I SANTI SETTEMBRE
Noi che amiamo la vita e i fratelli, noi che abbiamo la pace nel cuore,
noi che siamo tristi o felici, con la gente di ogni colore, lodiamo Dio nostro Signore
e cantiamo la gioia e l'amore che nasce in chi crede in Cristo Redentore.
San Giovanni soprannominato Crisostomo, o bocca d'oro, per la sua meravigliosa eloquenza, nacque in Antiochia. In giovanissima età fu privato del padre. Gli rimase la santa genitrice
che ad altro non pensò se non ad adempiere fedelmente tutti gli obblighi
di una madre cristiana verso i suoi figliuoli. Il Crisostomo studiò retorica e filosofia sotto la scorta dei migliori
maestri del suo tempo e fece progressi tali che lo stesso suo insegnante
ne rimase meravigliato, e, interrogato una volta dai suoi amici quale
dei suoi discepoli avrebbe preferito gli succedesse nella cattedra : -
Io nominerei, rispose, a mio successore Giovanni; se i Cristiani non ce
l'avessero già involato. Il vescovo di Antiochia, Melezio, conoscendo le rare qualità del
Crisostomo, lo ordinò lettore. Flaviano, successore di S. Melezio, lo
innalzò al sacerdozio, con l'incarico di predicar la parola di Dio,
ufficio che Giovanni compì con zelo infaticabile e con grandissimo
frutto. Egli spiegava Ie Scritture con molta chiarezza e proprietà; le
sue istruzioni erano sode, le esortazioni vive e penetranti. Riprendeva
con forza, esortava con carità e sapeva adattarsi alla mentalità di
ciascuno. Dodici anni continuò nel suo ufficio, quando venne a morire il vescovo
di Costantinopoli, Nettario. Nell'elezione il pensiero corse subito a
Giovanni, che a voce di popolo fu eletto successore il 26 febbraio
dell'anno 398. Lo zelo per riformare i costumi gli attirò molti nemici. Avendo pubblicamente ripreso dal pulpito alcune colpe dell'imperatrice,
questa se ne volle vendicare. Lo fece quindi arrestare, e radunò il
consiglio per escogitare cosa fare al Crisostomo. Chi proponeva
l'esilio, chi la morte, chi la prigione perpetua, e chi altro.
Finalmente uno che conosceva l'animo del Santo disse:
«Quanto avete
proposto, altro non serve che a rallegrare il Vescovo. Con una cosa sola
voi potete fargli del male, cioè facendogli commettere anche un solo
peccato; ma fare questo non è in vostro potere ». Si decise di esiliarlo in Bitinia. La notte appresso vi fu in
Costantinopoli un terribile terremoto che tutti riguardarono come un
effetto della collera divina. L'imperatrice medesima si spaventò e
scongiurò l'imperatore a richiamare il santo Vescovo. Tornò Giovanni in mezzo al suo popolo plaudente, ma per poco tempo,
perché i suoi nemici non desistettero, e tanto fecero che l'imperatore
fu costretto a esiliarlo nuovamente. Giovanni, per l'avanzata età e per
gli strapazzi del viaggio, a stento poté arrivare alla città destinata;
il giorno dopo il Signore lo chiamò a sè: era il 14 settembre del 407.
Varie e pregevolissime sono le opere scritte da lui, e la Chiesa lo
dichiarò Dottore.
PRATICA Non temete i mali di coloro che vi vogliono spaventare, ma temete il peccato che vi può mandare eternamente all'inferno.
PREGHIERA. La grazia celeste, deh! Signore, amplifichi la tua
Chiesa, la quale hai voluto illustrare con i meriti gloriosi e la
dottrina del tuo beato Giovanni, vescovo e confessore.
Nel Vangelo Matteo stesso racconta la propria chiamata da parte di Gesù. San
Gerolamo osservava che soltanto lui, nel suo Vangelo, indica se stesso
con il proprio nome: Matteo; gli altri evangelisti, raccontando lo
stesso episodio, lo chiamano Levi, il suo secondo nome, probabilmente
meno conosciuto, quasi per velare il suo nome di pubblicano. Matteo
invece insiste in senso contrario: si riconosce come un pubblicano
chiamato da Gesù, uno di quei pubblicani poco onesti e disprezzati come
collaboratori dei Romani occupanti. I pubblicani, i peccatori chiamati
da Gesù fanno scandalo.
Matteo presenta se stesso come un pubblicano perdonato e chiamato, e
così ci fa capire in che cosa consiste la vocazione di Apostolo. E'
prima di tutto riconoscimento della misericordia del Signore.
Negli scritti dei Padri della Chiesa si parla sovente degli Apostoli
come dei "principi"; Matteo non si presenta come un principe, ma come un
peccatore perdonato. Ed è qui ripeto il fondamento dell'apostolato:
aver ricevuto la misericordia del Signore, aver capito la propria
povertà e pochezza, averla accettata come il "luogo" in cui si effonde
l'immensa misericordia di Dio: "Misericordia io voglio; non sono venuto a
chiamare i giusti, ma i peccatori".
