TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 10,38-42)
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna,
di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore,
ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi
abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le
rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa
sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Parola del Signore.
RIFLESSIONI
I testi biblici che ci riportano il messaggio e il Vangelo ci insegnano che il
Dio della Trinità ama recarsi di tanto in tanto dagli uomini, perché la sua
presenza è un onore e una benedizione. Al tempo dei patriarchi, si reca da
Abramo e promette un figlio a Sara che non ne ha ancora. Gesù, da parte sua,
esalta due donne nubili, Maria e Marta, onorandole della sua visita e della sua
parola. Il racconto di questa visita ci mostra che si deve manifestare a Gesù
un vero rispetto.
Il Dio della Trinità oggi continua a recarsi presso gli uomini. Questo noi la
chiamiamo visita. Spesso, ci rendiamo conto della venuta di Dio solo dopo la
sua visita.
In questo giorno, il nostro Signore e Salvatore ci invita a recarci da lui.
Egli è il sacerdote, l'annunciatore e l'ospite di questa festa liturgica.
Gioiamo di questo onore, ascoltiamo la sua parola con attenzione e festeggiamo
con lui la comunione di oggi con atteggiamento di venerazione. Ma soprattutto
prendiamo a cuore quello che lui ci dice: è colui che si impregna della sua
parola e vive secondo essa che gli manifesta il più grande rispetto.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 12,38-42)
In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da Te vogliamo vedere un segno». Ed Egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'Uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del Giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del Giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Una generazione malvagia e adultera pretende un segno!
Gesù non è venuto sulla terra per mostrare la sua divina onnipotenza, per sconvolgere
menti e cuori, per piegarli alla fede e alla verità così come aveva fatto Dio
con il faraone. Non è questa la sua via. Lo attesta anche la Lettera agli
Ebrei: "Voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a
un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a
suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non
rivolgere più a loro la parola. Non potevano infatti sopportare quest'ordine:
Se anche una bestia toccherà il monte, sarà lapidata. Lo spettacolo, in realtà,
era così terrificante che Mosè disse: Ho paura e tremo. Voi invece vi siete
accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e
a migliaia di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti i
cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei
giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell'alleanza nuova, e al sangue
purificatore, che è più eloquente di quello di Abele" (Eb 12,18-24). Gesù
è venuto a rivelare al mondo quanto è grande la potenza della carità di Dio,
del suo amore, della sua misericordia.
I farisei vorrebbero portare Gesù nella forma e nella sostanza dell'Antico
Testamento. Gesù non si lascia da loro tentare. Chiama questa generazione
malvagia e adultera. Essa è malvagia perché assai lontana dai pensieri di Dio.
Essi solamente sono buoni, pii, giusti, santi. Ora il pensiero di Dio è uno
solo: amare fino alla morte di croce. È la croce il più grande segno della
divina onnipotenza. Gesù dal legno rivela quanto grande, onnipotente, santo,
invincibile è l'amore di Dio per l'uomo. È adultera, questa generazione, perché
ha tradito il patto di alleanza con il suo Creatore e si è concessa
all'idolatria, all'empietà, al peccato. Ha abbandonato la Legge del suo Signore
e al suo posto si è costruito l'idolo dei pensieri umani. Questo è vero
tradimento, vero adulterio spirituale, che conduce ad ogni altro adulterio
morale.
La dolcezza dell'amore, la profondità della verità, della giustizia, della
sapienza bastano a tutti coloro che si vogliono convertire. Ninive non si
converti per i grandi segni. Aderì al Signore per la più semplice parola che un
uomo abbia mai potuto udire: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà
distrutta". Gesù invece non ha solo rivelato la purezza della Parola di
Dio, ha anche manifestato loro le profondità dell'amore del Padre. Quello di
Cristo Gesù era un amore che guariva, sanava, purificava, perdonava,
accoglieva, esaltava l'uomo, donandogli ogni dignità. Anche ai peccatori Lui
dava la grande speranza del perdono e della misericordia. L'amore, la carità,
la pietà vera e santa, sono il più grande segno della presenza di Dio sulla
nostra terra. Là dove vi è un uomo che ama, lì vi è sempre Dio che opera. Ecco
il segno vero della credibilità di Gesù Signore. Altri segni sono fuorvianti.
Sono per i cuori induriti che continueranno a rimanere induriti e ostili.
