IL VANGELO DEL GIORNO: https://www.iosonolalucedelmondo.it/indice-anno-liturgico-2022/
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            IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO XII DOMENICA             E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO A IL VANGELO NEL 21° SECOLO

Nella tua grande bontà rispondimi, o Dio.
Per te io sopporto l'insulto e la vergogna mi copre la faccia; sono diventato un estraneo ai miei fratelli, uno straniero per i figli di mia madre.
Perché mi divora lo zelo per la tua casa, gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 10,26-33)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l'anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Tutto quello che Gesù ha detto all'orecchio, di nascosto e privatamente, sarà predicato pubblicamente sui tetti dei paesi e delle città del mondo intero. Dopo la discesa dello Spirito Santo, gli apostoli hanno cominciato ad annunciare il Vangelo, chiaramente e coraggiosamente, quando hanno aperto le porte del cenacolo e sono andati verso i quattro punti cardinali dell'universo. Nonostante l'opposizione incontrata, il Vangelo è stato fatto conoscere sempre di più e sempre meglio e, quando la fine del mondo sarà ormai prossima, l'umanità tutta ne sarà a conoscenza. Gesù dice anche: "Non preoccuparti troppo della sorte del Vangelo, e non avere paura della gente. Non temere nessuno se non Dio. Non è la morte la più grande sventura, ma la dannazione". Noi dobbiamo superare la paura della morte, così come le persecuzioni e le difficoltà di ogni giorno, mediante la fede nella divina Provvidenza, che protegge anche il più insignificante fra gli uccelli: il passero. La cosa più bella che l'uomo possa fare sulla terra, in mezzo a persecuzioni e sofferenze, è di essere testimone di Gesù. Anche se il martirio non è il destino di tutti i suoi discepoli, ognuno deve sempre e dovunque riconoscere la sua appartenenza a Cristo, con le parole e le azioni, la vita e il comportamento. E noi lo facciamo in special modo durante la messa, nella quale, in comunione con l'intera Chiesa, annunciamo le grandi opere di Dio.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 7,1-5)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: "Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio", mentre nel tuo occhio c'è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Fede è: essere aperti, accettare di camminare al buio indefinitamente, incontro a qualcuno a cui diamo fiducia, contenti di dargli quello che ci chiede, di amarlo per se stesso, di mettere in lui la nostra gioia e il nostro amore, in un rapporto di persona a persona. Tutto il resto è secondario. "Volontà di Dio, paradiso mio", dicevano i santi.
Il giudizio nasce spontaneo in ogni persona, ma con l'aiuto di Dio possiamo comprendere che si può correggere ed evitare questo infelice atteggiamento che arreca danni spirituali e spesso non solo a chi pronuncia il giudizio, anche a chi lo subisce.
"Non giudicate, per non essere giudicati". Gesù si riferisce al giudizio cattivo, prevenuto, temerario e mette in guardia da questo velenoso peccato. A tutti piace non essere giudicati, quindi, come regola morale non bisogna mai permettersi di giudicare gli altri.
Molti sono abituati a giudicare senza alcuna prova morale e questo si chiama giudizio temerario che equivale al peccato mortale.
A nessuno piace ricevere giudizi falsi e diffamatori, divulgati da persone cattive che presentano quasi sempre la componente della frustrazione dell'insuccesso personale, della delusione e di una insoddisfazione che brucia dentro.
Se queste persone incontrassero Gesù tutto cambierebbe nella loro vita.
Uno dei più gravi problemi di questa società è il giudizio sempre pronto e un modo di sentenziare con il piacere di dire qualcosa su qualcuno. Anche inventandola. È come un gioco per tante persone pettegole, sempre pronte a non considerare gli errori che commettono esse.
È una debolezza quando si giudica con spontaneità e senza la volontà di distruggere la buona reputazione degli altri, in questi casi il cristiano comprende l'errore, comincia a controllare le sue parole e si astiene dai giudizi temerari, imprudenti, azzardati, non provati.
