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  IL VANGELO DEL GIORNO XXVII DOMENICA E SETTIMANA    DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C IL VANGELO NEL 21° SECOLO

IL VANGELO DEL GIORNO XXVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C IL VANGELO NEL 21° SECOLO

Sabato Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,27-28)
Beato il grembo che ti ha portato.
Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!

***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,27-28)
In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Una donna dalla folla alzò la voce.
La vera beatitudine di ogni uomo mai potrà essere di origine umana. Anche perché la natura umana giace nella morte. Se è nella morte potrà solo generare frutti di morte per la morte. Mai essa potrà generare un solo frutto di vita. Essa è invece un dono di Dio fatto a coloro che osservano la sua Parola, camminano per le sue vie, obbediscono ad ogni suo comando, ascoltano la sua Parola e la mettono in pratica. Questa verità è la stessa preghiera del giusto, elevata a Dio attraverso i Salmi.
Una donna sente parlare Gesù. Resta ammirata dalla sua sapienza. Loda la madre, ritenendola la sorgente del suo essere e del suo operare. Gesù grida a sua volta alla folla che la vera beatitudine non viene dalla carne, anche se la carne della Madre sua è santa e Lei è beata nel suo cuore e nella sua anima per aver obbedito al Signore. Essa è il frutto dell'ascolto della Parola di Dio e della sua osservanza. Si ascolta, si osserva, si è beati nel tempo e nell'eternità. Non si ascolta, si possono anche godere gioie effimere, ma esse sono tutte avvelenate, conducono alla morte. Niente è dalla carne.
Ad ogni uomo che cerca la beatitudine nella ricchezza, nella corruzione, nel malaffare, nelle ingiustizie, nelle cose di questo mondo, la Chiesa deve gridare che né la carne, né il sangue, né la terra, né tutto ciò che la terra produce, potrà mai essere fonte di vera beatitudine. La sola vera beatitudine, che sarà sulla terra e continuerà nei cieli eterni, è quella che fruttifica sulla Parola di Dio ascoltata e osservata. La gioia è dalla Parola ed è una gioia eterna. Anche la povertà più povera vissuta nella Parola di Gesù dona gioia eterna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a vivere di Parola.

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Venerdì Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,15-26)
Ogni regno diviso in se stesso va in rovina.
Chi non raccoglie con me, disperde.
***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,15-26)

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.
Quando lo spirito impuro esce dall'uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: "Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito". Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l'ultima condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima».
Parola del Signore.

RIFLESSIONI

"Chi non raccoglie con me, disperde" Lc 11,23
Come vivere questa Parola?

Immediatamente prima di questa forte asserzione, Gesù aveva affermato qualcosa di altrettanto forte: "Chi non è con me è contro di me".
Ancora prima aveva risposto all'accusa che gli era stata fatta dai soliti oppositori: quella di cacciare i demoni con la forza di Belzebù, il loro capo. Quel dire poi senza vibrazione d'ira ma con piena consapevolezza, che col "dito di Dio" (cioè con l'onnipotenza divina) Egli lo allontana, è per noi la premessa di quest'altra parola che vogliamo oggi comprendere.
Sì, la vera realizzazione del nostro essere persona, dipende dal vivere in Gesù, così come Egli sempre quaggiù rimaneva orientato al Padre.
Ecco, il vero cristiano, sia che trascorra i giorni da scienziato ricercatore davanti all'ultimo modello di macchina elettronica, sia che lì viva davanti ai fornelli in cucina, è sempre in compagnia di Gesù.
Proprio questo suo essere in Cristo e con Cristo davanti al Padre nell'amore infinitamente unitivo dello Spirito Santo, lo aiuta a raccogliere positività dal suo buon operato.
Al contrario, chi vive immemore di questa realtà centrale della spiritualità cristiana che è L'essere inabitato dal Signore, disperde. Penso alla pula in balìa del vento, e a quella manciata di sterpi che questa mattina quassù ostruiva la strada.
Signore, io voglio, con la tua grazia, vivere Te, la tua presenza d'amore; so con certezza di fede che il risultato sarà poi "vita eterna" già iniziata qui e ora.
"Credere è fidarsi di Qualcuno, assentire alla chiamata di Dio che invita a rimettere la propria vita nelle mani di un Altro infinitamente potente nel volere soltanto il bene"

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Giovedì Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,5-13)
Chi chiede riceve, chi cerca trova
e a chi bussa sarà aperto.