Una persona che abbia un profondo sentimento della misericordia divina,
non in astratto, ma per se stessa, è preparata per un autentico
apostolato. Chi non lo possiede, anche se è chiamato, difficilmente può
toccare le anime in profondità, perché non comunica l'amore di Dio,
l'amore misericordioso di Dio. ~ vero Apostolo, come dice san Paolo, è
pieno di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, avendo esperimentato per
se stesso la pazienza, la mansuetudine e l'umiltà divina, se si può dire
così: l'umiltà divina che si china sui peccatori, li chiama, li rialza
pazientemente.
Domandiamo al Signore di avere questo profondo sentimento della nostra
pochezza e della sua grande misericordia; siamo peccatori perdonati.
Anche se non abbiamo mai commesso peccati gravi, dobbiamo dire come
sant'Agostino che Dio ci ha perdonato in anticipo i peccati che per sua
grazia non abbiamo commesso. Agostino lodava la misericordia di Dio che
gli aveva perdonato i peccati che per sua colpa aveva commesso e quelli
che per pura grazia del Signore aveva evitato. Tutti dunque possiamo
ringraziare il Signore per la sua infinita misericordia e riconoscere la
nostra povertà di peccatori perdonati, esultando di gioia per la bontà
divina.
PRATICA.
Riflettiamo sulle parole di San Pio, (ASN, 15): "La vita
non è che una perpetua reazione contro se stessi e non si schiude in
bellezza, che a prezzo del dolore. Tenete sempre compagnia a Gesù nel
Getsemani ed egli saprà confortarvi nelle ore angosciose che verranno".
PREGHIERA.
O Dio, per la tua misericordia e per i meriti di questo
tuo grande santo, concedi anche a noi una fede capace di scorgere nei
poveri e nei sofferenti il volto di Gesù. Insegna anche a noi lumiltà
del cuore, perché in tuo nome, scopriamo la gioia di perdonare i nostri
nemici.
I SANTI SETTEMBRE
26 Settembre Santi Cosma e Damiano Martiri
Il 26 di settembre la Chiesa commemora la memoria liturgica dei fratelli e martiri: Santi Cosma e Damiano
Cosma e Damiano, medici anàrgiri (gratuiti), secondo un'antica tradizione subirono il martirio a Ciro in Siria e il loro culto fu assai diffuso in tutta la Chiesa fin dal sec. IV. Il 26 settembre è la probabile data della dedicazione della basilica che a Roma porta il loro nome, edificata da Felice IV (525-530). Di loro si fa memoria nel Canone romano.
Martirologio Romano: Santi Cosma e Damiano, martiri, che si ritiene abbiano esercitato a Cirro nella provincia di Eufratesia, nell'odierna Turchia, la professione di medici senza chiedere alcun compenso e abbiano sanato molti con le loro gratuite cure.
Sulla vita di Cosma e Damiano le notizie sono scarse. Si sa che erano gemelli e cristiani. Nati in Arabia, si dedicarono alla cura dei malati dopo aver studiato l'arte medica in Siria. Ma erano medici speciali. Spinti da un'ispirazione superiore infatti non si facevano pagare. Di qui il soprannome di anàrgiri (termine greco che significa «senza argento», «senza denaro»). Ma questa attenzione ai malati era anche uno strumento efficacissimo di apostolato. «Missione» che costò la vita ai due fratelli, che vennero martirizzati. Durante il regno dell'imperatore Diocleziano, forse nel 303, il governatore romano li fece decapitare. Successe a Ciro, città vicina ad Antiochia di Siria dove i martiri vengono sepolti. Un'altra narrazione attesta invece che furono uccisi a Egea di Cilicia, in Asia Minore, per ordine del governatore Lisia, e poi traslati a Ciro. Il culto di Cosma e Damiano è attestato con certezza fin dal V secolo.
Pouy, Guascogna, Francia, 1581 - Parigi, Francia, 27 settembre 1660
Nato a Pouy in Guascogna il 24 aprile 1581, fu ordinato sacerdote a 19 anni. Nel 1605 mentre viaggiava da Marsiglia a Narbona fu fatto prigioniero dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi. Venne liberato dal suo stesso «padrone», che convertì. Da questa esperienza nacque in lui il desiderio di recare sollievo materiale e spirituale ai galeotti. Nel 1612 diventò parroco nei pressi di Parigi. Alla sua scuola si formarono sacerdoti, religiosi e laici che furono gli animatori della Chiesa di Francia, e la sua voce si rese interprete dei diritti degli umili presso i potenti. Promosse una forma semplice e popolare di evangelizzazione. Fondò i Preti della Missione (Lazzaristi) e insieme a santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità (1633). Diceva ai sacerdoti di S. Lazzaro: «Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto». Per lui la regina di Francia inventò il Ministero della Carità. E da insolito «ministro» organizzò gli aiuti ai poveri su scala nazionale. Morì a Parigi il 27 settembre 1660 e fu canonizzato nel 1737.
Patronato: Società caritatevoli
Etimologia: Vincenzo = vittorioso, dal latino
Martirologio Romano: Memoria di san Vincenzo de' Paoli, sacerdote, che, pieno di spirito sacerdotale, a Parigi si dedicò alla cura dei poveri, riconoscendo nel volto di ogni sofferente quello del suo Signore e fondò la Congregazione della Missione, nonché, con la collaborazione di santa Luisa de Marillac, la Congregazione delle Figlie della Carità, per provvedere al ripristino dello stile di vita proprio della Chiesa delle origini, per formare santamente il clero e per assistere i poveri.