Il cristiano che si sforza di migliorare il suo cammino per restare vicino al Signore, è consapevole che giudicare gli altri è un atteggiamento sbagliato, causa danni innanzitutto alla sua vita spirituale e disonora persone probabilmente innocenti. Inoltre, non è il giudizio a rendere migliore la persona che sbaglia, semmai la preghiera umile e i Sacramenti.
Il giudizio temerario non viene emanato solitamente dai cristiani che pregano e non hanno un cuore cattivo, sia per la vicinanza a Gesù Eucaristia sia per la buona spiritualità raggiunta. Anche dinanzi a motivi validi non si avventurano più come in passato nel rilasciare valutazioni inventate, quindi non provate.
Si consideri sempre che ogni cristiano è in cammino verso la perfezione e non bisogna mai abbattersi se si cade nel giudizio, l'importante è rendersene conto dell'errore e cercare di rimediare. L'immediato rimedio è il perdono interiore da chiedere a Gesù per quanto detto di sbagliato, poi occorre riparare il giudizio scusandosi o chiedendo perdono alla persona colpita.
Infine, si cercherà di trovare il tempo per ricorrere alla Confessione e ricominciare in modo nuovo questo meraviglioso cammino di Fede.
Il giudizio temerario viene emesso con facilità da quanti vivono lontani da Gesù e hanno un cuore acido, che hanno vissuto una vita amara, sono purtroppo aspri per natura. Sono persone che trasformano
in acido e amaro tutto quello che ricevono e mutano il giudizio che emettono in assenzio! Essi riescono a giudicare il prossimo solo con micidiale asprezza.
Vi sono innumerevole persone pieni di grande zelo e di sicura Fede pronti a dialogare con l'amore fraterno che ci ha indicato Gesù.
Però non dimentichiamo che il giudizio si sviluppa dalla facoltà di giudicare, di valutare, di distinguere persone o cose. Esiste un giudizio inteso come valutazione di qualcosa che esiste, e in modo estensivo si indica come senno, prudenza.
Un giudizio può anche implicare una presa di posizione distinta, un'opinione propria e non c'è alcuna relazione con la volontà di parlare male di qualcuno. Si ripetono spesso parole che indicano "il mio giudizio", "secondo il suo giudizio". Avviene quando ci si forma un'opinione che non intacca altre persone.
Formarsi un'opinione avviene spontaneamente, ma l'attenzione va posta sul preconcetto, normalmente formulato in base a pregiudizi.
«La coscienza morale è un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto. In tutto quello che dice e fa, l'uomo ha il dovere di seguire fedelmente ciò che sa essere giusto e retto.
È attraverso il giudizio della propria coscienza che l'uomo percepisce e riconosce i precetti della Legge divina.
La coscienza è una legge del nostro spirito, ma che lo supera, che ci dà degli ordini, che indica responsabilità e dovere, timore e speranza.
Essa è la messaggera di Colui che, nel mondo della natura come in quello della Grazia, ci parla velatamente, ci istruisce e ci guida. La coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo».

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 7,6.12-14)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Quale grande libertà di spirito dona il distacco a cui la fede guida il credente! Di solito i ricchi sono preoccupati di come conservare e aumentare la loro ricchezza; Abramo invece è più preoccupato del rapporto con il prossimo che di se stesso. Vuol evitare che la discordia si frapponga fra lui e Lot e con grande libertà di spirito attua in anticipo la regola d'oro che Gesù darà: "Fa' agli altri quello che vorresti fosse fatto a te". Dice al nipote: "Non vi sia discordia tra me e te, perché noi siamo fratelli. Non sta forse davanti a te tutto il paese? Separati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra io andrò a sinistra". E il modo migliore: lasciare all'altro la scelta. Ma è difficile, perché vediamo subito i nostri diritti e i doveri degli altri.
Lot sceglie la fertile valle del Giordano e ad Abramo resta la parte montuosa, arida.
