo di San Marco, versetti che non riguardano direttamente lui, il riferimento è diretto a tutti gli apostoli che avrebbero predicato ovunque la Parola di Dio.
San Marco è uno dei quattro che ha ricevuto un impegno speciale: è stato chiamato dallo Spirito Santo a scrivere per le generazioni future gli avvenimenti più importanti della straordinaria vita di Gesù Cristo.
Sono sei versetti che contengono il mandato che Gesù dà a tutti i suoi discepoli autentici, in questo modo li rende ancora più simili a Lui, inoltre profetizza le meraviglie che avrebbero compiuto nel suo Nome: "In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che Io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre" (Gv 14,12).
È di difficile comprensione l'affermazione: "...ne farà di più grandi". Chi crede in Gesù e ha raggiunto un elevato grado di santità, può compiere opere più grandi di quelle compiute da Lui, e questo è un aspetto che suscita grande interesse. Lui è Dio e nulla può superarlo in santità, perché allora afferma che i veri discepoli hanno la facoltà di operare più di Lui?
Il Cristo non aveva compiuto quanto poteva compiere solo Dio? Da cosa sono superiori i suoi discepoli che Lo seguono fedelmente?
Per la Fede!
I discepoli compiono opere più grandi perché devono essere animati da una grande Fede in Lui, quindi, prima devono compiere una purificazione profonda e devono condurre costantemente uno stile di vita penitenziale conforme al Vangelo, per trasfigurarsi in Gesù, diventando, appunto, capaci di operare grandi miracoli nel Nome del Signore.
Questi discepoli non agiscono nel proprio nome perché il loro sarebbe un fallimento continuo, essi riescono a imitare Gesù perché hanno raggiunto una alta spiritualità e sono arrivati alla piena convinzione di essere misere creature. Si considerano nullità davanti a Dio e credono assolutamente che solo Lui è onnipotente e dominatore assoluto della natura, dei diavoli, delle malattie, della vita e della morte.
La grandezza di queste anime sante è la consapevolezza dei loro limiti e delle loro miserie, perché vicini alla Luce Divina.
Ecco la ragione che li mette su un gradino elevato e sono indicati da Gesù come discepoli che nel suo Nome e animati da una grande Fede, compiono grandi opere, addirittura superiori a quelle del Signore. Egli non aveva bisogno della Fede per compiere miracoli, i discepoli invece sì e la loro grande Fede li premia e compiono grandi meraviglie.
La Parola ci spiega che Gesù diede il mandato dopo la Risurrezione, quando il traditore si era già ucciso, non era più presente con loro. "In quel tempo, Gesù apparve agli Undici". È l'ultima apparizione agli Apostoli e dopo il tradimento di Giuda e il recupero di Pietro, gli Undici sono pronti per andare ovunque ad annunciare la salvezza in Gesù.
"Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato".
Il Vangelo di San Marco viene considerato come il primo dei quattro Vangeli canonici, e in qualche modo è stato anche fonte per gli altri due sinottici, Matteo e Luca. Si indica Marco come autore per gli indizi che arrivano da più parti, oltre ad essere cugino di Barnaba era discepolo di San Pietro. Nel Nuovo testamento ci sono otto riferimenti su Marco, ne leggiamo diversi:
"Barnaba e Saulo poi, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme prendendo con loro Giovanni, detto anche Marco" (At 12,25).
"Il dissenso fu tale che si separarono l'uno dall'altro; Barnaba, prendendo con sé Marco, s'imbarcò per Cipro" (At 15,39).
"Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero" (2 Tm 4,11).
Non ci sono dubbi sulla vicinanza del giovane Marco a Pietro, quindi le notizie che apprende sono sicure, inoltre sappiamo che è stato ispirato dallo Spirito Santo. Leggiamo dall'importantissimo riferimento che è il Catechismo del 1992 perché il Vangelo è ispirato:
"Le Sacre Scritture contengono la Parola di Dio e, perché ispirate, sono veramente Parola di Dio".
"Dio è l'autore della Sacra Scrittura nel senso che ispira i suoi autori umani; egli agisce in loro e mediante loro. Così ci dà la certezza che i loro scritti insegnano senza errore la verità salvifica".