Nella storia della cristianità, fra le innumerevoli schiere di martiri e santi, spiccano in ogni periodo storico delle figure particolari, che nel proprio campo di apostolato, sono diventate dei colossi, su cui si fonda e si perpetua la struttura evangelica, caritatevole, sociale, mistica, educativa, missionaria, della Chiesa.
E fra questi
suscitatori di Opere, fondatori e fondatrici di Congregazioni religiose,
pastori zelanti di ogni grado, ecc., si annovera la luminosa figura di san
Vincenzo de' Paoli, che fra i suoi connazionali francesi era chiamato "Monsieur
Vincent".Gli anni giovanili
Vincenzo Depaul, in italiano De' Paoli, nacque il 24 aprile del 1581 a Pouy in
Guascogna (oggi Saint-Vincent-de-Paul); benché dotato di acuta intelligenza,
fino ai 15 anni non fece altro che lavorare nei campi e badare ai porci, per
aiutare la modestissima famiglia contadina.
Nel 1595 lasciò Pouy per andare a studiare nel collegio francescano di Dax,
sostenuto finanziariamente da un avvocato della regione, che colpito dal suo
acume, convinse i genitori a lasciarlo studiare; che allora equivaleva avviarsi
alla carriera ecclesiastica.
Dopo un breve tempo in collegio, visto l'ottimo risultato negli studi, il suo
mecenate, giudice e avvocato de Comet senior, lo accolse in casa sua
affidandogli l'educazione dei figli.
Vincenzo ricevette la tonsura e gli Ordini minori il 20 dicembre 1596, poi con
l'aiuto del suo patrono, poté iscriversi all'Università di Tolosa per i corsi
di teologia; il 23 settembre 1600 a soli 19 anni, riuscì a farsi ordinare
sacerdote dall'anziano vescovo di Périgueux (in Francia non erano ancora attive
le disposizioni in materia del Concilio di Trento), poi continuò gli studi di
teologia a Tolosa, laureandosi nell'ottobre 1604.
Sperò inutilmente di ottenere una rendita come parroco, nel frattempo perse il
padre e la famiglia finì ancora di più in ristrettezze economiche; per aiutarla
Vincent aprì una scuola privata senza grande successo, anzi si ritrovò carico
di debiti.
Fu di questo periodo la strabiliante e controversa avventura che gli capitò;
verso la fine di luglio 1605, mentre viaggiava per mare da Marsiglia a Narbona,
la nave fu attaccata da pirati turchi ed i passeggeri, compreso Vincenzo de'
Paoli, furono fatti prigionieri e venduti a Tunisi come schiavi.
Vincenzo fu venduto successivamente a tre diversi padroni, dei quali l'ultimo,
era un frate rinnegato che per amore del denaro si era fatto musulmano.
La schiavitù durò due anni, finché riacquistò la libertà fuggendo su una barca
insieme al suo ultimo padrone da lui convertito; attraversando avventurosamente
il Mediterraneo, giunsero il 28 giugno 1607 ad Aigues-Mortes in Provenza.
Ad Avignone il rinnegato si riconciliò con la Chiesa, nelle mani del
vicedelegato pontificio Pietro Montorio, il quale ritornando a Roma, condusse
con sé i due uomini.
Vincenzo rimase a Roma per un intero anno, poi ritornò a Parigi a cercare una
sistemazione; certamente negli anni giovanili Vincenzo de' Paoli non fu uno
stinco di santo, tanto che alcuni studiosi affermano, che i due anni di
schiavitù da lui narrati, in realtà servirono a nascondere una sua fuga dai
debitori, per la sua fallimentare conduzione della scuola e pensionato privati.
Riuscì a farsi assumere tra i cappellani di corte, ma con uno stipendio di
fame, che a stento gli permetteva di sopravvivere, senza poter aiutare la sua
mamma rimasta vedova.Parroco e precettore
Finalmente nel 1612 fu nominato parroco di Clichy, alla periferia di Parigi; in
questo periodo della sua vita, avvenne l'incontro decisivo con Pierre de
Bérulle, che accogliendolo nel suo Oratorio, lo formò a una profonda
spiritualità; nel contempo, colpito dalla vita di preghiera di alcuni
parrocchiani, padre Vincenzo ormai di 31 anni, lasciò da parte le
preoccupazioni materiali e di carriera e prese ad insegnare il catechismo,
visitare gli infermi ed aiutare i poveri.
Lo stesso de Brulle, gli consigliò di accettare l'incarico di precettore del
primogenito di Filippo Emanuele Gondi, governatore generale delle galere.
Nei quattro anni di permanenza nel castello dei signori Gondi, Vincenzo poté
constatare le condizioni di vita che caratterizzavano le due componenti della
società francese dell'epoca, i ricchi ed i poveri.
I ricchi a cui non mancava niente, erano altresì speranzosi di godere
nell'altra vita dei beni celesti, ed i poveri che dopo una vita stentata e
disgraziata, credevano di trovare la porta del cielo chiusa, a causa della loro
ignoranza e dei vizi in cui la miseria li condannava.