Questi cuori cercano il segno, ma solo per tentare il Signore e per attestare
la sua incapacità a poterli donare. Questa è pura malvagità e cattiveria.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci la purezza
dell'amore.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 20,1-2.11-18)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di
mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal
sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello
che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo
dove l'hanno posto!».
Maria stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si
chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla
parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed
essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il
mio Signore e non so dove l'hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse
Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che
fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu,
dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella
si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù
le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va'
dai miei fratelli e di' loro: "Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio
vostro"».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò
che le aveva detto. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Accanto alla Vergine Madre, Maria Maddalena fu tra le donne che collaborarono all'apostolato di Gesù (Lc 8, 2-3) e lo seguirono fino alla croce (Gv 19, 25) e al sepolcro (Mt 27, 61). Secondo la testimonianza dei vangeli, ebbe il privilegio della prima apparizione di Gesù risorto e dallo stesso Signore ricevette l'incarico dell'annunzio pasquale ai fratelli (Mt 28, 9-10); Gv 20, 11-18).
Il cardinale Carlo Maria Martini al riguardo commentava: «Avremmo potuto
immaginare altri modi di presentarsi. Gesù sceglie il modo più personale e il
più immediato: l'appellazione per nome. Di per sé non dice niente perché
"Maria" può pronunciarlo chiunque e non spiega la risurrezione e nemmeno il
fatto che è il Signore a chiamarla. Tutti però comprendiamo che
quell'appellazione, in quel momento, in quella situazione, con quella voce, con
quel tono, è il modo più personale di rivelazione e che non riguarda solo Gesù,
ma Gesù nel suo rapporto con lei. Egli si rivela come il suo Signore, colui che
lei cerca».
La sua memoria è ricordata il 22 luglio nel martirologio di Beda e dai Siri,
dai Bizantini e dai Copti.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,1-8)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre
mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni
tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri,
a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso
se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la
vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché
senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come
il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete
e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto
frutto e diventiate miei discepoli». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Il brano di oggi fa parte dei discorsi di addio del Vangelo di San Giovanni,
sono i capitoli 13-17 e rappresentano il lungo discorso fatto agli Undici
Apostoli, dopo l'uscita dal Cenacolo di Giuda. Gesù non volle parlare in sua
presenza, espose i discorsi solo ai suoi veri amici. Lo stesso lo fa chi vuole
confidare qualcosa di importante alle persone di fiducia.
Nel capitolo 13, all'inizio quindi dei discorsi di addio, Gesù invita Giuda ad
andare a compiere quello che aveva in mente: il tradimento. "Preso il boccone,
egli subito uscì. Ed era notte" (Gv 13,30). San Giovanni precisa che era notte
non solo per il buio che oscurava tutto, era notte soprattutto nella mente di
Giuda. Aveva perduto la sua anima, non "vedeva" più tutto il bene compiuto da
Gesù né le sue parole cariche di amore e di perdono.
Quindi, nei memorabili discorsi d'addio di Gesù non è presente Giuda, dal
versetto 31 del capitolo 13 fino a tutto il capitolo 17.
Questo ci dice che Gesù vuole confidarsi solamente con chi Lo ama, ascolta e
pratica i suoi insegnamenti. Non si rivolge a quanti vivono una Fede ballerina,
egoista, personale. E risultano non credibili quanti si attribuiscono carismi e
rivelazioni, conducendo una vita in opposizione ai Comandamenti, agli
insegnamenti del Signore. "Dai loro frutti li riconoscerete".
La Parola di oggi ci dice che si rimane attaccati alla Vite che è Gesù,
compiendo la sua Volontà, osservando i Comandamenti, e non tanto per alcune
preghiere che si recitano o per la partecipazione senza interesse ed inconsistente
alla Santa Messa.
Il cristiano è spiritualmente vivo e operoso solo se rimane legato alla Vite,
solo con la linfa divina è un tralcio vivo. È impegnativo, lo sappiamo, ma
quanti sacrifici inutili si compiono nella giornata e si valutano come indispensabili?
Solo la comunione con Gesù è essenziale, tutto il resto passa e si lascerà in
questo mondo.
Certo, la vita è meravigliosa e va vissuta nei suoi svariati diversivi, senza
però perdere la comunione con Dio. Un tralcio si stacca definitivamente dalla
vite e secca, gli uomini invece rimangono legati anche quando sbagliano e si
pentono, ma il tralcio potrà spezzarsi definitivamente quando gli errori
gravissimi sono continuativi e deliberati.