***


TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,5-13)
In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli", e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani", vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Gesù ci assicura che la nostra preghiera sarà esaudita. Se accontentiamo la richiesta di un amico in difficoltà, anche se dobbiamo fare grandi sforzi per rendergli questo favore, a maggior ragione Dio ascolterà la nostra preghiera perché è nostro amico. E quanto più essa sarà forte e pressante, tanto più egli l'ascolterà. Non si adirerà contro di noi nemmeno quando, perseveranti e pieni di fiducia e di rispetto, ci faremo insistenti al punto da importunarlo. È difficile trovare un amico del genere. Gesù ci assicura che Dio è proprio un tale amico. Dio esaudisce la nostra preghiera non solo perché egli è amico, ma anche perché è Padre. Tuttavia egli non concede sempre tutto ciò che chiediamo, perché ha un'offerta migliore da proporci: lo Spirito Santo, che non nega mai a nessuno che gliene faccia richiesta. Questo dono dello Spirito contiene tutti gli altri beni a cui l'uomo aspira. In lui sono soddisfatti i nostri desideri, anche i più segreti.
Nel Vangelo di oggi, Gesù ci insegna a perseverare nella preghiera e traccia una meravigliosa immagine di Dio, nostro amico e Padre.
«Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Lc 11, 11-13
Come vivere questa Parola?
L'insegnamento della preghiera è per Gesù di massima importanza. Egli infatti sa con assoluta certezza che chi "chiede cerca bussa" alla porta del Padre Celeste, otterrà troverà, gli sarà aperto.
Proprio per dimostrare l'assolutezza di questa verità, Gesù narra la parabola di un Padre in normale rapporto di affettuosa comunicazione con il Figlio amato.
La bellezza del racconto sta tutta nei forti contrasti su cui si impianta la domanda: può forse un padre dare una pietra in risposta al figlio che gli sta chiedendo un pane?
Altro icastico contrasto; quello della serpe invece del pesce.
Immaginiamo la paura del ragazzo che, al padre forse pescatore di buon pesce, ne ha chiesto per sfamarsi; gli viene invece presentato un serpente.
Infine un contrasto ancora più forte: quello tra un semplice ma salutare uovo chiesto dal figlio quel velenosissimo animale che vien dato: uno scorpione.
Con questa cornice di forte colore narrativo che stimola l'immaginazione, Gesù più decisamente sospinge l'attenzione in Alto. In che senso? Perché se è impensabile per Gesù che un padre si abbrutisca nel dare risposte cattive di fronte al reale bisogno del figlio affamato, tanto più è impensabile che il Padre del Cielo ricusi il dono per eccellenza: lo Spirito Santo a chi glielo chiede pregando.
Signore, a volte sperperiamo la preziosità della preghiera in richieste stupide o di poco conto, o tutte riguardanti l'ambito delle cose materiali o quello soltanto della nostra famiglia. Ti prego, sveglia il nostro cuore, perché soprattutto chiediamo che sia acceso vivificato guidato dal tuo Spirito Santo: il dono per eccellenza.
La voce del Santo Padre
"Lo Spirito, è il nostro compagno di strada, un vero e grande amico. Senza di lui ci è impedito di conoscere Gesù". Papa Francesco.

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Mercoledì Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C

Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,1-4)
Signore, insegnaci a pregare.
Quando pregate, dite: Padre...

***

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 11,1-4)

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: 

Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

L'amore è l'essenza, il centro della vita cristiana, e la preghiera ne è il respiro. Per questo, dopo aver parlato del comandamento dell'amore, Gesù parla della preghiera.
La richiesta più importante della preghiera del Signore è costituita da queste parole: "Venga il tuo regno". Esse costituiscono il filo conduttore della predicazione di Gesù e il fine della sua azione. Chi compie la volontà di Dio e si impegna a diffondere il suo regno sulla terra, può chiedere il pane quotidiano, simbolo del pane eucaristico e di quel nutrimento che tutti gli uomini salvati mangeranno alla mensa comune, nella casa del Padre. Ora, ciascuno di noi è debitore e peccatore nei confronti di Dio, completamente affidato alla sua misericordia. Dio ci perdona, ma esige che noi proviamo verso gli altri questa stessa misericordia che sa perdonare. Consapevoli dei rischi, preghiamo Dio di guidarci attraverso tutte le prove e tutte le tentazioni. Quando verrà il regno di Dio, tutte le nostre aspirazioni umane saranno soddisfatte, le nostre domande esaudite, e saremo liberi da tutti i pericoli.
La preghiera del Signore è la sintesi del Vangelo, e riassume, sotto forma di domanda, tutta la Rivelazione. Ecco perché è diventata la preghiera ufficiale della Chiesa, il modello e la fonte di tutte le altre preghiere.
Signore, insegnaci a pregare.
L'uomo è povero, anzi privo di tutto. La sua vita è dagli altri, è interamente dall'Altro, cioè da Dio, dal suo Signore e Creatore, dal suo Redentore e Salvatore, dal suo Ispiratore e Santificatore. L'uomo non è vita, non è fonte di vita, non ha in sé le radici del suo essere, del suo operare, del suo divenire, del suo tempo, della sua eternità. Dio è colui che è. "Io sono colui che sono". L'uomo è colui che non è, perché se vuole essere, dovrà esserlo sempre da Dio e dai fratelli.
L'uomo può essere definito con una sola parola: "Mendicante eterno di vita". Sulla terra e nel Cielo, nel tempo e nell'eternità lui sempre dovrà mendicare la vita, altrimenti precipita oggi e domani, in una morte eterna. Come ogni albero se vuole vivere deve essere ben piantato nella terra, così ogni uomo se vuole vivere, dovrà essere saldamente piantato in Dio e nei fratelli. Non solo in Dio, ma anche nei fratelli, che sono la via attraverso cui la vita di Dio scende e si riversa su di lui.
Oggi l'uomo ha smarrito questa verità. Pensa di essere da se stesso e per se stesso. È duro di cuore e tardo di mente. Ha reciso il legame sia con la sorgente divina del suo essere e sia con quella umana. È come se si fosse chiuso in una torre inviolabile di egoismo. Solo da se stesso. Solo per se stesso. È questa la vera morte. È questo il peccato dei peccati. È questa la superbia che avvelena l'umana convivenza. Se non riallaccia il vero legame con la Sorgente eterna e storica della sua vita, l'uomo si inabisserà sempre più nella sua morte eterna.
Chi può aiutare l'uomo ad uscire da questo fuoco di morte è solo la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Può aiutarlo, ad una condizione: che essa stessa rinnovi secondo pienezza di verità i suoi vincoli di amore e di grazia con Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo. Se essa, al pari degli uomini da redimere, si fa da se stessa e non più dal Signore e Creatore, dal suo Redentore e Salvatore, dal suo Ispiratore e Santificatore, mai potrà dare vita. Anch'essa ne è priva e mai potrà giovare agli altri.
La preghiera è l'ininterrotta richiesta di vita a Dio che è la Sorgente eterna della vera vita. Essa è comunione perenne con la Fonte del nostro essere e del nostro divenire. Essa è legame indistruttibile con il Creatore della nostra quotidiana esistenza. Per questo dobbiamo rivestirci di santa umiltà, prostrarci dinanzi a Lui, confessarlo come il solo Autore della nostra vita e a Lui chiedergli ogni grazia, ogni aiuto, ogni assistenza perché possiamo essere ciò che Lui ha stabilito nel suo decreto eterno che noi siamo. Questa preghiera dovrà scandire i secondi, i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni. Mai un solo istante senza la nostra profonda prostrazione dinanzi al Dio della vita.
A Dio dobbiamo chiedere che scenda in noi e diventi il nostro unico e solo alito di vita. Sia Lui il nostro respiro, la nostra anima, il nostro spirito. Sia Lui nostra verità, grazia, bontà, misericordia, perfetta giustizia, autentica e vera santità. Sia Lui il nostro pane quotidiano, il nostro perdono, la liberazione da ogni male. Sia Lui a custodirci perché non cadiamo nella tentazione. Sia Lui non vita della nostra vita, ma la nostra stessa vita. Può pregare chi possiede questa fede purissima nel suo spirito e nella sua anima. La fede la si riceve da altri. È ogni discepolo di Gesù che deve essere un vero datore di fede. Dalla fede è la salvezza di ogni uomo, è la redenzione del mondo, è la vita della terra. Se noi Chiesa non ci rivestiamo di una purissima fede, il mondo rimarrà per sempre senza vita. Non conosce il Signore e non sa che la sua vita è interamente da Lui e per Lui, in Lui e con Lui. Aiuta la vita chi dona la vera fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede forte, solida.