Anche la signora Gondi condivideva le preoccupazioni del suo cappellano,
pertanto mise a disposizione una somma di denaro, per quei religiosi che
avessero voluto predicare una missione ogni cinque anni, alla massa di contadini
delle sue terre; ma nessuna Congregazione si presentò e il cappellano de'
Paoli, intimorito da un compito così grande per un solo prete, abbandonò il
castello senza avvisare nessuno.Gli inizi delle sue fondazioni - Le "Serve dei poveri"
Le fondazioni di Vincenzo de' Paoli, non scaturirono mai da piani prestabiliti
o da considerazioni, ma bensì da necessità contingenti, in un clima di perfetta
aderenza alla realtà.
Lasciato momentaneamente il castello della famiglia Gondi, Vincenzo fu invitato
dagli oratoriani di de Bérulle, ad esercitare il suo ministero in una
parrocchia di campagna a Chatillon-le-Dombez; il contatto con la realtà povera
dei contadini, che specie se ammalati erano lasciati nell'abbandono e nella
miseria, scosse il nuovo parroco.
Dopo appena un mese dal suo arrivo, fu informato che un'intera famiglia del
vicinato, era ammalata e senza un minimo di assistenza, allora lui fece un
appello ai parrocchiani che si attivassero per aiutarli, appello che fu accolto
subito e ampiamente.
Allora don Vincenzo fece questa considerazione: "Oggi questi poveretti avranno
più del necessario, tra qualche giorno essi saranno di nuovo nel bisogno!". Da
ciò scaturì l'idea di una confraternita di pie persone, impegnate a turno ad
assistere tutti gli ammalati bisognosi della parrocchia; così il 20 agosto 1617
nasceva la prima 'Carità', le cui associate presero il nome di "Serve dei
poveri"; in tre mesi l'Istituzione ebbe un suo regolamento approvato dal
vescovo di Lione.
La Carità organizzata, si basava sul concetto che tutto deve partire da
quell'amore, che in ogni povero fa vedere la viva presenza di Gesù e
dall'organizzazione, perché i cristiani sono tali solo se si muovono coscienti
di essere un sol corpo, come già avvenne nella prima comunità di Gerusalemme.
La signora Gondi riuscì a convincerlo a tornare nelle sue terre e così dopo la
parentesi di sei mesi come parroco a Chatillon-les-Dombes, Vincenzo tornò, non
più come precettore, ma come cappellano della massa di contadini, circa 8.000,
delle numerose terre dei Gondi.
Prese così a predicare le Missioni nelle zone rurali, fondando le 'Carità' nei
numerosi villaggi; s. Vincenzo avrebbe voluto che anche gli uomini,
collaborassero insieme alle donne nelle 'Carità', ma la cosa non funzionò per
la mentalità dell'epoca, quindi in seguito si occupò solo di 'Carità'
femminili.
Quelle maschili verranno riprese un paio di secoli dopo, nel 1833, da Emanuele
Bailly a Parigi, con un gruppo di sette giovani universitari, tra cui la vera
anima fu il beato Federico Ozanam (1813-1853); esse presero il nome di
"Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli".
Intanto nel 1623 Vincenzo de' Paoli, si laureò in diritto canonico a Parigi e
restò con i Gondi fino al 1625.Le "Dame della Carità"
Vincenzo de' Paoli, vivendo a Parigi si rese conto che la povertà era presente,
in forma ancora più dolorosa, anche nelle città e quindi fondò anche a Parigi
le 'Carità'; qui nel 1629 le "Suore dei poveri" presero il nome di "Dame della
Carità".
Nell'associazione confluirono anche le nobildonne, che poterono dare un valore
aggiunto alla loro vita spesso piena di vanità; ciò permise alla nobiltà
parigina di contribuire economicamente alle iniziative fondate da "monsieur
Vincent".
L'istituzione cittadina più importante fu quella detta dell'"Hotel Dieu" (Ospedale),
che s. Vincenzo organizzò nel 1634, essa fu il più concreto aiuto al santo
nelle molteplici attività caritative, che man mano lo vedevano impegnato;
trovatelli, galeotti, schiavi, popolazioni affamate per la guerra e nelle
Missioni rurali.
Fra le centinaia di associate a questa meravigliosa 'Carità', vi furono la
futura regina di Polonia Luisa Maria Gonzaga e la duchessa d'Auguillon, nipote
del Primo Ministro, cardinale Richelieu.
Le prime 'Carità' vincenziane sorsero in Italia a Roma (1652), Genova (1654),
Torino (1656).I "Preti della Missione" o "Lazzaristi"
Anche in questa fondazione ci fu l'intervento munifico dei signori Gondi; la
sua origine si fa risalire alla fortunata predicazione che il fondatore tenne a
Folleville il 25 gennaio 1617; le sue parole furono tanto efficaci che non
bastarono i confessori.
Il bene ottenuto in quel villaggio, indusse la signora Gondi ad offrire una
somma di denaro a quella comunità che si fosse impegnata a predicare
periodicamente ai contadini; come già detto non si presentò nessuno, per cui
dopo il suo ritorno a Parigi, Vincenzo de' Paoli prese su di sé l'impegno,
aggregandosi con alcuni zelanti sacerdoti e cominciò dal 1618 a predicare nei
villaggi.