"L'interpretazione delle Scritture ispirate dev'essere innanzitutto attenta a ciò che Dio, attraverso gli autori sacri, vuole rivelare per la nostra salvezza. Ciò che è opera dello Spirito, non viene pienamente compreso se non sotto l'azione dello Spirito".
"La Chiesa riceve e venera come ispirati i 46 libri dell'Antico Testamento e i 27 libri del Nuovo Testamento" (135-138).
Vediamo brevemente il contenuto del Vangelo di San Marco. Si occupa in modo specifico dei miracoli di Gesù, vuole dimostrare al mondo romano che Gesù non è una divinità come quelle che adoravano loro, senza anima e senza parole.
Gesù è Figlio di Dio, così Lo presenta e per comprovare tale affermazione, descrive molti miracoli. Si occupa delle opere e della predicazione del Signore, con una specifica celebrazione dei suoi miracoli.
Questo Vangelo viene suddiviso in due blocchi, iniziando con la breve introduzione (1,1-13), il primo blocco comprende questi capitoli: 1,14-10,52. Qui racconta dell'attività di Gesù in Galilea ed è pieno di descrizioni di guarigioni e miracoli, prediche mirate e le parabole sul Messia e il Regno di Dio.
Il secondo blocco (11,1-16,20) comprende un viaggio in Giudea e oltre il Giordano, per arrivare alla predicazione e alle opere compiute a Gerusalemme. Questo blocco è improntato prevalentemente sul tema di Gesù Figlio di Dio, un tema scottante e delicato. Il finale descrive la morte e la resurrezione del Figlio di Dio, specificando che solamente Dio può risuscitare da morte.
Il mandato di evangelizzare Gesù lo dona ad ogni cristiano, tutti siamo chiamati a parlare di Gesù, dei suoi miracoli, dell'importanza dei doni dello Spirito Santo. La Fede si deve trasmettere agli altri con umiltà e coerenza, si deve parlare ogni giorno di Lui con i lontani, anche per pochi minuti.
Parla molto di Gesù chi molto ama Gesù!
Quando si parla di Gesù la nostra Fede aumenta, più si dona agli altri con le parole e i buoni esempi e più cresce in noi.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 13,16-20)

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: "Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno". Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il capitolo 12 del Vangelo di san Giovanni in cui Gesù ribadisce che è stato inviato dal Padre: "Chi crede in me, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato; chi vede me, vede Colui che mi ha mandato". Una ripetizione di questa immensa Verità che doveva entrare nei cuori di quanti Lo ascoltavano.
Nel capitolo 13 dello stesso Vangelo e fino al capitolo 17 troviamo i meravigliosi insegnamenti dati dal Signore nell'Ultima Cena. È il discorso più lungo tenuto da Gesù, in un incontro pieno di gioia e di preoccupazione. Non era il Signore a inquietarsi, lo erano quelli che Lo amavano tranne il traditore.
Meditiamo attentamente le parole più importanti, sono come il testamento lasciato per tutti. E tra le prime cose che dice, dopo avere ribadito che il Padre Lo aveva inviato nel mondo, precisa la missione e l'identità dei suoi discepoli: "Chi accoglie colui che Io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie Colui che mi ha mandato".
Da questo deduciamo che l'apostolato che viene svolto dai cristiani, è efficace secondo la Fede con cui si compie. Non bastano le parole.
Gesù oltre al lungo discorso e alla spiegazione definitiva riguardo la sua Persona, compie un gesto straordinario e molto significativo: lava i piedi.
Il rito che compie Gesù nel lavare i piedi, è un atto di umiltà che sorprende tutti i suoi seguaci, ed è proprio questo suo annientamento a dirci che noi diventiamo grandi davanti a Dio nella misura dello svuotamento dell'amor proprio.
Questa è la lotta più forte che dobbiamo combattere e non è facile vincere l'egoismo, anzi è impossibile vincerlo da soli.
Con Gesù e la guida della Madonna invece tutto diventa facile e possiamo raggiungere obiettivi spirituali elevati. Dipende da noi!