Anche qui possiamo vedere un'applicazione ante litteram dell'insegnamento che Gesù dà nel Vangelo di oggi: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione...; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita!". Lui è la via, via angusta verso la morte, ma per la vita; lui è la porta stretta del distacco, dell'abnegazione, che si apre sulla felicità.
E la storia darà ragione ad Abramo: la via larga portava a Sodoma e Gomorra, simboli della perdizione; la terra di Canaan sarà la terra promessa: "Alzati dice il Signore percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te e alla tua discendenza".
Meditiamo su questa pagina. C'è veramente più gioia nel dare che nel ricevere.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca, (Lc 1,57-66.80)
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All'istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele. Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Per bocca del profeta Dio annunciò: "Per voi... cultori del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla" (Ml 3,20). L'inno di Zaccaria è il mirabile sviluppo di questa profezia. Quando, obbedendo all'ingiunzione dell'angelo, diede a suo figlio il nome di Giovanni (che significa: Dio è misericordioso), avendo fornito la prova di una fede senza indugi e senza riserve, la sua pena finì. E, avendo ritrovato la parola, Zaccaria cantò un inno di riconoscenza contenente tutta la speranza del popolo eletto. La prima parte, in forma di salmo, è una lode a Dio per le opere da lui compiute per la salvezza. La seconda parte è un canto in onore della nascita di Giovanni e una profezia sulla sua futura missione di profeta dell'Altissimo. Giovanni sarà l'annunciatore della misericordia divina, che si manifesta nel perdono concesso da Dio ai peccatori. La prova più meravigliosa di questa pietà divina sarà il Messia che apparirà sulla terra come il sole nascente. Un sole che strapperà alle tenebre i pagani immersi nelle eresie e nella depravazione morale, rivelando loro la vera fede, mentre, al popolo eletto, che conosceva già il vero Dio, concederà la pace. L'inno di Zaccaria sulla misericordia divina può diventare la nostra preghiera quotidiana.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 7,21-29)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?". Ma allora io dichiarerò loro: "Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!".
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi. Parola del Signore.

RIFLESSIONI
No, non ci bastano le parole. Abbiamo bisogno di parole credibili, pronunciate da persone che vivono ciò che dicono. La folla è ammirata da Gesù perché, diversamente dagli uomini religiosi del suo tempo, fa ciò che dice. Perciò la sua parola è autorevole, ascoltata e accolta. Così per noi: non basta professarsi cristiani per esserlo davvero, non basta dirsi credenti per vivere da discepoli. Anche le nostre parole, anche le mie, possono diventare sterili e teoriche manifestazioni di cultura teologica. La Parola che Dio pronuncia diventa il fondamento di ogni nostra scelta, di ogni nostra decisione. Poiché abbiamo scoperto che la volontà di Dio è tutto ciò che ci può costruire perché ci conduce all'essenziale di noi stessi, su tale volontà, espressa anzitutto attraverso la Scrittura, fondiamo la casa della nostra vita. Allora né tempeste, né affanni, né preoccupazioni, e nemmeno il nostro peccato possono far crollare ciò che è costruito a partire dalla Parola di Dio. Interroghiamoci, oggi, su quanto il Vangelo che meditiamo quotidianamente abbia scavato in noi stessi, colmando i nostri abissi di solitudine e aprendoci alla speranza.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 8,1-4)
Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì.
Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita.
Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va' invece a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro». Parola del Signore.

RIFLESSIONI
Tutta la Sacra Scrittura parla del mistero di Cristo, della sua passione e risurrezione. "Dio afferma la Dei Verbum al n. 16 ha sapientemente disposto che il Nuovo Testamento fosse nascosto nell'Antico e l'Antico diventasse chiaro nel Nuovo... I Libri dell'Antico Testamento, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel Nuovo, che essi illuminano e spiegano".
