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        IO SONO LA LUCE DEL MONDO IL VANGELO DEL GIORNO II DOMENICA DI PASQUA E SETTIMANA ANNO B              IL VANGELO NEL 21° SECOLO

Dio di eterna misericordia, accresci in noi la grazia che ci hai dato

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 20,19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

I profeti chiamarono il Messia "principe della pace" (Is 9,5); affermarono che una pace senza fine avrebbe caratterizzato il suo regno (Is 9,6; 11,6). In occasione della nascita di Cristo, gli angeli del cielo proclamarono la pace sulla terra agli uomini di buona volontà (Lc 2,14). Gesù stesso dice: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo" (Gv 14,27).
Sul monte degli Ulivi, contemplando la maestà di Gerusalemme, Gesù, con le lacrime agli occhi e con il cuore gonfio, rimproverò il suo popolo: "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace!" (Lc 19,42). La pace è il dono apportato dal Redentore. Egli ci ha procurato questo dono per mezzo della sua sofferenza e del suo sacrificio, della sua morte e della sua risurrezione. San Paolo afferma: "Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia" (Ef 2,13-14). Quando, risuscitato dai morti, si mostrò agli apostoli, Gesù offrì loro innanzi tutto la pace, prezioso dono del riscatto. Quando si mostrò a loro, disse ai suoi discepoli: "Pace a voi!". Vedendoli spaventati e sperduti, li rassicurò dicendo loro che era proprio lui, risuscitato dai morti, e ripeté loro: "Pace a voi!". Gesù ha voluto fare questo dono prezioso del riscatto - la pace - e l'ha fatto, non solo agli apostoli, ma anche a tutti quelli che credevano e avrebbero creduto in lui. È per questo che mandò gli apostoli a proclamare il Vangelo della redenzione in tutti i paesi del mondo, dando loro il potere di portare la pace dell'anima per mezzo dei sacramenti del battesimo e del pentimento, per mezzo dell'assoluzione dai peccati. Inoltre, in quell'occasione, Cristo soffiò sugli apostoli e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete, i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi" (Gv 20,21-23).
Beati coloro che credono in Dio senza averlo mai visto con i loro occhi, percepito con i loro sensi, compreso completamente con la loro intelligenza. La fede è una grazia; essa supera la conoscenza. La fede è un abbandonarsi con fiducia, non è un dato scientificamente dimostrato. Noi crediamo perché Dio si è rivelato e questa rivelazione è confermata dalla testimonianza di coloro che poterono essere presenti per decisione di Cristo e per ispirazione dello Spirito Santo, e cioè gli scrittori sacri, autori dei libri ispirati, e la Chiesa, alla cui testa si trova, in maniera invisibile, il Redentore stesso. Da ciò possiamo capire che la fede è meritoria e dunque benedetta. Infatti, accettare un sapere scientifico certo non costituisce in nessun modo un merito, mentre credere in qualcosa che non possiamo capire rappresenta un sacrificio e, perciò, un merito.
La benedizione della fede consiste nel fatto che essa ci unisce a Dio, ci indica la vera via di salvezza e ci libera così dall'angoscia del dubbio. La fede rende salda la speranza e, grazie ad essa, ci preserva dalla sfiducia, dalla tristezza, dallo smarrimento. La fede ci avvicina al soprannaturale e ci assicura così l'aiuto divino nei momenti più difficili. La fede ci innalza dalla vita materiale all'esistenza spirituale e ci riempie così di una gioia celeste.
Sulla terra, l'uomo è angosciato dal dubbio, dall'incertezza, dalla disperazione. Ma la fede lo libera da tutto questo. La fede lo rende pacifico e felice. Che cosa dobbiamo temere se Dio è con noi? La fede ci unisce a Dio e stabilisce uno stretto legame con lui. L'armonia con Dio sbocca, a sua volta, in un accordo con il proprio io, accordo che assicura una vera e propria pace interiore. Per giungere ad essa abbiamo bisogno, oltre che della fede, del pentimento che ci libera dai peccati riscattandoci. Perché è la colpa, il senso di colpa che suscita in noi l'inquietudine, e provoca tormenti spirituali, e ci procura rimorsi: tutto ciò è dovuto ad una coscienza appesantita dai peccati. La colpa non ci lascia in pace. Dice bene il profeta: "Non c'è pace per i malvagi" (Is 48,22). Mentre il salmo ci rassicura: "Grande pace per chi ama la tua legge" (Sal 119,165).
Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 1,26-38)