Gesù ci ha indicato che servire equivale a lavare i piedi ai poveri o a coloro che non amiamo, indica la volontà di amarli sempre, di non condannarli e di aiutarli in ciò che ci è possibile. Lavare i piedi è una immagine che dobbiamo ricordare soprattutto nei momenti di tensione con qualcuno o di ribellione interiore.
Non si tratta di subire passivamente oltraggi e falsità, ma di affrontarli con umiltà e amore. Senza l'odio si ama e perdona.
Per raggiungere una forte capacità interiore di resistenza alle tentazioni e agli impulsi che conducono alla rovina, dobbiamo impegnarci di più nella preghiera. È proprio la preghiera a renderci simili a Gesù e a comportarci come ha fatto Lui.
La preghiera cambia la nostra vita e ci facilita tutto, ci dà un profondo discernimento per riconoscere la verità e rifiutare la falsità presente nel mondo. La confusione presente in una persona e che crea sempre dubbi soprattutto sulle cose spirituali, emotivi, affettivi, cresce se non c'è la Grazia di Dio a venirci in aiuto.
Tutto possiamo superare con la preghiera, è necessario pregare con amore e umiltà. Anche i diavoli avranno terrore della nostra preghiera.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,1-6)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Sorprende la domanda di Tommaso dopo avere ascoltato per tre anni gli insegnamenti di Gesù: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?". Una domanda che trova sicuramente comprensione per la sua mancata assimilazione della nuova dottrina rivelata dal Signore.
Anche Tommaso, o forse soprattutto Tommaso, non poteva in così poco tempo comprendere la rivelazione del Messia, già era tanto averlo accolto, seguito, e avere obbedito alle sue parole. Di più non riusciva a fare, anche per la poca disponibilità a mettersi in discussione e a lasciarsi prendere dalla Parola rivelata dal Figlio di Dio.
Lui aveva bisogno di tempo per elaborare tutto quello che era avvenuto in quei tre anni più intensi della sua e della vita degli Apostoli.
Però ognuno di noi è aiutato da duemila anni di storia del Cristianesimo e può conoscere le meraviglie compiute da Gesù, raccontate da milioni di scrittori e di omelie che i grandi Santi predicavano nelle piazze affollate e nelle Chiese. Omelie raccolte e negli ultimi secoli pubblicate per la nostra formazione e anche gioia.
Solo Tommaso pone questa domanda che lascia Gesù amareggiato, forse anche nei cuori degli altri dieci c'era l'incertezza del luogo e di come ricongiungersi dopo avere ascoltato queste parole: "Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono Io siate anche voi. E del luogo dove Io vado, conoscete la via".
Se escludiamo Giuda a cui non importava più nulla del Figlio di Dio perché aveva preparato un suo piano solitario che lo porterà all'impiccagione, gli altri undici sono più o meno sorpresi, però tutti tranne Tommaso si fidano del Signore e la sua Parola è già sufficiente.
Il dubbio manifestato da Tommaso è grave ma Gesù lo perdona, però nella prima apparizione agli Apostoli mancherà proprio Tommaso, considerato da Gesù ancora non degno di vederlo insieme agli altri. Dovrà compiere sforzi personali, dovrà riflettere sulle parole degli altri, pieni di gioia per la conferma arrivata dalla visione del Maestro.
Non è grave se un dubbio sulla Parola di Dio arriva alla mente, lo è quando lo accogliamo e dubitiamo con lucida convinzione. La mancanza di Fede è rivolta in ultima analisi al Signore, ogni dubbio su qualcosa presente nel Vangelo è indirizzato a Colui che lo ha rivelato.
Chi rimane nel dubbio non solo non crescerà mai interiormente, ma cadrà di continuo e arriverà a non pregare più o a farfugliare le preghiere. Quindi, qui trionfa la mancanza di fiducia in Gesù, anche se non espressa o non ravvisata lucidamente. Ma l'anima che ha assorbito anche un solo dubbio, è spiritualmente come atrofizzata.
I Dodici dovevano rimanere tranquilli e pieni di gioia ascoltando le parole di Gesù, non solo per milioni di prove che Egli aveva dato nei tre anni di vita comune, anche per le parole introduttive che dice prima di affermare che andava e ritornava e che loro conoscevano la via.