Il risultato fu ottimo, ed altri sacerdoti si unirono a lui, i signori Gondi
aumentarono il finanziamento e anche l'arcivescovo di Parigi diede il suo
appoggio, assegnando a Vincenzo ed ai suoi missionari rurali, una casa
nell'antico Collegio dei Bons-Enfants in via S. Vittore; il contratto fra
Vincenzo de' Paoli ed i signori Gondi porta la data del 17 aprile 1625.
La nuova comunità, si legge nel contratto, doveva fare vita comune, rinunziare
alle cariche ecclesiastiche, e predicare nei villaggi di campagna; inoltre
occuparsi dell'assistenza spirituale dei forzati e insegnare il catechismo
nelle parrocchie nei mesi estivi.
La "Congregazione della Missione" come si chiamò, fu approvata il 24 aprile
1626 dall'arcivescovo di Parigi, dal re di Francia nel maggio 1627 e da papa
Urbano VIII il 12 gennaio 1632.
Intanto i missionari si erano spostati nel priorato di San Lazzaro, da cui
prenderanno anche il nome di "Lazzaristi".
In seguito Vincenzo accettò che i suoi Preti della Missione o Lazzaristi,
riuniti in una Congregazione senza voti, si dedicassero alla formazione dei sacerdoti,
con Esercizi Spirituali, dirigendo Seminari e impegnandosi nelle Missioni
all'estero come in Madagascar, nell'assistenza agli schiavi d'Africa.
Quando morì nel 1660, la sola Casa di San Lazzaro, aveva già dato 840 missioni
e un migliaio di persone si erano avvicendate in essa, per turni di Esercizi
Spirituali.Le "Figlie della Carità"
La feconda predicazione nei villaggi, suscitò la vocazione all'apostolato
attivo, prima nelle numerose ragazze delle campagne poi in quelle della città;
desiderose di lavorare nelle 'Carità' a servizio dei bisognosi, ma anche
consacrandosi totalmente.
Vincenzo de' Paoli intuì la grande opportunità di estendere la sua opera
assistenziale, lì dove le "Dame della Carità" per la loro posizione sociale,
non potevano arrivare personalmente.
Affidò il primo gruppo per la loro formazione, ad una donna eccezionale s.
Luisa de Marillac (1591-1660) vedova Le Gras, era il 29 novembre 1633; Luisa de
Marillac le accolse in casa sua e nel luglio dell'anno successivo le postulanti
erano già dodici.
La nuova Congregazione prese il nome di "Figlie della Carità"; i voti erano
permessi ma solo privati ed annuali, perché tutte svolgessero la loro missione
nella più piena libertà e per puro amore; l'approvazione fu data nel 1646
dall'arcivescovo di Parigi e nel 1668 dalla Santa Sede.
Nel 1660, anno della morte del fondatore e della stessa cofondatrice, le
"Figlie della Carità" avevano già una cinquantina di Case.
Con il loro caratteristico copricapo, che le faceva assomigliare a degli angeli,
e a cui le suore hanno dovuto rinunciare nel 1964 per un velo più pratico, esse
allargarono la loro benefica attività d'assistenza ai malati negli ospedali, ai
trovatelli, agli orfani, ai forzati, ai vecchi, ai feriti di guerra, agli
invalidi e ad ogni sorta di miseria umana.
Ancora oggi le Figlie della Carità, costituiscono la Famiglia religiosa
femminile più numerosa della Chiesa.La formazione del clero
Attraverso l'Opera degli Esercizi Spirituali, i Preti della Missione divennero
di fatto, i più prestigiosi e qualificati formatori dei futuri sacerdoti, al
punto che l'arcivescovo di Parigi dispose che i nuovi ordinandi, trascorressero
quindici giorni di preparazione nelle Case dei Lazzaristi, in particolare nel
Collegio dei Bons-Enfants di cui Vincenzo de' Paoli era superiore.
Più tardi, nel priorato di San Lazzaro, l'Opera degli Esercizi Spirituali si
estese a tutti gli ecclesiastici che avessero voluto fare un ritiro annuale e
anche a folti gruppi di laici.
Da ciò scaturì nei sacerdoti il desiderio di riunirsi settimanalmente, per
esortarsi a vicenda nel cammino di una santa vita sacerdotale; così a partire
dal 1633, un folto gruppo di ecclesiastici, con la guida di Vincenzo de' Paoli,
prese a riunirsi il martedì, dando vita appunto alle "Conferenze del martedì".
Tale meritoria opera di formazione non sfuggì al potente cardinale Richelieu,
il quale volle essere informato sulla loro attività e chiese pure al fondatore,
una lista di nomi degni di essere elevati all'episcopato.
Lo stesso re Luigi XIII, chiese a 'monsieur Vincent', una seconda lista di
degni ecclesiastici adatti a reggere diocesi francesi; il sovrano poi lo volle
accanto al suo letto di morte, per ricevere gli ultimi conforti spirituali.