Così la prima lettura di oggi parla della risurrezione. Paolo nella lettera ai Romani spiega che Abramo, credendo all'annuncio della nascita di Isacco, credette senza saperlo nella risurrezione di Cristo, perché lui e Sara erano vecchi, "quasi morti", eppure egli credette che Dio, da due esseri così avanzati in età, poteva suscitare un figlio, Isacco, che è profezia e promessa della risurrezione.
Anche il Vangelo è un annuncio di risurrezione. Gesù tocca un lebbroso e lo guarisce: "Gesù stese la mano e lo toccò... e subito la lebbra scomparve". Quel toccare il lebbroso, considerato peccatore, impuro, tanto da rendere impuro chi venisse inavvertitamente in contatto con lui, è simbolo della passione di Cristo. Gesù, facendosi uomo, ha toccato veramente la nostra lebbra; si è presentato nella sua passione come "leprosum", peccatore per noi e in cambio, con la sua morte e risurrezione, sorgente di vita, ci ha dato la guarigione.
Avviciniamoci fiduciosamente all'Eucaristia con le nostre lebbre, con la nostra morte, perché Gesù ci vivifichi. Ogni Messa ci deve "rimettere in piedi", pronti al servizio dei fratelli, grazie alla risurrezione di Gesù.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 8,5-17)
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch'io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va', avvenga per te come hai creduto». In quell'istante il suo servo fu guarito.
Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva.
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: "Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie". Parola del Signore.

RIFLESSIONI
«Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito.» Mt 8,8
Gesù è mosso a compassione per le sofferenze dell'uomo: nel suo amore e nella sua onnipotenza guarisce anche a distanza: ascolta la supplica del centurione che gli chiede di guarire un suo servo ammalato, poi ristabilisce in salute anche la suocera di Pietro, che prontamente si mette a servirlo (cf Mt 8,14-15) e infine risana gli ammalati che gli erano presentati (cf Mt 8,16). Egli dunque appare come l'inviato di Dio che si addossa le infermità per reintegrare le persone umane in salute.
Da sottolineare l'umiltà del centurione che afferma di non essere degno di accogliere il Cristo nella sua casa, ma è sufficiente che dica una parola e il suo servo sarà guarito.
La frase del centurione è ripetuta da noi cristiani ogni volta che ci accostiamo all'eucarestia: non siamo degni che il Signore entri sotto il nostro tetto, ma se Lui dice una parola noi siamo salvati. E' lo stesso Gesù che si avvicina a noi e ci rende degni di poterlo ospitare nel nostro cuore.
Anche la suocera di Pietro è guarita immediatamente appena Gesù la prende per mano (la mano era il simbolo della operosità) e subito dopo - con una delicata annotazione per la donna - l'evangelista afferma che ella guarita "si mise a servirlo" (Mc 8,15).
Anche a noi, oppressi dalla febbre, che è il peccato, possiamo essere guariti solo se Gesù si avvicina a noi, perché solo Dio può perdonare il peccato (cf Mc 2,7; cf anche Es 34,7; Sal 25,18) e se noi a nostra volta permettiamo che Lui ci venga vicino. Una volta guariti, anche noi possiamo metterci al servizio di Cristo e testimoniare il suo Vangelo.
Rinnoviamo la nostra fiducia in Dio, presentiamoci umilmente pentiti dei nostri peccati, per ricevere il suo perdono.
O Signore, avvicinati a me che sono peccatore e cancella i miei peccati, perché possa presentarmi degno e puro dinanzi al tuo altare.
"L'amore è fuoco che consuma, è vivo e, come il fuoco se non brucia, se non scotta, non è veramente fuoco. Così anche l'amore se non opera, se non soffre, se non si sacrifica non è amore. Chi possiede l'amore di Gesù non può stare quieto e tranquillo, ma è sempre disposto al sacrificio. Non si stanca, non viene meno e siccome ogni giorno scopre nella persona amata nuove bellezze, nuovi incanti, in ogni momento desidera sacrificarsi e morire per lei".