In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

«Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo». Lc 1,27-29
La Vergine, al cui nome ha vibrato la voce di poeti e di artisti d'ogni tempo, si chiamava Maria. Ed è bello pensare che Maria ha un'analogia con il termine "mare". Non è Lei infatti "un mare di grazia?" Attenzione! Alcuni si fermano a un aspetto: quello di poter credere, come la chiesa insegna, che essendo scelta per essere la Madre del verbo Incarnato, non poteva essere segnata dalle conseguenze del "no" che il primo uomo disse a Dio con tutte le conseguenze del caso. Maria è piena, traboccante di grazia che è come dire colma d'amore: per Dio Suo Creatore e per noi, suoi figli nel Figlio Gesù. Tutto però è avvenuto nel tempo e nello spazio, quindi secondo le condizioni tipiche di ciò che è umano. Ed è bello vedere in Maria quel turbamento, quel venire come travolta da qualcosa d'inatteso e, per Lei, (per la sua umiltà del tutto smisurato nei confronti della sua pochezza. Ecco, vale la pena di soffermarci anche su questo aspetto della sua personalità e anche di esserLe grati per questo suo umanissimo comportamento.

O Maria, Madre della nostra umanità, rendici attente nel viverla noi pure in semplicità e verità, consegnandoci però noi pure al Signore che ci vuole salvi anche con il tuo aiuto.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 3,7-15)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Per essenza, è la sua origine che determina l'uomo. È questa che decide quanta comprensione egli ha di se stesso, del suo essere, delle sue opinioni, del suo comportamento. Nati dalla carne, ci si può capire solo in funzione del mondo. Ma nascere dallo Spirito permette di avere una nuova percezione di se stessi. L'uomo anziano non diventa semplicemente migliore rinascendo, egli acquisisce una nuova origine. La rinascita è indispensabile, Gesù dice che bisogna che accada. Attraverso questa rivelazione, Dio risponde alla domanda dell'uomo in vista della salvezza, perché l'uomo non può darsi da solo una risposta. Ma non si può semplicemente dire che l'uomo diventa "migliore" rinascendo; la sua vita acquisisce un senso. Questo assomiglia al vento; non se ne può disporre a proprio piacere. Non lo si può afferrare, perché soffia dove vuole. Bisogna che qualche cosa si manifesti nella vita di colui che è nato dallo Spirito: i suoi pensieri e le sue azioni non possono essere colte secondo i criteri del mondo. Il bene che egli fa non proviene da lui stesso.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 3,16-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

«Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Gv 3,17
La parola "mondo" è usata qui per indicare l'umanità tutta intera. In un altro brano biblico leggiamo che Dio ha talmente amato il mondo da mandare il Suo Figlio Unigenito per salvarlo. Qualche volta è detto che il mondo (inteso come mentalità mondana) è "tutto posto nel maligno", cioè è in balia di satana.
Ed è molto illuminante quello che qui l'evangelista Giovanni dice per sottolineare questo progetto-volontà di salvezza che Dio ha nutrito da sempre fino a fare sapere che ha mandato il Suo Figlio Unigenito non per istituire un processo nei confronti del mondo ma proprio per salvarlo da tutto ciò che è male, disgrazia, distruzione.
Dio, nei nostri riguardi, "si è giocato" fino in fondo. Da Lui, che è Amore sostanziale, che cosa poteva venirci di più prezioso che il dono del Suo Figlio: il Verbo Incarnato Gesù?
Lo so: son cose risapute fin dai tempi del catechismo per la Prima Comunione. Ma so anche quanto sia un sapere "insabbiato" in tante notizie e conoscenze da "supermercato massmediale.
Signore, ho bisogno urgente di liberare questa radiosa verità da tutta la "sabbia" di ciò che si finisce a dare per scontato.
Aiutami. Ti prego, a far tesoro del tempo pasquale per prendermi soste meditative (sia pur brevi) per incontrare Gesù nella sua infinita tenerezza, nella ferma volontà del Padre e Sua, di indicarci strade di salvezza nella benevolenza e nella pace.
La voce di un politico e scrittore italiano del XX secolo
"Non credo che ci sia, oggi, un'altra maniera di salvarsi l'anima. Si salva l'uomo che supera il proprio egoismo d'individuo, di famiglia, di casta, e che libera la propria anima dall'idea di rassegnazione alla malvagità esistente. Cara Cristina, non bisogna essere ossessionati dall'idea di sicurezza, neppure della sicurezza delle proprie virtù: Vita spirituale e vita sicura non stanno assieme. Per salvarsi bisogna rischiare". Ignazio Silone

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 3,31-36)

Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui. Parola del Signore.