Anche la direzione dei costituendi Seminari delle diocesi francesi, voluti dal
Concilio di Trento, vide sempre nel 1660, ben dodici rettori appartenenti ai
Preti della MissioneAlla corte di Francia
Nel 1643, Vincenzo de' Paoli fu chiamato a far parte del Consiglio della
Coscienza o Congregazione degli Affari Ecclesiastici, dalla reggente Anna
d'Austria; presieduto dal card. Giulio Mazzarino, il compito del Consiglio era
la scelta dei vescovi ed il rilascio di benefici ecclesiastici.
Il potente Primo Ministro faceva scelte di opportunità politica, soprassedendo
sulle qualità morali e religiose; era inevitabile lo scontro fra i due,
Vincenzo gli si oppose apertamente, anche criticandolo nelle sue scelte di
politica interna, specie nei giorni oscuri della Fronda, quando Mazzarino tentò
di mettere alla fame Parigi in rivolta, Vincenzo allora organizzò una mensa
popolare a San Lazzaro, dando da mangiare a 2000 affamati al giorno.
Nel 1649 giunse a chiedere alla regina, l'allontanamento del Mazzarino per il
bene della Francia; la richiesta non poté aver seguito e quindi Vincenzo de'
Paoli cadde in disgrazia e fu definitivamente allontanato dal Consiglio di
Coscienza nel 1652.
La reggente Anna d'Austria gli concesse l'incarico di Ministro della Carità,
per organizzare su scala nazionale gli aiuti ai poveri; si disse che dalle sue
mani passasse più denaro che in quelle del ministro delle Finanze.Altri aspetti della sua opera
Vincenzo de' Paoli divenne il maggiore oppositore alle idee gianseniste
propugnate in Francia dal suo amico Giovanni du Vergier, detto San Cirano (†
1642) e poi da Antonio Arnauld; dopo la condanna del giansenismo da parte dei
papi Innocenzo X nel 1653 e Alessandro VIII nel 1656, Vincenzo si adoperò,
affinché la decisione pontificia fosse accettata con sottomissione da tutti gli
aderenti alle idee del vescovo olandese Giansenio (1585-1638).
Il movimento eterodosso del giansenismo affermava, che per la salvezza
dell'uomo, a causa della profonda corruzione scaturita dal peccato originale,
occorreva l'assoluta necessità della Grazia, la quale sarebbe stata concessa
solo ad alcuni, per imperscrutabile disegno di Dio.
Fu riformatore della predicazione, fino allora barocca, introducendo una
semplice tecnica oratoria: della virtù scelta per argomento, ricercare la
natura, i motivi di praticarla, ed i mezzi più opportuni
Per lui apostolo della carità fra i prigionieri ed i forzati, re Luigi XIII, su
suggerimento di Filippo Emanuele Gondi, istituì la carica di Cappellano capo
delle galere (8 febbraio 1619), questo gli facilitò il compito e l'accesso nei
luoghi di pena e di partenza dei galeotti rematori; dal 1640 il compito passò
anche ai suoi Missionari e alle Dame e Figlie della Carità.
Inoltre si calcola che tra il 1645 e il 1661, Vincenzo de' Paoli e i suoi
Missionari, liberarono non meno di 1200 schiavi cristiani in mano ai Turchi
musulmani.
Monsieur Vincent fu fin dai primi anni, membro attivo della potente "Compagnia
del SS. Sacramento", sorta a Parigi nel 1630, composta da ecclesiastici e laici
insigni e dedita ad "ogni forma di bene".
Vincenzo de' Paoli fu spesso ispiratore della benefica attività della Compagnia
e da essa ricevé aiuto e collaborazione, per le sue tante opere assistenziali.Il pensiero spirituale
Nei dodici capitoli delle "Regulae", Vincenzo ha condensato lo spirito che deve
distinguere i suoi figli come religiosi: la spiritualità contemplativa del
pensiero del card. de Bérulle, sotto la cui direzione egli rimase per oltre un
decennio; l'umanesimo devoto di s. Francesco di Sales, suo grande amico, del
quale lesse più volte le opere spirituali e l'ascetismo di s. Ignazio di
Loyola, del quale assimilò il temperamento pratico; elaborando da queste tre
fonti una nuova dottrina spirituale.
Le virtù caratteristiche dello spirito vincenziano, secondo la Regola dei
Missionari, sono le "cinque pietre di Davide", cioè la semplicità, l'umiltà, la
mansuetudine, la mortificazione e lo zelo per la salvezza delle anime.La morte, patronati
Il grande apostolo della Carità, si spense a Parigi la mattina del 27 settembre
1660 a 79 anni; ai suoi funerali partecipò una folla immensa di tutti i ceti
sociali; fu proclamato Beato da papa Benedetto XIII il 13 agosto 1729 e
canonizzato da Clemente XII il 16 giugno 1737.
I suoi resti mortali, rivestiti dai paramenti sacerdotali, sono venerati nella
Cappella della Casa Madre dei Vincenziani a Parigi.
È patrono del Madagascar, dei bambini abbandonati, degli orfani, degli
infermieri, degli schiavi, dei forzati, dei prigionieri. Leone XIII il 12
maggio 1885 lo proclamò patrono delle Associazioni cattoliche di carità.
In San Pietro in Vaticano, una gigantesca statua, opera dello scultore Pietro
Bracci, è collocata nella basilica dal 1754, rappresentante il "padre dei
poveri".