IL VANGELO DEL GIORNO XXVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C IL VANGELO NEL 21° SECOLO

Martedì Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 11,25-30)
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi.
E io vi darò ristoro.

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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 11,25-30)

Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Troverete ristoro per la vostra vita.
Gesù è mediatore della vera vita per ogni uomo. Il suo ristoro, la sua consolazione, la pace e la gioia, la serenità e ogni altro suo dono, non sono però fuori di Lui, sono in Lui. Si prende Lui come nostro giogo, Lui come mitezza e umiltà, Lui come unico modello di obbedienza al Padre, Lui come unica e sola Parola di vita eterna, Lui come vero Pane di vita e di ogni benedizione, e la pace scenderà nel cuore. Urge porre somma attenzione per non stravolgere la sua verità di mediatore. La sua mediazione non è semplicemente per Lui. Ma è anche in Lui e con Lui. La mediazione è la sua stessa persona. Lui viene per darci Lui come nostra vita, nostro ristoro, nostra pace. È Lui che deve vivere in noi, con noi, per noi. Se Lui rimane fuori di noi, non vi è alcuna mediazione. È Lui il fuoco che deve consumarci dentro e trasformarci in vita eterna.
Gesù deve essere come il fuoco per la legna. Lui non è come un fiammifero dal quale si accende il fuoco e poi viene spento, perché inutile al fuoco. Lui è il fuoco che tiene accesa la nostra legna. Se Lui è tolto dal cuore, all'istante il fuoco si spegne e noi diveniamo gelidi nell'amore, nella fede, nella verità, nella speranza, nella vita. La sua mediazione è la sua trasformazione in nostra vita, nostra luce, nostra verità, nostra giustizia. Pensare che Cristo Signore sia un mediatore esterno, vederlo come un "Latore" di preghiere, un "Portatore" di grazie, un "Datore" di un qualche bene celeste, un profeta che ci annunzia la Parola di Dio, è non aver compreso nulla della sua mediazione. È Lui il Mediatore e la Mediazione, il Dono e il Datore del dono, la Grazia e il Portatore nei cuori di ogni grazia, la Parola e il suo Annunziatore. O Cristo Gesù diviene nostro fuoco e nostra vita, oppure la sua Mediazione è infruttuosa per noi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri in Cristo Signore.

IL VANGELO DEL GIORNO XXVII DOMENICA E SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C IL VANGELO NEL 21° SECOLO

Lunedì Della XXVII Settimana del Tempo Ordinario Anno C
Dal Vangelo secondo Luca. (10,25-37)
Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?
Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?

***

TESTO-
Dal Vangelo secondo Luca. (10,25-37)
Un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Il dottore della legge voleva trascinare Gesù nei dibattiti tipici dell'epoca: "Qual è il più grande dei seicentotredici precetti della legge?". "E chi è il mio prossimo?". Gesù orienta la conversazione in modo tale da precisare ciò che è più importante nella vita dei suoi discepoli: l'amore per Dio e per il prossimo, compresi i nemici. È il dottore della legge stesso che risponde alla prima domanda. Ma chiede ancora: "E chi è il mio prossimo?". Per la mentalità dell'epoca, il prossimo non poteva essere né il pagano, né il samaritano, né uno qualsiasi. Alla seconda domanda, Gesù risponde con una parabola. Il samaritano non discute di problemi complessi di teologia, non chiede chi sia mai quell'uomo mezzo morto, semplicemente gli porta soccorso. "Va' e anche tu fa' lo stesso". Ciò significa: "Il tuo prossimo è ogni uomo che ha bisogno del tuo aiuto, del tuo amore, della tua misericordia. Non chiedere chi sia il tuo prossimo, sii piuttosto vicino a chi si trova in disgrazia, fosse anche un tuo nemico!". Il samaritano sarà per me un esempio? Ecco ciò che sembrava assurdo al dottore della legge. I Giudei consideravano apostati i Samaritani. Provavano ostilità e ripugnanza nei loro confronti, come del resto i Samaritani verso i Giudei. I dottori della legge, poi, non volevano che si mostrasse loro benevolenza. Ecco che Gesù unisce nell'amore la famiglia umana dispersa e divisa dal muro di separazione (Ef 2,14).