Per evitare il distacco dalla Vite bisogna rinnegarsi, vincersi in quei
comportamenti opposti alle virtù. I cristiani sono benedetti anche per la Legge
morale che li illumina sul percorso da fare e indica le cose giuste da
compiere. Innanzitutto, il tralcio, cioè il cristiano, deve tagliare quei
germogli che disperdono il fervore spirituale, come l'erbaccia e i cespugli
attorno agli alberi che assimilano e tolgono la linfa agli alberi.
Gesù inoltre spiega che il Padre pota perché il tralcio porti più frutto.
Quindi, il Padre per distaccare i buoni cristiani da idoli e da comportamenti
sbagliati, permette la loro purificazione, e viene chiamata benedetta per
l'eliminazione del male spirituale presente nel cristiano.
Spesso si vivono prove dolorose e sofferenze inspiegabili, proprio qui il
cristiano ha la grande opportunità di fermare la tumultuosa corsa della sua
vita e capire gli avvenimenti tramite la preghiera. Chi incontra la sofferenza
comincia a riflettere sulla vita, prega e abbandona le cose futili, scopre la
gioia incontrando Gesù.
Dio Padre non manda sofferenze né vuole la malattia degli uomini, in certi casi
la permette per potare quei cespugli spigolosi che tanta tristezza e confusione
causano nei buoni. Impegniamoci noi a cercare i germogli negativi che fanno
parte della nostra vita e sradichiamoli per crescere nella Fede, trovare
stabile gioia e pace interiore.
Ognuno di noi ha la possibilità di compiere buone opere spirituali e portare
molto frutto, questo è il compito dei veri discepoli del Signore.
Dal Vangelo secondo
Matteo (Mt 13,10-17)
In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro
parli con parabole?».
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei
cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà
nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per
questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non
ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
"Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!".
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano.
In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò
che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non
lo ascoltarono!». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù parla in parabole, un linguaggio semplice ed enigmatico nello stesso
tempo, perché non intende costringere nessuno, ma responsabilizzare le libertà.
Gesù viene a rivelare il mistero di Dio e Dio è necessariamente sorprendente,
poiché è "Altro" da noi e così può avvenire che lo si aspetti all'interno di
uno spettacolo grandioso e impressionante. Invece Gesù, che è il Figlio, la sua
immagine perfetta, appare in forma umiliata, come un seme, nascosto sotto
terra. Siccome, però, è seme, porta in sé la forza della vita.
Ora, Gesù ha trovato occhi che si chiudevano per non vedere e cuori che
resistevano per non essere risanati. I misteri di Dio non attraggono coloro che
chiedono soltanto buoni vantaggi terreni.
Questo spiega quella frase così ostica alle orecchie di tanti ascoltatori di
oggi: "A chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza e a chi non ha sarà tolto
anche quello che ha". "Avere" o "non avere" non si riferiscono qui alle cose:
non è questione di possesso o di povertà. Piuttosto è l'autodecisione della
persona ad essere chiamata in questione. Chi "ha" apertura di cuore, avrà altro
dono (al possesso dell'antica alleanza si aggiungerà la ricchezza della nuova);
chi "non ha" questo cuore aperto alla trascendente sorpresa di Dio - (non è
possibile che questo povero Gesù sia "Dio con noi"!) - perderà tutto.
Oggi, come allora, se le nostre libertà si difendono da Dio - non gli
permettono di essere diverso da noi, non gli concedono che i suoi misteri siano
più alti dei nostri pensieri -, egli non le viola; se si aprono a lui egli le
invade.
Alla gratuità sovrabbondante della parola di Dio venuta in carne può realmente
opporsi il rifiuto pregiudiziale dell'uomo.
Beati invece i vostri occhi perché
vedono
L'uomo è cieco e da cieco cammina nella storia. Non riesce neanche a vedere i
grandi segni della potenza e onnipotenza di Dio, come possiamo sperare di
pensare che possa vedere Dio in un uomo? La Scrittura antica chiama quest'uomo
cieco "stolto per natura", cioè persona corrotta. Ha perso infatti
l'uso degli occhi, della lingua, dell'udito, della stessa mente. Gli manca la
scienza dell'argomentazione e della deduzione.
Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell'ignoranza di Dio, e
dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né,
esaminandone le opere, riconobbero l'artefice. Ma o il fuoco o il vento o
l'aria veloce, la volta stellata o l'acqua impetuosa o le luci del cielo essi
considerarono come dèi, reggitori del mondo. Se, affascinati dalla loro
bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano,
perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Se sono
colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente
colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per
analogia si contempla il loro autore. Tuttavia per costoro leggero è il
rimprovero, perché essi facilmente s'ingannano cercando Dio e volendolo
trovare. Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano
prendere dall'apparenza perché le cose viste sono belle. Neppure costoro però
sono scusabili, perché, se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare
il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano? (Sap
13.1-9).
La grandezza di un uomo è quella di saper vedere Dio in ogni luogo nel quale
Lui si dovesse manifestare. Possiede questa visione colui che è di cuore puro,
retto, non contaminato. I puri di cuore infatti vedono sempre Dio. Lo vedono
perché il loro intimo è cristallino e Dio da essi si lascia vedere. Gesù è
venuto sulla nostra terra. Lui è il Verbo eterno del Padre, il suo Figlio
Unigenito. Lui è vero Dio nella carne. La sua carne è tutta trasparente più che
il vetro o il cristallo finissimo. Se vediamo un liquido colorato in un
bicchiere, perché non riusciamo a vedere Dio nella carne del Verbo di Dio? Non
lo vediamo perché siamo ciechi. Non lo sentiamo perché siamo sordi. Non lo
percepiamo perché siamo senza tatto. Non ne sentiamo l'odore di santità perché
abbiamo perso ogni tatto. Non parliamo di Lui perché ignoriamo la sua stessa
esistenza. Questa è la nostra condizione spirituale.
Gesù proclama beati i suoi discepoli perché vedono e ascoltano il Verbo della
vita. Loro vedono e ascoltano Dio che parla ed agisce attraverso la sua carne.
Sono detti beati, anche se attualmente non comprendono. Poi verrà lo Spirito
Santo, ricorderà loro ogni cosa. Li introdurrà nella pienezza della verità del
mistero di Gesù Signore. Per essi si farà una grande luce e solo allora la
beatitudine di Gesù si compirà per loro. Attualmente vedono come attraverso uno
specchio molto opaco. Intravedono qualcosa. Ora sono come quel cieco che
toccato da Gesù vede gli uomini, perché vede come alberi che camminano. Domani,
toccati dallo Spirito Santo, vedranno Gesù nella completezza del suo mistero e
della sua vita. La beatitudine sarà piena.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a vedere Gesù.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 20,20-28)
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi
figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?».
Gli rispose: «Di' che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno
alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che
chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo
possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia
destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il
Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li
chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di
esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare
grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà
vostro schiavo. Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire,
ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Parola del
Signore.
RIFLESSIONI
Tra i protagonisti della prima comunità cristiana troviamo senz'altro san
Giacomo, fratello di Giovanni. Insieme a Pietro e a suo fratello Andrea,
Giacomo fa parte della ristretta cerchia delle persone che Gesù vuole accanto a
sé nei momenti particolari.
Giacomo, fratello di Giovanni, figlio di Zebedeo, strappato alla pesca insieme
al fratello Giovanni, già discepolo del Battista. Gesù vuole lui, Simon Pietro
e Andrea insieme con sé, nei momenti più significativi della sua missione:
dalla trasfigurazione al Tabor, alla resurrezione della figlia di Giairo, nella
dolorosa veglia al Getsemani. Giacomo fu il primo tra i dodici ad essere
ucciso, sotto Erode Antipa, ed una antica leggenda vuole che riuscì a
convertire un soldato, che venne decapitato insieme con lui. Un gigante della
fede, uno dei discepoli che ha vissuto un rapporto intimissimo col Signore
Gesù. Eppure, rileggendo la pagina che oggi la liturgia sfacciatamente ci
propone, restiamo perplessi. No, Giacomo non ha fatto una gran figura chiedendo
al Signore una "spintarella" nel futuro governo del Regno di Dio...