La sua celebrazione liturgica è il 27 settembre.
Autore: Antonio Borrelli
Fece studi enciclopedici ma, portato all'ascetismo, si ritirò nel deserto presso Antiochia, vivendo in penitenza. Divenuto sacerdote a patto di conservare la propria indipendenza come monaco, iniziò un'intensa attività letteraria. A Roma collaborò con papa Damaso, e, alla sua morte, tornò a Gerusalemme dove partecipò a numerose controversie per la fede, fondando poco lontano dalla Chiesa della Natività, il monastero in cui morì. Di carattere focoso, soprattutto nei suoi scritti, non fu un mistico e provocò consensi o polemiche, fustigando vizi e ipocrisie. Scrittore infaticabile, grande erudito e ottimo traduttore, a lui si deve la Volgata in latino della Bibbia, a cui aggiunse dei commenti, ancora oggi importanti come quelli sui libri dei Profeti.
Patronato: Archeologi, Bibliotecari, Studiosi, Traduttori
Etimologia: Girolamo = di nome sacro, dal greco
Emblema: Cappello da cardinale, Leone
Martirologio Romano: Memoria di san Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa: nato in Dalmazia, nell'odierna Croazia, uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e, recatosi in Oriente, fu ordinato sacerdote. Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, si ritirò a vita monastica. Fu dottore insigne nel tradurre e spiegare le Sacre Scritture e fu partecipe in modo mirabile delle varie necessità della Chiesa. Giunto infine a un'età avanzata, riposò in pace.
I SANTI SETTEMBRE
5 Settembre Santa
Teresa di Calcutta (Agnes Gonxha Bojaxiu) Fondatrice.
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Madre Teresa resterà come l'incarnazione più convincente, nella nostra epoca, del genio della carità evangelica; tutti l'hanno capita, i cristiani delle varie confessioni, i laici di ogni paese, gli indù come i musulmani. Quando, a metà degli anni Settanta, apriva a San Gregorio al Celio la prima casa romana delle sue suore, scelse per loro il pollaio dei monaci camaldolesi, una costruzione bassa, in mattoni bucati e lamiere, con il pavimento in cemento. «Le mie sorelle sono povere e abituate a tutto, vengono dall'India. Il pollaio sarà più che sufficiente», tagliava corto con chi trovava la cosa un po' scomoda. Povere. Come era povera lei, che aveva scelto di condividere in tutto e per tutto la condizione dei più poveri, dei diseredati, di chi dalla vita non aveva avuto altro che miseria, smacchi e sofferenza.Pier Paolo Pasolini, dopo averla incontrata a Calcutta nel 1961, scrisse: «Dove guarda, vede». All'origine della sua genialità nell'amore c'era il vedere, prima di altri, il fratello che era nel bisogno e di soccorrerlo subito, senza giudicare, senza lasciarsi bloccare dalle frontiere. O anche dalla mancanza di mezzi.È stata a volte criticata perché nei suoi ospizi non c'erano abbastanza medici e medicine. Ma nelle situazioni disperate nelle quali si è avventurata, non avrebbe concluso granché se avesse dovuto aspettare di avere l'attrezzatura giusta per soccorrere qualcuno.Madre Teresa, al secolo Agnes Gonxha Bojaxhiu, era nata il 26 agosto 1910 a Skopje, in Albania. Quando il papà, Nikola, morì improvvisamente, la famiglia visse momenti di grandi difficoltà economiche. Fu brava la mamma, Drane, ad allevare Agnes e i suoi quattro fratelli con fermezza e amore, orientando la loro formazione religiosa. Agnes trovò sostegno anche nella vivacità della parrocchia del Sacro Cuore, gestita dai gesuiti, nella quale era attivamente impegnata.A diciott'anni, desiderosa di fare la missionaria, lasciava la casa e il paese, diretta in Irlanda, dove veniva accolta, con il nome di suor Mary Teresa, nell'istituto delle «Suore di Loreto». Qualche mese dopo venne mandata in India, a Calcutta, dove completò la sua formazione alla vita religiosa, facendo prima i voti temporanei, seguiti da quelli perpetui, e inserendosi nelle attività dell'istituto fino a diventare, nel 1944, direttrice di una scuola per ragazze, il St. Mary.I primi vent'anni della sua vita religiosa li trascorse così, senza scossoni, insegnando alle ragazze, maturando anche una sua spiritualità forte, che aveva nella preghiera e nell'amore per le consorelle e per le allieve i suoi punti di forza. Ma aveva anche l'occhio attento a ciò che succedeva intorno. E non era granché bello, anzi inquietava non poco.Intanto il Signore, con illuminazioni interiori, la andava preparando a quella che sarà la sua straordinaria avventura. Al centro delle rivelazioni proprio quello che inquietava madre Teresa: l'indifferenza assoluta della gente verso i poveri, che in gran numero languivano nelle baraccopoli e lungo le vie della città.Durante un viaggio in treno, nel 1946, le parve di sentire più chiara la voce di Gesù che la invitava ad abbandonare tutto per porsi al servizio di quei poveri. Madre Teresa accolse l'invito e segnò quell'episodio che avrebbe cambiato la sua