È istruito, il dottore della Legge, sa disputare di sottigliezze teologiche con i rabbini. Nella selva degli oltre seicento precetti che ogni devoto israelita era chiamato ad osservare era difficile dipanarsi, provare a fare una graduatoria. Così lo scriba cerca di coinvolgere Gesù in una discussione da scuola rabbinica ma con scarsissimi risultati. La conclusione cui arriva Gesù è molto simile a quanto altri, il rabbino Hillel, ad esempio, avevano elaborato. Ma la differenza è palese: per lo scriba si tratta di un esercizio di intelligenza, di una riflessione teologica. Gesù, invece, lo invita a scendere dallo scranno e a riflettere: è inutile chiedersi chi si debba considerare "prossimo" ma occorre aprire il proprio cuore all'accoglienza di ogni uomo, diventando "prossimo". Il nemico giurato degli ebrei, un samaritano, si rivela l'unico "prossimo" del poveraccio malmenato dai briganti. Gesù invita il povero scriba, e noi, a smetterla di fare dei bei ragionamenti e di metterci davvero in gioco. Finché la fede resta esercizio retorico e non si cala nella realtà polverosa e sanguinolenta, sudaticcia e affaticata, non potremo certo capire la forza innovativa del messaggio di Gesù...

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XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 17,5-10)
Siamo servi inutili.
Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.

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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 17,5-10)

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare"». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Siamo servi inutili, dobbiamo fare quello che è dovere fare
In un mondo, dove molti si sentono indispensabili, utili e insostituibili, oggi risuona il testo del vangelo che ci riporta alla realtà della nostra vita, quella vita che ha un valore per l'eternità e non per il tempo presente, che spesso sopravvaluta il servizio di qualcuno e sottovaluta quello di chi merita davvero di essere preso in considerazione.
Partendo proprio dal brano del Vangelo di Luca noi possiamo meglio comprendere il significato del servire la causa del vangelo, con umiltà e senza pretese di sorta. A noi tutti, come cristiani, spetta il compito che ognuno di noi ha scelto di assumere davanti a Dio con responsabilità e coscienza seguendo la propria vocazione e rispondendo alla chiamata di Dio.
Non dobbiamo attenderci, premi, gratificazioni, medaglie al valore o riconoscimenti, in memoria, dopo la nostra morte. Dobbiamo agire per valori superiori, attendendoci riconoscimenti e premi, dove contano davvero la realtà che avremo in possesso per sempre.
Si tratta di sviluppare una visione di fede in prospettiva di eternità. Sono gli stessi apostoli, che si accorgono dell'inconsistenza della loro fede, della fragilità e dell'assenza di contenuto del loro modo di credere, a chiedere a Gesù: "aumenta la nostra fede". E Gesù replica con un esempio molto calzante alla situazione e che ci aiuta a capire il senso della crescita della fede, non in termini di quantità o di conoscenze teologiche e bibliche in più, ma di qualità, perché la fede non si misura, la fede si vive e si sperimenta nella propria vita e la si testimonianza con una degna condotta di vita.
Cosa chiedono esplicitamente gli apostoli al Signore?: «Accresci in noi la fede!».
Gesù, alla domanda degli apostoli, replica in un modo preciso e diretto al raggiungimento dello scopo della richiesta: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe".Ed aggiunge come comportarsi in certe situazioni di vita quotidiana: "Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?".
Domande mirate che fanno riflettere chi ascoltava allora e chi ascolta oggi Gesù, che parla a noi attraverso la Chiesa e i ministri della stessa parola.
La conclusione di questo modo di riflettere ponendo domande e includendo nelle domande la risposta, è quella che conosciamo e Luca ci riporta a conclusione di questo interessantissimo brano del suo vangelo: "Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare"».
Penso che ognuno di noi sappia valutare il suo comportamento in tanti ambiti, ma soprattutto nel campo religioso e morale. Non abbiamo bisogno dei termometri della nostra temperatura morale e spirituale o della quantità della nostra fede. Dicendo io credo di più dell'altro. Sappiamo valutarci da solo. Alla fine delle nostre personali valutazioni possiamo avere chiara la coscienza del nostro bene operare, del nostro parziale operare o del non operare affatto.
I compiti nel campo della fede vanno assolti e svolti in modo egregio, senza centellinare energie nei confronti di Dio e dei fratelli. Tutto deve essere fatto con amore, generosità e dedizione.
Sono queste le condizioni indispensabili per essere a posto con la propria coscienza di fronte a quello che ci tocca fare, perché ne abbiamo il dovere e gli obblighi, oltre che morali anche giuridici e sociali.