RIFLESSIONE

Povero Nicodemo! Ha creduto e studiato tutta la vita, è diventato un punto di riferimento per i rabbini del suo tempo eppure scopre di non sapere nulla. Nulla di Dio, nulla di sé, nulla della fede, nulla della vita. Ma, e questo è encomiabile, non si arrende. Anche se di notte, trova il coraggio di confrontarsi con Gesù e riceve mille stimoli. Sì, ha visto giusto, si tratta di rinascere dall'alto, di entrare nella logica di Dio, di fare della propria vita un dono, come Dio che ha donato il suo figlio per la salvezza dell'umanità. Ora Nicodemo è confuso, turbato, sente la verità e la forza delle parole di quel misterioso personaggio. Come fare, concretamente? Gesù risponde: ciò che può fare è credere in Gesù. Credere che egli è l'inviato di Dio, credere che è figlio del Padre in maniera assolutamente unica e straordinaria. E credere lo farà partecipare alla vita dell'Eterno, cioè alla vita eterna, che non è una cosa che ci succede quando siamo morti, ma una dimensione in cui scopriamo di essere inseriti da sempre. Questo nostro splendido tempo pasquale ci aiuti a non arrenderci mai, a non scoraggiarci, a lottare come ha saputo fare quell'anziano curioso e irrequieto che è Nicodemo.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 6,1-15)

In quel tempo, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Ma che cos'è questo per tanta gente?
Oltre la manna che era la materia del pane che cadde nel deserto per ben quaranta anni con Mosè per nutrire i figli di Israele, oltre il non esaurimento della pochissima farina e del pochissimo olio, anch'essi materia per le focacce della vedova di Sarepta con Elia, che non sono vera moltiplicazione del pane in senso stretto, di moltiplicazione vera e propria se ne conosce una sola ed è operata da Eliseo, che si è servito di circa venti pani d'orzo per sfamare appena cento persone. Assai poche in verità in relazione al numero, sfamato da Gesù ed anche ai pezzi avanzati che sono stati raccolti.
Da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all'uomo di Dio: venti pani d'orzo e grano novello che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: "Ne mangeranno e ne faranno avanzare"». Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore (2Re 4,42-44).
Con Gesù, per ogni cosa che accade per Lui e attorno a Lui, è giusto porsi sempre una domanda: cosa vuole il Signore rivelare di se stesso, degli apostoli, con il gesto della moltiplicazione dei pani. La prima verità è che questo gesto è un segno e di conseguenza non va preso nella sua materialità. Urge che si va ben oltre quanto è accaduto, perché in esso è nascosta una verità che dovrà accompagnare i discepoli per tutto il tempo della loro vita sulla terra, accompagnerà loro e tutti i successori che subentreranno nel loro ministero. Tuttavia vi è anche un significato, una verità immediata, anche questa va accolta all'istante.
La verità immediata è questa: Gesù è superiore ad ogni profeta che lo ha preceduto. Lo rivela la grandezza dei suoi segni. Eliseo nutrì cento persone con venti pani d'orzo. Gesù nutre cinquemila persone, senza contare donne e bambini, con appena cinque pani d'orzo e due pesci e in più si raccolgono ben dodici ceste di pani avanzati, una per ogni tribù di Israele, una per ogni Apostolo. Da Adamo fino a Gesù, passando tutti gli intermediari di Dio, dal Mosè a Malachia, nessuno è più grande del Maestro. Lui è il sommo. Nessuno ha mai fatto cose simili alle sue. La sua grandezza operativa è unica ed anche la grandezza della sua missione è unica e di conseguenza anche la grandezza della sua Persona. La gente comprende questo e lo grida: "Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo". È il profeta simile, pari a Mosè.
La seconda verità immediata che deve essere colta vuole che non si guardino le cose con occhi della carne, ma con gli stessi occhi di Dio, sempre. Per il Signore creare pane per tutto il mondo e crearlo per una sola persona è la stessa cosa. Non fa alcuna differenza. I discepoli dovranno sempre imitare Cristo Gesù. Vedere Dio come loro provvidenza. Camminare con Dio che sempre ascolta la loro preghiera.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci una visione celeste.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 6,16-21)

Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l'altra riva del mare in direzione di Cafàrnao.
Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».
Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Dal racconto degli altri Vangeli sappiamo il carattere drammatico della traversata del lago agitato: come le onde facessero dondolare la barca da una parte all'altra, e i discepoli, che Gesù aveva esortato a precederlo dall'altra parte del lago, temessero per la loro vita. Il Vangelo di san Giovanni non racconta niente di tutto questo. Certamente si può immaginare il comportamento dei discepoli, ma non viene menzionato. Chiaramente, l'evangelista non vuole che ci soffermiamo sull'atteggiamento dei discepoli; perché, in fondo, ciò non ha importanza per il racconto. Solo Gesù è importante.
I discepoli se ne sono resi conto: bisogna che Gesù salga sulla loro barca, altrimenti questa non raggiungerà la riva. Ma i discepoli hanno sottovalutato Gesù: la barca raggiunge sempre il suo scopo, se Gesù lo vuole; questo non dipende assolutamente dalla sua presenza fisica sulla barca. Gesù rimane sempre il padrone della sua Chiesa. Senza restrizioni. Ed è per questo che egli può dire di se stesso: sono io. Nell'Antico Testamento, è in questo modo che Dio parlava al suo popolo.