vita, come «il giorno della decisione».Le ci volle del tempo per ottenere il permesso di lasciare le Suore di Loreto, ma alla fine, era il 1948, fu libera di seguire la propria vocazione e di entrare nel mondo dei poveri. Indossò il sari, la tunica bianca delle donne indiane, con in più le strisce blu che orlavano il velo, e la croce appuntata sulla spalla. Con il nuovo abito, che segnava anche il cambiamento della sua vita, si recò a Patna dalle Suore mediche missionarie per seguire un breve corso di infermeria. Rientrata a Calcutta, si sistemò provvisoriamente presso le Piccole sorelle dei poveri.Il 21 dicembre 1948 andò per la prima volta nei sobborghi: visitò famiglie, lavò le ferite di bambini, si prese cura di un anziano malato che giaceva sulla strada. Si imbatté anche in una donna agonizzante, distesa su un marciapiede: era così debole che topi e formiche le stavano rosicchiando il corpo. Da giorni era lì, in attesa della morte, ma nessuno l'aveva soccorsa. Madre Teresa la raccolse e la portò al vicino ospedale, dove le dissero che era troppo malata e troppo povera per essere curata.Calcutta era piena di gente che finiva così. Teresa capì che non poteva più restare a guardare, doveva fare qualcosa. Chiese, e le fu concesso, di occupare parte di un ex tempio indù diventato covo di mendicanti e criminali di ogni risma. Madre Teresa lo trasformerà nella prima «Casa dei moribondi».Le baraccopoli con i loro poveri ai quali dare speranza, con i bambini abbandonati da curare e amare, con i moribondi da accompagnare nel passo estremo... divennero la terra di missione, sua e di altre donne che via via decideranno di condividere la sua vita e il suo impegno. Insieme diedero vita alla Congregazione delle Missionarie della Carità, che il 7 ottobre 1950 veniva riconosciuta ufficialmente nell'arcidiocesi di Calcutta, e nel febbraio del 1965 diventava di diritto pontificio.Agli inizi del 1960 cominciò l'emigrazione delle Missionarie della Carità in altre regioni dell'India. Successivamente, incoraggiate in particolare da Paolo VI, aprivano una casa in Venezuela. Ad essa seguirono numerose altre fondazioni in ogni parte del mondo, ovunque ci fossero poveri abbandonati cui portare l'aiuto e il conforto della fraterna solidarietà e la certezza che Dio li amava. Negli anni Ottanta, dopo la caduta delle varie cortine, madre Teresa aprì case di missione anche nei paesi comunisti, inclusa l'ex Unione Sovietica, l'Albania e Cuba. È stata la prima a inserire delle suore negli ospedali sovietici, dopo l'esplosione di Cernobyl, e la prima a mettere piede in Albania, quando il paese era ancora sotto il regime comunista. Persino in Vaticano, nella casa del papa, aprì una mensa per i poveri.Madre Teresa affiancò alla prima congregazione altre istituzioni, come i Fratelli Missionari della Carità, le Sorelle e i Fratelli contemplativi, i Padri Missionari della Carità e gruppi di collaboratori laici. Tutto per rispondere meglio alle esigenze dei poveri.Tanto impegno e proliferare di iniziative non potevano passare inosservati. Le immagini di questa donna minuta e con il tempo sempre più curva, avvolta nel bianco sani, china a confortare un moribondo o a curare piaghe infette, ad accarezzare bambini lacerati dall'abbandono e dall'indifferenza... fecero il giro del mondo, sollevando l'ammirazione di tanta gente, che cominciò a interessarsi delle sue opere e della sua vita, ad ascoltare i suoi messaggi, resi con parole semplici che esaltavano la vita, che invitavano al suo rispetto in ogni momento, dal concepimento alla morte. Parole semplici e a volte anche forti che scuotevano e dividevano.L'ammirazione si tradusse anche in riconoscimenti importanti come il Premio indiano Padmashri, assegnatole nel 1962, e il Premio Nobel per la Pace, conferitole nel 1979. Ricevette riconoscimenti e attenzioni «per la gloria di Dio e in nome dei poveri».Negli ultimi anni, nonostante seri problemi di salute, continuò a guidare la sua congregazione e a rispondere alle necessità dei poveri e della chiesa. Morì a Calcutta il 5 settembre 1997. Il mondo intero, che aveva seguito il suo lento spegnersi, la pianse, mentre il governo indiano le rendeva onore con i funerali di Stato. Sepolta nella Casa Madre delle Missionarie della Carità, la sua tomba fu ben presto luogo di pellegrinaggi e di preghiera. «L'intera vita e l'opera di madre Teresa ha detto Giovanni Paolo II nel proclamarla beata offrirono testimonianza della gioia di amare, della grandezza e della dignità di ogni essere umano, del valore delle piccole cose fatte fedelmente e con amore, e dell'incomparabile valore dell'amicizia con Dio». Questa è madre Teresa: il genio femminile sposato alla carità evangelica, che guida la chiesa verso i poveri.Il 20 dicembre 2002 il papa Giovanni Paolo II approvò i decreti sulle sue virtù eroiche e sui suoi miracoli, è stata beatificata il 19 ottobre 2003.