Grandezza e miseria convivono nel cuore degli uomini, anche in quello degli uomini
più grandi. È una splendida lezione, quella di oggi: noi che vorremmo una
santità asettica, che desideriamo una Chiesa fatta solo di santità, che ci
scandalizziamo per i limiti dei credenti (sempre e solo quelli degli altri),
impariamo che Dio non ha paura di avere accanto a sé dei peccatori, fragili
arrivisti, infantili discepoli che, pur avendo visto la gloria e il dolore di
Dio, restano ciò che egli vuole. Strumenti che egli usa per manifestare la sua
gloria e la sua misericordia.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 13,24-30)
In quel tempo, Gesù espose alla folla un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: "Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?". Ed egli rispose loro: "Un nemico ha fatto questo!". E i servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a raccoglierla?". "No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio"». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Gesù continua a parlare del seme che viene seminato nel campo della Chiesa e
del mondo, oggi si sofferma sul «buon seme». Abbiamo compreso che non tutta la
Parola di Dio viene accolta e coltivata nelle nostre anime. I motivi sono
diversi e Gesù li ha spiegati ricorrendo ad una parabola, precisando comunque
che la ragione principale si trova nella non comprensione di quanto Egli
insegna.
«Ogni volta che uno ascolta la Parola del Regno e non la comprende…».
Come è facile intuire, non è sufficiente solo l'ascolto della Parola di Dio
proclamata nella Santa Messa o la lettura del Vangelo o, perfino, lo studio
sapienziale dei teologi e dei sacerdoti. Se pensiamo che i diavoli conoscono
tutta la Sacra Scrittura e ne hanno anche una buona interpretazione, possiamo
immaginare che rimane inutile conoscere la Parola di Dio e non viverla.
Ci sono cristiani di ogni ambito che si innalzano per la loro conoscenza
biblica e tengono anche istruzioni pubbliche ma senza riuscire a dare
l'interpretazione di Dio, secondo l'ispirazione dello Spirito Santo. La ragione
è il loro distacco da Gesù Cristo, anche se apparentemente appaiono come
maestri della fede.
Si realizza quanto disse il Profeta Isaia: «Udirete ma non comprenderete,
guarderete ma non vedrete».
Quindi, è possibile essere grandi studiosi della Bibbia senza possedere la
corretta interpretazione che ne dà Dio, oppure si fa ricorso agli scritti dei
Padri della Chiesa vissuti nei primi secoli cristiani per afferrare spiegazioni
che molto spesso poi non si condividono o si manipolano. Mentre è facile per i
sapienti distaccati da Dio, ripetere e insegnare le nozioni comuni e facili.
«Ogni volta che uno ascolta la Parola del Regno e non la comprende…».
Chiediamoci la ragione della mancata comprensione dei passi biblici, non
solamente quelli di difficile interpretazione. Per conoscere la corretta
interpretazione delle Scritture occorre possedere lo stesso Spirito che ha
ispirato i Profeti e gli Evangelisti.
Più che la scienza che gonfia, come scrive San Paolo (1 Cor 8,2), necessita
l'amore a Gesù, la pratica delle virtù, l'esigenza di una preghiera costante,
intima e profonda. Non serve a nulla conoscere la Bibbia senza osservare gli
insegnamenti contenuti, per questo risulta difficile comprendere anche le
parabole di Gesù a quanti non hanno rinunciato all'orgoglio, alla mentalità
vecchia e materialista.
I Santi sono arrivati in alto nella mistica perché hanno praticato l'ascetica,
hanno condotto una vita pensando più alle cose di Dio che a quelle inutili del
mondo, e la loro ascesi diventava sempre più piacevole nonostante le rinunce e
le penitenze.
Le rinunce e le penitenze le praticano anche molti cristiani, ma molto spesso
quando c'è una grande sofferenza, quando c'è bisogno di Dio.
La vita veloce e l'obbedienza all'amor proprio non permettono di riflettere
sulla vita che scorre, sulle scelte compiute e le conseguenze disastrose. Quasi
tutti quelli che lo fanno è solo per leccarsi le ferite, non per cambiare
direzione e vivere la Parola di Gesù.
«Colui che ascolta la Parola e la comprende, questi dà frutto».
La Parola si può comprendere esclusivamente se si svuota l'anima dei vizi,
delle inclinazioni che portano a peccare gravemente, della ricerca esclusiva
dei piaceri mondani. Nessuno è già perfetto e occorre del tempo per vincere le
cattive abitudini, ma Gesù è paziente ed attende con le braccia spalancate
tutti quelli che lasciano vizi e traviamenti per metterlo al centro della loro
vita.
«Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la
comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per
uno».