All'inizio afferma: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate Fede in Dio e abbiate Fede anche in me". Già queste parole sono straordinariamente sufficienti per abbandonarsi e credere che nulla è impossibile a Gesù e che Lui mantiene sempre le sue promesse.
Invece Tommaso non comprese perché si era applicato poco agli insegnamenti di Gesù.

Se noi ci fidiamo poco di Gesù, ci comportiamo da perfetti estranei e Lui non ascolta le nostre biascicate preghiere. Non le può ascoltare perché la condizione è la Fede in Lui, credere che Lui è veramente Dio e tutto quello che ha rivelato nel Vangelo è autenticamente Divino!
Quindi dobbiamo conoscere bene la Santissima Umanità di Cristo, meditando con attenzione il Vangelo. Dobbiamo riprodurre la Vita di Cristo nella nostra vita. Ma ciò non è possibile se non attraverso la conoscenza di Cristo, che si acquista leggendo e rileggendo la Sacra Scrittura e meditandola assiduamente nella preghiera.
Non è sufficiente avere un'idea generica dello Spirito di Gesù; bisogna imparare da Lui dettagli e atteggiamenti. E, soprattutto, bisogna contemplare il suo passaggio sulla terra, le sue orme, per trarne forza, luce, serenità, pace.
Quando si ama una persona si desidera sapere anche i minimi particolari della sua esistenza, del suo carattere, per avvicinarsi il più possibile a lei. Per questo dobbiamo meditare la storia di Gesù, dalla nascita nel Presepe fino alla Morte e alla Risurrezione.
Per leggere e meditare il Santo Vangelo con profitto dobbiamo farlo con Fede, sapendo che contiene la Verità salvifica, senza alcun errore.
Vogliamo identificarci con il Signore, perché la nostra vita, che si svolge tra varie attività, sia un riflesso della sua!

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 14,7-14)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre"? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù considera se stesso la Via per conoscere il Padre, e ottenere la Grazia, per raggiungere la salvezza eterna.
Sono parole chiarissime, indicano che solo attraverso Lui si rimane in comunione con Dio.
Abbiamo la certezza che la Via è Gesù Cristo, non cerchiamo altro né qualcun'altro potrà mai darci qualcosa di spirituale.
"Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora Lo conoscete e Lo avete veduto".
È pericoloso cercare il miracolo o la soluzione a un problema dove non c'è Dio.
Tutti abbiamo la soluzione a portata di mano, nel senso che è davvero facile ottenere grandi Grazie rivolgendosi a Gesù. Lui desidera donare tutte le Grazie che chiediamo ma spesso chiediamo continuando a peccare... oppure si chiede senza Fede, cioè senza sentirlo vicino. Così viene meno la fiducia e si blocca la preghiera stessa.
La promessa che ha fatto Gesù è esplicita: "Se mi chiederete qualche cosa nel mio Nome, Io la farò".
Chiedere è un atto di umiltà, ognuno di noi chiede qualcosa di lecito agli altri, come un aiuto, una cortesia, un consiglio. Noi ci soffermiamo sempre su qualcosa di lecito, non guardiamo gli altri che chiedono e ottengono molto di illecito.
Chiedere a Gesù quello che ci necessità è una grande dimostrazione di fiducia in Lui, un segno di speranza.
C'è la speranza umana del contadino che semina, del marinaio che compie una traversata, del commerciante che intraprende un affare. Si vuole conseguire un bene, un fine umano; ottenere un buon raccolto, approdare nel porto per il quale si è salpati, realizzare ricchi guadagni...
Ed esiste la speranza cristiana. Essa è essenzialmente soprannaturale, e, pertanto, supera di gran lunga il desiderio umano di essere felici e la fiducia naturale in Dio. Con la speranza aspiriamo alla vita eterna, a una felicità soprannaturale che è possesso eterno di Dio, a vedere Dio come Egli stesso si vede, ad amarlo come Egli si ama.
In questo modo ogni nostra richiesta viene accolta da Gesù, è Lui a volerci riempire della sua gioia, la quale è concreta quando è condivisa con gli altri. Chiedete a Lui la gioia anche per i vostri familiari, la pace nei cuori e nella famiglia.
"E qualunque cosa chiederete nel mio Nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio".